Riassunto età giolittiana: Giolitti e l’Italia
Salito al trono nel 1900, Vittorio Emanuele III affidò il governo all’esponente della Sinistra Giuseppe Zanardelli. AL suo ritiro diventò primo ministro Giovanni Giolitti. Convinto che il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori avrebbe avvantaggiato tutto il corpo sociale e che ogni classe avesse il diritto di esprimere le proprie esigenze, egli concesse la libertà di sciopero e attuò un’avanzata legislazione sociale a tutela delle categorie più deboli. La sua oculata amministrazione del bilancio statale incrementò il valore della moneta italiana e agevolò il risparmio, con il quale venne finanziata l’attività industriale, la cui produttività raddoppiò tra il 1900 e il 1913. Giolitti incrementò le opere pubbliche e istituì il monopolio statale nel settore delle assicurazioni sulla vita, fino ad allora gestite da privati. Il suo lungo governo lasciò comunque irrisolti alcuni gravi problemi che affliggevano l’Italia: analfabetismo, tubercolosi, miseria, emigrazione, dilagante soprattutto al Sud.
Tra le iniziative politiche di Giolitti la più importante fu l’ampliamento del diritto di voto (1912), che venne esteso a tutti i cittadini di sesso maschile di oltre 21 anni (di oltre 30 se analfabeti), facendo passare gli elettori da milioni e mezzo a 8 milioni e mezzo. Allo scopo di allargare le basi della classe politica italiana, Giolitti cercò l’appoggio dei socialisti e dei cattolici, cioè delle due forze che non si erano fino ad allora identificate con il sistema parlamentare. La partecipazione dei socialisti di Turati al primo governo Giolitti non fu possibile a causa dell’opposizione dell’ala rivoluzionaria del Partito socialista. L’intesa con i cattolici sfociò in un accordo segreto (patto Gentiloni. 1913), in base al quale i cattolici avrebbero sostenuto alle elezioni i deputati liberali in cambio dell’abbandono della politica anticlericale. All’interno del cattolicesimo italiano, intanto, si veniva precisando un orientamento liberale, aperto a una visione progressista e sociale della politica. Il principale esponente di questa linea fu il sacerdote Romolo Murri, fondatore di un movimento che verrà poi chiamato Democrazia cristiana. Anche il sacerdote siciliano Luigi Sturzo cercava di qualificare la partecipazione cattolica alla politica creando un partito di carattere democratico e popolare, autonomo dall’autorità ecclesiastica e capace di aggregare i ceti più deboli sulla base dei valori cristiani.
In politica estera Giolitti decise di allontanarsi dall’alleanza con Germania e Austria e di avvicinarsi a Francia e Inghilterra, il cui appoggio avrebbe potuto favorire un ampliamento coloniale dell’Italia e un suo rafforzamento nel contesto internazionale. In tal modo egli poté preparare diplomaticamente la conquista della Libia )posta sotto il dominio turco). L’avventura coloniale, fortemente richiesta anche dal movimento nazionalista, iniziò il 29 settembre 1911 e si concluse nell’ottobre 1912 con la pace di Losanna, con la quale la Turchia dovette riconoscere all’Italia il possesso della Tripolitania e della Cirenaica. L’impresa libica comportò una spaccatura del Partito socialista tra riformisti, favorevoli al conflitto, e pacifisti, avversi a ogni tipo di guerra imperialistica. Dopo il congresso di Reggio Emilia (1912) alcuni riformisti, guidati da Filippo Turati, rimasero nel Psi; altri, guidati da Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi, dettero vita al Partito socialista riformista italiano. Nel 1914 giolitti cedette il governo al liberale moderato Antonio Salandra, mentre la situazione sociale si andava inasprendo sulla spinta di una forte protesta operaia e contadina, che detta vita ad agitazioni durate sette giorni (settimana rossa, giugno 1914).
