La globalizzazione indica un fenomeno di progressivo allargamento della sfera delle relazioni sociali sino ad un punto che potenzialmente arriva a coincidere con l'intero pianeta. Interrelazione globale significa anche interdipendenza globale, per cui sostanziali modifiche che avvengono in una parte del pianeta avranno, in virtù di questa interdipendenza, ripercussioni anche in un altro angolo del pianeta stesso, in tempi relativamente brevi. Per globalizzazione si definisce un insieme di fenomeni di elevata intensità e rapidità su scala mondiale, in campo economico, sociale, culturale e ideologico, tendenti a: * superare le barriere materiali e immateriali alla circolazione di persone, cose, informazioni, conoscenze e idee; * uniformare le condizioni economiche, gli stili di vita, e le visioni ideologiche, in particolare in conformità col modello occidentale metropolitano. La globalizzazione viene generalmente presentata come un fenomeno di origine recente, tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, le cui cause più importanti sono: * l'avvio di un ciclo politico-economico nei paesi capitalisti di forte ampliamento della sfera economica privata sia all'interno che su scala internazionale; * la crisi e la fine dei sistemi socialisti in Europa orientale, e in particolare del paese guida del sistema socialista mondiale, l'Unione Sovietica; * la rapida crescita e diffusione di nuove tecnologie informatiche applicate alle telecomunicazioni sia nelle attività economiche che nella vita quotidiana, in grado di ridurre drasticamente i tempi, i costi e altri ostacoli tecnici delle comunicazioni a grande distanza. La globalizzazione è prevalentemente riferita al campo economico, sebbene i fenomeni generalmente associati al termine non siano solo economici. La globalizzazione riguarda sia le relazioni economiche e finanziarie che le comunicazioni e l'informazione. In questo economico-finanziario la globalizzazione è più precisamente un processo di integrazione economica mondiale, la quale comporta: l'eliminazione di barriere, di natura giuridica, economica e culturale, alla circolazione di persone, cose e beni economici in generale; l'ampliamento su scala internazionale delle opportunità economiche (opportunità d'investimento, di produzione, di consumo, di risparmio, di lavoro, etc.), in particolare in relazione alle condizioni di prezzo o di costo (arbitraggio); l'inasprimento della concorrenza nei settori interessati dai fenomeni suddetti, in particolare tendenza al livellamento di prezzi e costi alle condizioni più convenienti su scala internazionale; il rafforzamento della interdipendenza tra operatori, unità produttive e sistemi economici in località e paesi geograficamente distanti, tale per cui eventi economici in un luogo hanno ripercussioni, spesso inattese o indesiderate, in altri. I settori economici più fortemente investiti da questi processi e certamente coinvolti nella fase più intensa d'integrazione mondiale sono quelli legati al commercio internazionale e ai mercati finanziari. In particolare i mercati finanziari, per la loro forma organizzativa e per la particolare natura dei titoli trattati, sono maggiormente sensibili e facilitati nella ricerca di opportunità economiche vantaggiose, e nel contempo hanno potuto sfruttare in massimo grado le innovazioni telematiche per soddisfare queste esigenze. Attualmente, grazie ai sistemi di contrattazione telematici, le maggiori piazze finanziarie mondiali, come New York, Tokyo, Londra e Francoforte, formano virtualmente un unico gigantesco mercato operante 24 ore su 24, a cui è possibile collegarsi in qualunque momento da qualunque parte del mondo. Il fenomeno della globalizzazione è molto difficile da identificare e misurare. La gran parte degli studiosi, come prima approssimazione, utilizza la partecipazione di un paese, o gruppo di paesi, al commercio internazionale. Un altro indicatore con cui si cerca di misurare la globalizzazione è la partecipazione ai mercati finanziari internazionali. Dal