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Inferno Canto 24 - Riassunto

Appunto di letteratura italiana contenente il riassunto del ventiquattresimo canto (canto XXIV) dell'Inferno dantesco.
Ladri tormentati dai serpenti nell'inferno

Tempo: sabato 9 aprile 1300, verso le undici antimeridiane.

Luogo: cerchio 8° - bolgia 7°: ladri. La bolgia è avvolta da fittissima tenebra e Dante è costretto a scendere lungo l'argine che la recinge per poter scorgere i dannati.

Personaggi: Virgilio, Dante, Vanni Fucci

Ladri: Sono i peccatori che hanno trasgredito il settimo comandamento divino di non rubare. Un gran numero di serpenti cingono il loro corpo e bloccano le loro mani, ed essi nudi, completamente indifesi, inutilmente tentano di scappare ai morsi e alle strette degli spietati custodi. Questi peccatori, tramite raccapriccianti metamorfosi, sono spogliati della stessa natura umana.



Sintesi

L'ascesa alla settima bolgia
Il turbamento di Virgilio per l'inganno di Malacoda ha lasciato sbigottito Dante. Il poeta fiorentino, tuttavia, si rinfranca non appena, giunti ai piedi del ponte franato, la sua guida torna a parlargli amabilmente come se nulla fosse accaduto. Dopo aver riflettuto sul da farsi, Virgilio afferra Dante per la vita e lo solleva sopra un sasso sporgente, invitandolo a verificare la solidità di altri ronchioni rocciosi per dare inizio all'ascesa del pendio. La salita è difficile e Dante, giungendo sull'orlo della settima bolgia, si siede sfinito.


Tra i ladri
Virgilio, però, lo esorta a riprendere il cammino, anticipandogli che di ben altro impegno sarà la salita che lo condurrà al Purgatorio. Così si incamminano sull'alto ponte di pietra che sovrasta la settima bolgia, luogo di pena dei ladri. Dante chiede a Virgilio di scendere a vedere e questi acconsente: agli occhi dei due poeti si presenta una scena terribile.


I serpenti tormentano i dannati
Tanti serpenti tormentano i dannati, impossibilitati a trovare un riparo. Uno di questi viene morso alla gola e subito arde. Divenuto cenere, dopo qualche attimo si ricompone e riprende le sue fattezze, pronto a sopportare un nuovo supplizio.


Vanni Fucci
Si tratta del ladro pistoiese Vanni Fucci, soprannominato "bestia", il quale, accortosi della presenza di Dante, arrossisce dalla rabbia e dalla vergogna per essere stato riconosciuto in quel luogo di pena.


La profezia di Vanni Fucci
Reagisce allora vendicandosi: dopo aver confessato di essere stato l'autore del furto nella sagrestia della chiesa di San Jacopo a Pistoia, per il quale fu condannato un innocente, gli predice che presto i Bianchi di Firenze saranno definitivamente cacciati dalla città ad opera dei Neri, così come accadrà ai Bianchi di Pistoia, e Vanni rivela inoltre a Dante, senza ritegno, di avergli detto questo per potergli procurare dolore.


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