Analisi dell’età giolittiana
Dopo tre decenni di governi molto brevi, e dopo la grave crisi politica di fine Ottocento, all’inizio del XX secolo l’Italia è caratterizzata da un’inedita stabilità. Nel primo quindicennio del Novecento la scena politica è dominata da Giovanni Giolitti, più volte presidente del consiglio dal 1903. Negli anni del suo governo lo statista piemontese compie scelte che caratterizzano lo sviluppo economico e sociale italiano nel secolo successivo, con effetti sia positivi che negativi.
Le regioni settentrionali del Paese conoscono il definitivo consolidamento del loro sviluppo economico e produttivo. In quell’area inizia così a diffondersi un tenore sociale di vita più simile a quello dei maggiori Paesi dell’Europa occidentale. Con il progresso economico si sviluppa anche la cultura, e nasce un’opinione pubblica politicamente matura, che consente l’inclusione nei centri del potere dei movimenti politici più rappresentativi del Paese. Sullo sviluppo del Nord si fonda la nuova forza dell’Italia nelle relazioni internazionali; i possedimenti coloniali crescono, e il Paese inizia a partecipare attivamente al sistema delle alleanze e di equilibrio tra le potenze europee.
Giolitti e il suo governo sono capaci di accompagnare il progresso nelle zone dove esso era già partito, ma non riescono a risolvere i gravi squilibri dell’Italia, che all’inizio del Novecento addirittura aumentano. Nel Mezzogiorno le disuguaglianze sociali permangono e si acuiscono quelle che appaiono come vere e proprie forme di oppressione sulla classi lavoratrici; da qui la spinta all’emigrazione verso l’estero di centinaia di migliaia di persone all’anno.
La meditazione parlamentare di Giolitti ostacola inoltre lo sviluppo dei moderni partiti di massa, fondati su un forte contatto con al società civile. Molti settori della società e della cultura non si sentono rappresentati dal sistema di potere, e danno inizio a una convinta opposizione. Le conseguenze di questi problemi irrisolti non tardano a farsi sentire, con la grave crisi politica che dopo la guerra mondiale avrebbe portato alla dittatura fascista, e in un certo senso caratterizzano la situazione italiana ancora oggi.
Situazione in Italia
Nel triangolo industriale, formato da Torino, Milano e Genova, il settore meccanico vede la crescita dei gruppi industriali esistenti (Ansaldo, Breda, franco Tosi). Nascono inoltre nuove aziende nel campo automobilistico: nel 1899 a Torino viene fondata la Fiat e a Milano nel 1910, l’Alfa.
Le strutture economiche del Sud sono interessate solo parzialmente all’azione riformatrice dei governi di Giolitti e intere regioni continuano a essere arretrate da più punti di vista: analfabetismo, disoccupazione, povertà. Ciò risulta evidente anche dai dati sull’emigrazione, dove il Sud ha il primato del numero di espatri.
Meno marcato è lo sviluppo del settore chimico, anche se va segnalata la crescita dell’industria della gomma, grazie, in particolare, all’industria fondata a Milano da Giovan Battista Pirelli (1872).
Nel settore tessile, diffuso nel Nord-Est, conosce un forte impulso l’industria tessile cotoniera, a fronte di un calo della produzione della seta e della lana.
Salito al trono nel 1900, Vittorio Emanuele III affidò il governo all’esponente della Sinistra Giuseppe Zanardelli. AL suo ritiro diventò primo ministro Giovanni Giolitti. Convinto che il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori avrebbe avvantaggiato tutto il corpo sociale e che ogni classe avesse il diritto di esprimere le proprie esigenze, egli concesse la libertà di sciopero e attuò un’avanzata legislazione sociale a tutela delle categorie più deboli. La sua oculata amministrazione del bilancio statale incrementò il valore della moneta italiana e agevolò il risparmio, con il quale venne finanziata l’attività industriale, la cui produttività raddoppiò tra il 1900 e il 1913. Giolitti incrementò le opere pubbliche e istituì il monopolio statale nel settore delle assicurazioni sulla vita, fino ad allora gestite da privati. Il suo lungo governo lasciò comunque irrisolti alcuni gravi problemi che affliggevano l’Italia: analfabetismo, tubercolosi, miseria, emigrazione, dilagante soprattutto al Sud.