punto di vista storico, la globalizzazione economica non è un fenomeno inedito. Adam Smith (Scozia, 1723-1790), filosofo e iniziatore della scienza economica moderna, definiva gli uomini d'affari del suo tempo "uomini senza patria". Nella storia contemporanea, si può parlare di almeno altri due periodi precedenti a quello presente, segnati da fenomeni di intensa integrazione economica mondiale. Il primo periodo si colloca nella seconda metà del XIX secolo fino allo scoppio della I Guerra Mondiale (1914), esso segue alla prima rivoluzione industriale e all'affermazione del sistema capitalista in Europa, attraverso una fase d'intensa espansione extra-continentale delle attività economiche, sia industriali che finanziarie, e della sfera d'influenza politica dei paesi europei. Il secondo periodo si colloca tra le due guerre mondiali (1919-1939), con la ripresa delle attività economiche su scala internazionale, che fu molto rapida ed intensa dopo i conflitti e le distruzioni legati al conflitto del 1914-18. Tuttavia, la globalizzazione contemporanea presenta alcuni tratti specifici, per intensità e qualità, che sono oggetto di attento studio e valutazione. I principali sono: Finanziarizzazione La crescente importanza quantitativa e qualitativa del settore finanziario sopra i settori produttivi dell'economia, nel senso che l'attività di imprese e consumatori dipende sempre più strettamente dalla possibilità di ottenere finanziamenti, e il comportamento dei dirigenti aziendali è sempre più condizionato dalle valutazioni dei mercati finanziari e degli intermediari finanziari globali. Dematerializzazione La rivoluzione telematica comporta che fattori immateriali quali l'informazione, la conoscenza tecnica e le capacità personali assumono un'importanza preponderante per il successo e l'efficienza in ogni campo dell'attività umana, e nella crescita economica, a scapito dei fattori materiali (materie prime, territori, impianti e macchinari) ritenuti fondamentali in passato. Iper-competizione Inasprimento della concorrenza nei settori esposti alla globalizzazione, allargamento geografico dell'arena competitiva, perdita d'importanza della collocazione geografica e delle sue caratteristiche specifiche sociali, culturali ed economiche, accorciamento dell'orizzonte temporale su cui i dirigenti d'azienda operano e vengono valutati. Globalizzazione delle organizzazioni sociali In risposta ai fenomeni suddetti, ed in particolare alla iper-competizione e alla delegificazione, si osserva la nascita e la diffusione di organizzazioni sociali private spontanee con diffusione internazionale le quali, sfruttando le stesse tecnologie telematiche, si propongono di analizzare, controllare, contrastare o regolare i fenomeni legati alla globalizzazione. In relazione allo sviluppo, la globalizzazione presenta aspetti molto controversi, che sono oggetto di intensa discussione e contrapposizione sia tra gli studiosi che tra le forze politiche e sociali. Va precisato che la globalizzazione non è il frutto di una precisa scelta politica o economica, ma piuttosto un processo in larga misura spontaneo e poco controllabile, che ha come epicentro i paesi occidentali. Per gli altri paesi, popoli e culture il problema è se e in quale misura partecipare a tale processo, o ad alcuni suoi aspetti. Secondo alcuni studiosi, un ulteriore e più grave problema è se esista la possibilità di sottrarsi alla globalizzazione. I principali argomenti a favore della partecipazione alla globalizzazione traggono origine dalla visione liberista delle relazioni internazionali, imperniata sui vantaggi del libero scambio. Negli anni '80 e '90 tale visione è stata sostanzialmente adottata dal I.M.F (Fondo Monetario Internazionale) e dalla World Bank (Banca Mondiale) nelle loro politiche di sviluppo lungo queste linee principali: * l'accesso alle risorse produttive e finanziarie dei paesi più ricchi attraverso i loro mercati; la crescita economica è favorita dagli scambi commerciali e finanziari coi paesi ricchi