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Inferno Canto 16 - Riassunto

Appunto di letteratura italiana contenente il riassunto del sedicesimo canto (canto XVI) dell'Inferno dantesco.
Priamo della Quercia, illustrazione al Canto XVI

Tempo: sabato 9 aprile 1300, verso l'alba.

Luogo: cerchio 7° - girone 3°: violenti contro natura, figlia di Dio (sodomiti). Una landa circondata dalla selva dei suicidi; essa è costituita da un sabbione infuocato, su cui cadono falde di fuoco, come di neve in alpe sansa vento.

Personaggi: Virgilio, Dante, Iacopo Rusticucci, Guido Guerra, Tegghiaio Aldobrandi, Guglielmo Borsiere

Violenti contro natura: Sono costretti a camminare senza sosta, mentre la pioggia di fuoco cade impietosa e incessante. Inutile è la tresca delle misere mani per cercar riparo dalle fiamme.



Sintesi

Ancora tra i sodomiti
I due poeti giungono nel punto in cui si ode il rumore del Flegetonte che dal settimo cerchio si riversa nell'ottavo. Improvvisamente tre dannati, dalle membra piagate per la pioggia infuocata, si staccano dalla loro schiera e si avvicinano a Dante gridandogli di fermarsi a parlare con loro: hanno riconosciuto in lui un fiorentino, cioè un loro concittadino. Virgilio sollecita il discepolo perché si mostri disponibile e cortese; così ì tre cominciano a girare in cerchio e volgono lo sguardo verso il poeta.


Tre fiorentini
Si tratta di Guido Guerra, nipote della buona Gualdrada, di Tegghiaio Aldobrandi e di Iacopo Rusticucci. Quest'ultimo, in nome della fama che essi ebbero in vita, chiede a Dante chi sia. Il poeta appare ansioso e felice di poter parlare con questi personaggi e, dopo aver espresso il proprio dolore per la loro condizione, conferma di essere fiorentino e narra del suo viaggio ultraterreno.


La decadenza morale di Firenze
Iacopo Rusticucci, augurando a Dante lunga vita e fama tra gli uomini, gli chiede se in Firenze esistano ancora cortesia e valore, dal momento che Guglielmo Borsiere, un dannato venuto da poco tra loro, li va rattristando con i suoi racconti sulla condizione della città. Dante ribadisce la decadenza morale di Firenze dovuta alla "nuova gente" che, con ricchezze sorte dal nulla, ha sollevato orgoglio e sfrenatezza e lo fa con parole tali da suscitare l'ammirazione dei tre dannati. Questi, dopo aver augurato al poeta di concludere felicemente il viaggio infernale, si allontanano velocemente.


La corda di Dante e l'orribile mostro
Dante e Virgilio riprendono il cammino e giungono nel luogo in cui il Flegetonte, con una cascata dal rumore assordante, precipita nell'ottavo cerchio. Virgilio ordina a Dante di sciogliere la corda che gli cinge i fianchi e, una volta presa, la getta attorcigliata a matassa, come segnale, giù per la cascata. Di lì a poco sale verso l'alto, come se nuotasse nell'aria, un'oscura e agghiacciante figura che si presenta alla vista dei due poeti.


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