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Capitolo 8 I Promessi Sposi - Riassunto

Riassunto dell'ottavo capitolo (cap. VIII) del romanzo I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.


Dove: la casa di don Abbondio; la casa di Lucia; la piazza del paese; il convento di Pescarenico; il lago.

Quando: la sera del 10 novembre 1628, fino a notte inoltrata.

Chi: Renzo, Lucia, Agnese, Perpetua, don Abbondio, Tonio, Gervaso, Ambrogio, il Griso e i bravi, la gente del paese, Manico, fra Cristoforo, il console, fra Fazio.


    Sintesi


    Il tentativo di matrimonio "per sorpresa"
    Don Abbondio sta tranquillamente leggendo, quando Perpetua lo avverte della visita di Tonio. Mentre Tonio e Gervaso entrano, Perpetua viene abilmente allontanata dalla canonica da Agnese, che la interpella riguardo ai suoi pretendenti di un tempo. Al segnale convenuto, Renzo e Lucia entrano anch'essi nella canonica. Tonio restituisce il denaro dovuto a don Abbondio, esigendo una ricevuta; mentre il curato sta scrivendo, Renzo e Lucia si fanno avanti. Renzo pronuncia la formula del matrimonio; Lucia, invece, ne è impedita da don Abbondio, che le getta in capo il tappeto del tavolo e si affaccia poi alla finestra, invocando aiuto. Il sacrestano, che abita li vicino, suona le campane a martello, risvegliando l'intero paese.


    Il tentativo dei bravi di rapire Lucia
    Mentre i promessi sposi tentano di sorprendere don Abbondio, i bravi, agli ordini del Griso travestito da pellegrino, danno esecuzione al progetto di rapimento di Lucia. Avvicinatisi con gran cautela alla casa delle donne, entrano nel cortile, quindi in casa. Tutto è in silenzio e il letto di Lucia è vuoto. Mentre si interrogano su chi abbia fatto la spia, sopraggiunge Menico che viene minacciato dai bravi e si mette a gridare; a liberarlo, interviene il suono della campana a martello. I bravi si impauriscono e il Griso deve faticare per far si che la ritirata avvenga ordinatamente.


    Il fallimento del matrimonio "per sorpresa" e l'ambasciata di Menico
    L'invocazione di aiuto di don Abbondio e, poco dopo, l'urlo di Menico troncano le chiacchiere di Perpetua e Agnese. Perpetua si divincola da Agnese che, udendo la voce del curato, cerca di trattenerla, ma si spaventa all'urlo di Menico. Intanto la campana ha cominciato a suonare a martello, i promessi sposi sono usciti dalla canonica e Menico, lasciato libero dai bravi, può affannosamente comunicare il messaggio di fra Cristoforo: fuggano tutti al convento. Nell'oscurità Renzo, Lucia, Agnese e Menico si affrettano verso Pescarenico.


    Le reazioni dei paesani
    Nel frattempo, i paesani, richiamati dal suono della campana, si riversano sulla piazza e accorrono alla casa di don Abbondio, dove il curato li congeda con parole evasive. La folla resta per un po’ a scambiarsi impressioni e notizie, si parla di un assalto alla casa di Agnese e Lucia, ma la verità non emerge e i propositi di vederci chiaro vengono presto deposti. Tutti rientrano a casa, ma la mattina seguente il console del paese riceve da due bravi l'intimazione a tacitare ogni supposizione sui fatti di quella notte.


    La fuga dei promessi sposi al convento di Pescarenico
    Mentre i paesani commentano gli strani casi di quella notte, Renzo, Lucia e Agnese fuggono con Menico. Dopo aver compreso quale pericolo abbiano scampato, lo ringraziano e lo ricompensano generosamente, quindi lo invitano a tornare al più presto dai genitori. Proseguono fino a Pescarenico, dove fra Cristoforo li attende e ha già predisposto la salvezza por loro: un barcaiolo li traghetterà sull'altra sponda del lago, da dove Agnese e Lucia proseguiranno fino a un convento di cappuccini, in cui troveranno appoggio: Renzo, invece, andrà a Milano, anch'egli con una lettera di presentazione per un padre cappuccino. Prima di congedarsi dai suoi protetti, fra Cristoforo prega con loro, con parole che implicano remissione ai voleri di Dio e perdono per colui che li ha costretti ad abbandonare il luogo natio.


    L'abbandono del paese natio
    I tre fuggiaschi salgono sulla barca che solca le acque del lago illuminato dalla luna. Alle spalle Lucia vede emergere il palazzotto di don Rodrigo, più in basso il paese e la sua casa. La commozione e la tristezza la invadono: china il capo e piange segretamente. In una celebre pausa lirica, il narratore interpreta i pensieri dei fuggiaschi e in particolare quelli di Lucia: il suo rimpianto per una vita che sognava serena, allietata dalla gioia di un matrimonio cristiano. Ma la Provvidenza ha voluto altrimenti e ai suoi misteriosi disegni Lucia si affida.


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