Dove: viottolo lungo il lago di Como, nei dintorni di Lecco; la casa di don Abbondio, nel paese dei "promessi sposi".
Quando: la sera del 7 novembre 1628.
Chi: don Abbondio, parroco di un paese presso Lecco; due bravi, sgherri di don Rodrigo; Perpetua, la domestica di don Abbondio.
Sintesi
La descrizione dei luoghi
Il romanzo si apre con la minuziosa descrizione paesaggistica dei luoghi in cui si ambienterà molta parte della vicenda: si tratta dei dintorni di Lecco, "dove inizia quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno"...
L'entrata in scena di don Abbondio e il suo incontro con i bravi
Per uno dei viottoli che costeggiano il lago, la sera del 7 novembre 1628, don Abbondio sta rincasando: giunto al punto in cui la strada si biforca, egli vede due individui che sembrano aspettare proprio lui. Il loro abbigliamento e atteggiamento lì rende facilmente identificabili come bravi.
La digressione di carattere storico
Attraverso la citazione di numerose gride emanate dai governatori della Lombardia negli ultimi cinquant'anni, il narratore ottiene l'effetto di rendere evidente al lettore che la piaga della braveria si era rivelata impossibile a estirparsi: i bravi, uomini violenti al servizio dei signorotti spagnoli che assicuravano loro protezione e impunità, continuavano ad agire indisturbati.
Il colloquio tra i bravi e don Abbondio
I bravi stanno aspettando proprio don Abbondio per ordinargli di non celebrare il matrimonio fra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, previsto per il giorno successivo, Tutti i tentativi di ribattere alla richiesta dei bravi, peraltro opposti dal curato senza particolare convinzione, risultano vani: il nome di don Rodrigo, pronunciato dai bravi a mo' di commiato, suona al curato come una minaccia contro la quale non esiste altra scelta se non la resa.
La digressione che illustra la personalità di don Abbondio
Per spiegare al lettore come le minacce ricevute da don Abbondio non rappresentino una situazione inverosimile, il narratore illustra quali fossero i rapporti sociali nel Seicento: un secolo violento, dove l'illegalità era diffusa e l'unica difesa per l'individuo comune poteva sembrare l'entrare a far parte di un gruppo che lo tutelasse. Per questo motivo, e seguendo i consigli dei familiari, don Abbondio si era fatto prete. Ma si era in seguito accorto che l'appartenenza al clero non era sufficiente a garantirgli sicurezza; si era perciò creato un suo "sistema di vita", che si fondava sulla neutralità disarmata; se poi fosse stato necessario schierarsi, allora egli sarebbe stato dalla parte del più forte.
Il ritorno a casa di don Abbondio e il suo colloquio con Perpetua
Sconvolto dalla paura e agitato dall'incertezza (come farà a persuadere i "promessi sposi" che il loro matrimonio non può essere celebrato?), don Abbondio raggiunge la sua casa. Perpetua, la domestica, capisce subito che al padrone è accaduto qualcosa di grave. Don Abbondio resiste per quanto può alle domande incalzanti della donna, ma alla fine il suo stesso desiderio di confidarsi ha il sopravvento. Perpetua gli dà consigli sensati, che don Abbondio rifiuta. Infine, già pentito di aver parlato e raccomandando alla domestica il segreto, si ritira in camera sua.
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