Dove: la casa di Lucia, il convento, il palazzotto di don Rodrigo.
Quando: la mattina e il pomeriggio del 9 novembre 1628.
Chi: fra Cristoforo, Lucia, Agnese, Renzo, un servitore di don Rodrigo, don Rodrigo, il conte Attilio, il podestà, il dottor Azzeccagarbugli.
Sintesi
Il colloquio di fra Cristoforo con Lucia, Agnese e Renzo
Giunto alla casa delle donne, fra Cristoforo viene messo al corrente delle tristi novità da Agnese (Lucia è sopraffatta dal pianto). Dopo un moto di sdegno, invita le donne ad aver fede nella Provvidenza. Considera quindi le varie possibili forme di intervento, decidendo infine di affrontare direttamente don Rodrigo. Sopraggiunge intanto Renzo, ancora sconvolto per il torto subito e per la delusione del colloquio con Azzeccagarbugli: l'amarezza lo induce a parole che sottintendono una volontà di vendetta rapida. Rimproverato per ciò da fra Cristoforo, Renzo riacquista il controllo di sé. È ormai quasi mezzogiorno: il frate rientra al convento, per salire subito dopo pranzo al palazzotto di don Rodrigo.
Fra Cristoforo sale al palazzotto di don Rodrigo
Il palazzotto di don Rodrigo, isolato su un colle, è preceduto da un gruppo di case in cui abitano i contadini che lavorano le sue terre: gli oggetti che si intravedono negli interni, cosi come l'aspetto degli uomini e perfino delle donne che vi risiedono, lasciano intuire che quei contadini svolgono anche, all'occorrenza, la funzione di bravi. Arrivato al palazzotto, fra Cristoforo è accolto da due bravi che fanno la guardia ed e condotto da un vecchio servitore (un po' stupito dalla sua presenza lì), alla sala in cui don Rodrigo sta pranzando con alcuni ospiti. Fra Cristoforo vorrebbe aspettare fuori, ma il conte Attilio, cugino di don Rodrigo, lo scorge e lo introduce nella sala, costringendo il padrone di casa ad accogliere il frate.
Fra Cristoforo assiste al banchetto di don Rodrigo
Padre Cristoforo assiste al discorsi dei commensali, tra cui spiccano, oltre al conte Affilio, il podestà e l'avvocato Azzeccagarbugli. L'argomento di cui stanno dibattendo il conte Attillo e il podestà è una questione di cavalleria: se colui che porta una sfida possa essere battuto dallo sfidato. Secondo il podestà ciò non è assolutamente ammissibile, perché le norme giuridiche, fin dai tempi dell'antica Roma, hanno considerato sacra la figura del messaggero; secondo il conte Attilio, invece, si può essere molto più elastici nell'interpretazione di queste norme. Don Rodrigo, che vuole mantenersi amico il podestà ed è preoccupato per la foga delle parole del cugino, chiama in causa fra Cristoforo, eleggendolo a giudice della questione. Ma la risposta del frate (abolire sfide, duelli, bastonate) viene giudicata l'enunciazione di uno di quei principi astratti a cui la vita reale non può conformarsi. La conversazione volge poi al tema della guerra per la successione del ducato di Mantova, allora in corso. Sulla possibilità di un accomodamento il conte Attilio e il podestà hanno opinioni diverse; per troncare la disputa, don Rodrigo propone un brindisi al conte duca d'Olivares, il primo ministro di Spagna. Infine, da un elogio che Azzeccagarbugli pronuncia a proposito del vino offerto dal padrone di casa, prende le mosse un terzo tema di conversazione: la carestia. In mezzo al vociare dei commensali, fra Cristoforo attende il colloquio richiesto a don Rodrigo; questi si decide infine a dare udienza al frate e lo conduce in un'altra sala.
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