Incontro tra l'Innominato e il cardinal Federigo |
Dove: paese visitato dal cardinale, lungo la strada, verso il castello dell'innominato, il cortile del castello
Quando: dicembre 1628, la mattina successiva all'arrivo di Lucia nel castello dell'innominato.
Chi: il cappellano crocifero, il cardinal Federigo, l'innominato, don Abbondio, il parroco e una donna del paese.
Sintesi
Il cardinal Federigo accoglie la richiesta di colloquio dell'innominato
Non appena il cappellano crocifero riferisce al cardinale la richiesta di colloquio dell'innominato, Federigo dà un immediato assenso, ignorando gli inviti alla prudenza che il cappellano gli rivolge.
Questi, dunque, conduce l'innominato da Federigo.
Il colloquio fra il cardinale e l'innominato
Il cardinale si fa incontro all'innominato a braccia aperte e, scorgendone il turbamento, gli rivolge parole che lo aiutano a sciogliere il suo tormento e a confessare di avere «l'inferno nel cuore». Al nome di Dio pronunciato da Federigo, seguono le domande affannate dell'innominato: «Dov'è questo Dio?... cosa volete che faccia di me?», a cui il cardinale risponde che Dio ha voluto manifestare la sua potenza e bontà toccandogli il cuore e avviandolo alla conversione. La piena dei sentimenti dell'innominato si scioglie nel pianto e nell'abbraccio che lo unisce al cardinale. Alle parole di Federigo che lo incoraggiano a intraprendere una vita nuova, nella quale avrà tanti torti da riparare, l'innominato racconta il rapimento di Lucia, suscitando il pronto interessamento del cardinale che chiama il cappellano crocifero.
I preparativi per la liberazione di Lucia
Strabiliato per il mutamento che vede dipinto sul volto dell'innominato, il cappellano crocifero esegue l'ordine impartitogli dal cardinale: cercare il curato della parrocchia e don Abbondio. Questi, chiamato in causa quando meno se l'aspetta, prima si meraviglia, poi prova fastidio nell'udire a quale missione il cardinale lo abbia destinato: andare al castello dell'innominato per essere vicino a Lucia che avrà bisogno di vedere una faccia nota. Nel tentativo di sottrarsi al pericoloso incarico, don Abbondio si offre di andare invece al paese per avvertire Agnese, ma il cardinale insiste. Comprendendo l'apprensione del curato, ma ben lungi dall'immaginare l'entità della sua paura, Federigo lo rassicura; intuendo che don Abbondio prova un qualche risentimento per le dimostrazioni di affetto che il cardinale tributa all'innominato, cita la parabola del figliol prodigo, dove si parla della gioia per il pentimento di chi si era allontanato dalla casa del padre.
Don Abbondio e l'innominato: dal paese al castello
Rimasto solo con l'innominato, don Abbondio si domanda come comportarsi con lui; ancora non del tutto persuaso della sua conversione, recrimina mentalmente contro Perpetua che lo ha costretto a partecipare a quel raduno di sacerdoti, strappandolo alla tranquillità della sua canonica. Un nuovo motivo di paura è poi la necessità di servirsi di una cavalcatura per spostarsi al castello dell'innominato, ma infine il curato inizia il viaggio in groppa di una mula. Lungo il percorso, continua tuttavia a recriminare contro la sua sorte e, nel suo soliloquio, se la prende con «santi» e «birboni», accomunati dalla caratteristica di aver «l'argento vivo addosso»: don Rodrigo infatti, anziché godersi gli agi della sua condizione, si intestardisce a conquistare Lucia; l'innominato, dopo aver turbato il mondo con le sue nefandezze, ora lo mette a scompiglio con la sua conversione; infine il cardinale, a suo parere troppo precipitoso nel prestar fede all'innominato e troppo amichevole nei suoi confronti. La colpa di tutti costoro è, naturalmente, aver messo in mezzo don Abbondio, turbando il suo quieto vivere. Un rapido pensiero di compassione è rivolto anche a Lucia, subito però corretto dalla preoccupazione di se che mai lo abbandona. Mentre don Abbondio formula queste considerazioni, l'innominato se ne sta silenzioso, assorbito dal pensiero dei compiti che lo attendono e impaziente di arrivare al castello per liberare Lucia. Finalmente giungono, insieme con la lettiga nella quale sta una donna del paese, scelta dal parroco per confortare la giovane. Don Abbondio ritrova un po' di coraggio, perché le parole dell'innominato lo rassicurano sulla sua conversione, e può toccare terra sdrucciolando giù dalla mula.
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