in quanto essi costituiscono un mercato di sbocco per la produzione interna, e consentono di ottenere in cambio merci di qualità e capitali a prezzi più bassi; * l'integrazione economica nel sistema mondiale è anche un mezzo per ottenere, più rapidamente e a minor costo, nuove tecnologie e innovazioni tecnologiche; * la mobilità delle persone e l'accesso ai sistemi di telecomunicazione sono diritti civili sempre più sentiti; inoltre accelerano la formazione e il miglioramento del capitale umano favorendo anche per questa via l'innovazione tecnologica e il miglioramento delle condizioni di vita del paese; * l'inserimento organico del sistema politico ed economico di un paese in quello internazionale rafforza la difesa dei diritti civili, limita la capacità di controllo autoritario della società civile, vincola i governi a comportamenti responsabili. A fronte di questi aspetti positivi, il coinvolgimento nel processo di globalizzazione solleva numerosi problemi che richiedono interventi correttivi James Tobin (Stati Uniti, 1918), Susan Strange (Gran Bretagna, 1923-1998), Stanley Fischer (Zambia, 1943), Joseph E. Stiglitz (Stati Uniti, 1940): * dopo il processo di liberalizzazione avviato dai paesi industrializzati, i mercati internazionali, e in particolare i mercati valutari e i mercati finanziari, sono diventati molto instabili; le risorse economiche e finanziarie che possono affluire in abbondanza a sostegno delle politiche di sviluppo possono essere sottratte in modo imprevedibile e disastroso in seguito a crisi valutarie o crisi finanziarie; * le risorse per lo sviluppo offerte dai mercati internazionali non danno garanzie sufficienti di essere utilizzate in maniera economicamente e socialmente equilibrata ed equa; i paesi che più si sono giovati delle opportunità offerte dall'accesso ai mercati internazionali hanno avuto tassi di crescita elevati, ma anche un aumento delle disuguaglianze sociali; * la globalizzazione può offrire importanti opportunità per la crescita economica a patto che venga attuata una riforma del sistema monetario internazionale e vengano reintrodotti sistemi di regolazione dei mercati valutari e finanziari. La globalizzazione ha suscitato reazioni e critiche anche più radicali, tendenti ad un rifiuto della partecipazione al processo, che discendono dalle visioni anticapitalistiche delle cause e dei rimedi alla povertà, Ernst F. Schumacher, Wolfgang Sachs, Serge Latouche: * la partecipazione organica al sistema internazionale può limitare indebitamente e in maniera incontrollabile la capacità di autodeterminazione dei popoli, la partecipazione democratica alle decisioni pubbliche, la libertà di scelta dei governi democratici; * i vantaggi della globalizzazione sono comunque riferiti al modello di vita occidentale e nell'ipotesi che gli obiettivi di sviluppo siano coerenti con tale modello; vi possono essere, e vi sono, criteri di benessere economico diversi, che necessitano di mezzi diversi o alternativi da quelli offerti dalla globalizzazione; * l'accesso alle risorse della globalizzazione comporta necessariamente il loro utilizzo come veicoli di dipendenza e di uniformazione al modello di vita occidentale, con la conseguente distruzione dei modelli di vita locali e delle loro risorse umane, culturali e ambientali. La domanda di fondo tuttavia è: siamo di fronte ad un qualcosa di nuovo, un qualcosa che si è andato concretizzando negli ultimi anni (decenni) in virtù della coincidenza di alcune prepotenti innovazioni politico-tecnologiche, oppure l'attuale è solamente uno stadio avanzato di un processo che data da lungo tempo (secoli) e che ha conosciuto solamente una vistosa accelerazione? A qualsiasi ambito si applichi (economico, delle comunicazioni, ecologico, etc.) questo rimane un quesito chiave nel dibattito in corso. Per cercare di comprendere l'ampiezza di questo dibattito, sarà opportuno in primo luogo rifarsi agli autori che rappresentano oggi in qualche modo i capifila di altrettante scuole, di altrettante "visioni" della globalizzazione. Il primo degli autori rilevanti è I. Wallerstein, neomarxista, al quale va attribuita l'idea (tra l'altro non recentissima) di sistema-mondo, un'idea per la quale la globalizzazione rappresenta un processo di lunga data, caratterizzato da una progressiva espansione capitalistica che parte all'incirca con l'arrivo sul continente americano di Cristoforo Colombo; un secondo autore è S. Huntington, nella cui visione la globalizzazione rappresenta un momento di uno scontro di civiltà (non di stati) come massima espressione di identità di vaste porzioni di umanità. In questa visione, l'egemonia occidentale (anche in termini religiosi) verrebbe a confrontarsi con altre civiltà emergenti (ad es. quella islamica) con esiti del tutto sfavorevoli. Un terzo riferimento è rappresentato da R. Robertson, teorico di una globalizzazione come ambito unitario, dove grande importanza rivestono i meccanismi culturali di integrazione; cresce la consapevolezza della coscienza del mondo come "un tutto" e tale consapevolezza agevola l'interdipendenza e l'integrazione sociale. Per A. Giddens, la globalizzazione è l'intensificazione di relazioni sociali mondiali colleganti tra loro luoghi anche distanti, tanto che eventi locali possono essere determinati da eventi sorti a distanze estremamente ampie; tale processo è un processo dialettico perché il segno di tale mutamento non è esattamente determinato. La globalizzazione comprime lo spazio-tempo e sopprime le rigidità tra le culture, favorendo la diversità. Per P. Hirst e G. Thompson, la globalizzazione rappresenta invece un concetto "alla moda", in quanto l'attuale economia (in questo ambito si muovono infatti gli autori) internazionalizzata non rappresenterebbe una novità nella storia mondiale, essendosi già verificate condizioni simili ed addirittura di superiore apertura ed integrazione in altre epoche storiche, ad esempio tra il 1870 e il 1914; la particolare enfasi attuale deriva da una serie di eventi che originano dallo shock petrolifero ed inflattivo dell'inizio degli anni '70 di questo secolo. Ad ogni modo, l'attuale globalizzazione sarebbe comunque "zoppa", riferendosi essenzialmente ad una triade composta da Stati Uniti, Europa e Giappone. ecentemente U. Beck ha proposto un approccio dialettico alla globalizzazione, fondato sulla convinzione che i medesimi rischi connessi alla globalizzazione (o meglio la risposta sociale a tali rischi) possano determinare opportunità politiche per quella che Beck chiama una "seconda modernità" fondata su valori di uguaglianza, libertà e capacità di informazione. La distinzione fondamentale è tra globalizzazione e globalismo economico: irreversibile e foriera di ampi spazi di opportunità la prima, chiuso in un egoismo autoreferenziale e antisolidaristico il secondo, tanto da prefigurare la scomparsa di ogni forma di welfare col suo sottrarsi sempre più ai costi fiscali e paradossalmente - attraverso l'ipertecnologia - al lavoro stesso. Uno stesso fenomeno viene dunque letto attraverso lenti interpretative assai discoste tra loro. Non vi è alcun dubbio, tuttavia, che quale che sia l'interpretazione prevalente non si può prescindere dalla constatazione che natura ed intensità dei fenomeni che caratterizzano l'attuale fase sono di fatto nuovi per la storia umana. Globalizzazione significa ad esempio che la messa in discussione di una delle principali componenti dello sviluppo moderno, lo stato-nazione, viene sempre più accelerata - ed è un fatto relativamente recente - quanto più importanti decisioni a carattere economico, politico, comunicativo o ambientale vengono prese all'esterno della consueta cornice istituzionale dello stato; se ciò può significare che comunque gli stati più forti detengono in ogni caso un forte potere di condizionamento sulle decisioni, dall'altro è innegabile che la regolazione (o deregolazione) globale di alcuni ambiti - si pensi al commercio internazionale e al WTO/OMC - è in una fase estremamente avanzata. D'altro lato, la rivoluzione digitale e lo sviluppo delle telecomunicazioni, anche satellitari, hanno accelerato in maniera drammatica la diffusione di informazioni attraverso il pianeta, portando con sé anche le basi di una straordinaria omologazione culturale sulla stessa scala. Ancora, la moderna società globale dei consumi, fortemente standardizzata, ha spinto la sua sfida ai limiti ecologici del pianeta sino a configurare problemi che per portata ed intensità sono assolutamente definibili come nuovi e globali. L'aumentata capacità di spostamento delle persone e lo sviluppo dei mezzi di trasporto facilita d'altronde l'emergere di una questione sanitaria legata ad una non tanto più potenziale globalizzazione della malattia (si pensi alla "malaria da aeroporto") la quale, assieme a molte altre cause concomitanti, si configura come un fatto assolutamente nuovo nella storia dell'umanità. Ancora, l'economia globale, così come si è concretizzata oggi nella sua veste neoliberistica, porterebbe con sé ineluttabilmente anche quella che è stata definita la globalizzazione della povertà, come conseguenza della natura sempre più oligopolistica dell'economia globale, al cui ampliamento in termini soprattutto finanziari fa da riscontro una tendenza inversamente proporzionale alla concentrazione delle capacità decisionali e gestionali. Sulla scia della riflessione di Beck, tuttavia, è possibile anche vedere in molti di questi fenomeni un rovescio ottimistico della medaglia, legato alle capacità di utilizzo - in particolare da parte di quegli attori inscrivibili nel cosiddetto "Terzo sistema o settore" - dei medesimi canali attraverso i quali passano i maggiori rischi connessi alla globalizzazione. Si pensi ad esempio allo sviluppo del settore del commercio equo e solidale, alle aumentate capacità di connessione tra loro dei gruppi di azione sociale dal basso, e segnatamente del volontariato (ad es. su ambiente e diritti umani e della cooperazione internazionale, dovuta alle capacità di "mettersi in rete" attraverso gli strumenti della telematica, o più semplicemente alla maggiore capacità di spostamento. Si pensi infine, come segnale forte di ambivalenza, al paradosso sollevato dalla concretizzazione, forse per la prima volta nella storia mondiale con questo grado ed intensità, della libera circolazione di merci e capitali, ma alla contemporanea alzata di scudi nei confronti di quella delle persone, se non in ben delimitati ambiti regionali (si vedano ad esempio gli Accordi di Schengen). Quello che sarebbe un logico corollario di un compiuto processo di globalizzazione, diviene - sotto forma di "problema migratorio" - uno dei più problematici effetti collaterali di un processo che, nella sua riproposizione ideologica, viene sempre più indicato come la magnifica sorte e progressiva dell'umanità. Gli aumentati spazi offerti alla cooperazione internazionale e le difficoltà in cui si trova l'agire solidaristico sollevate dalla questione migratoria, ci inducono ad un'ultima riflessione circa un'ulteriore ambivalenza del concetto. Mentre l'agire solidaristico e cooperativo fa riferimento ad una visione di "un mondo" che ha radici anche nel passato (l'internazionalismo, il genere umano), la globalizzazione economica ed in generale la sua versione ideologica attuale hanno al centro il concetto di competizione e competitività, come strategia di sopravvivenza e predominio in un contesto di base aggressivo ed anomico. La competitività, poi, trascende il comportamento economico per divenire un modello di comportamento sociale tout court, preferito perché più efficace ed efficiente sul modello comportamentale oramai stabilito dell'impresa, ed in particolare della nuova impresa transnazionale, l'attore globale per eccellenza. Globalizzazione dunque come insieme proteiforme di fenomeni, come processo in atto il quale, preso atto della sua ineluttabilità, rimane a disposizione degli attori sociali planetari come una e mille possibilità di futuro.
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