Tra le iniziative politiche di Giolitti la più importante fu l’ampliamento del diritto di voto (1912), che venne esteso a tutti i cittadini di sesso maschile di oltre 21 anni (di oltre 30 se analfabeti), facendo passare gli elettori da milioni e mezzo a 8 milioni e mezzo. Allo scopo di allargare le basi della classe politica italiana, Giolitti cercò l’appoggio dei socialisti e dei cattolici, cioè delle due forze che non si erano fino ad allora identificate con il sistema parlamentare. La partecipazione dei socialisti di Turati al primo governo Giolitti non fu possibile a causa dell’opposizione dell’ala rivoluzionaria del Partito socialista. L’intesa con i cattolici sfociò in un accordo segreto (patto Gentiloni. 1913), in base al quale i cattolici avrebbero sostenuto alle elezioni i deputati liberali in cambio dell’abbandono della politica anticlericale. All’interno del cattolicesimo italiano, intanto, si veniva precisando un orientamento liberale, aperto a una visione progressista e sociale della politica. Il principale esponente di questa linea fu il sacerdote Romolo Murri, fondatore di un movimento che verrà poi chiamato Democrazia cristiana. Anche il sacerdote siciliano Luigi Sturzo cercava di qualificare la partecipazione cattolica alla politica creando un partito di carattere democratico e popolare, autonomo dall’autorità ecclesiastica e capace di aggregare i ceti più deboli sulla base dei valori cristiani.
In politica estera Giolitti decise di allontanarsi dall’alleanza con Germania e Austria e di avvicinarsi a Francia e Inghilterra, il cui appoggio avrebbe potuto favorire un ampliamento coloniale dell’Italia e un suo rafforzamento nel contesto internazionale. In tal modo egli poté preparare diplomaticamente la conquista della Libia )posta sotto il dominio turco). L’avventura coloniale, fortemente richiesta anche dal movimento nazionalista, iniziò il 29 settembre 1911 e si concluse nell’ottobre 1912 con la pace di Losanna, con la quale la Turchia dovette riconoscere all’Italia il possesso della Tripolitania e della Cirenaica. L’impresa libica comportò una spaccatura del Partito socialista tra riformisti, favorevoli al conflitto, e pacifisti, avversi a ogni tipo di guerra imperialistica. Dopo il congresso di Reggio Emilia (1912) alcuni riformisti, guidati da Filippo Turati, rimasero nel Psi; altri, guidati da Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi, dettero vita al Partito socialista riformista italiano. Nel 1914 giolitti cedette il governo al liberale moderato Antonio Salandra, mentre la situazione sociale si andava inasprendo sulla spinta di una forte protesta operaia e contadina, che detta vita ad agitazioni durate sette giorni (settimana rossa, giugno 1914).
Analisi dell’età giolittiana
Dopo tre decenni di governi molto brevi, e dopo la grave crisi politica di fine Ottocento, all’inizio del XX secolo l’Italia è caratterizzata da un’inedita stabilità. Nel primo quindicennio del Novecento la scena politica è dominata da Giovanni Giolitti, più volte presidente del consiglio dal 1903. Negli anni del suo governo lo statista piemontese compie scelte che caratterizzano lo sviluppo economico e sociale italiano nel secolo successivo, con effetti sia positivi che negativi.
Le regioni settentrionali del Paese conoscono il definitivo consolidamento del loro sviluppo economico e produttivo. In quell’area inizia così a diffondersi un tenore sociale di vita più simile a quello dei maggiori Paesi dell’Europa occidentale. Con il progresso economico si sviluppa anche la cultura, e nasce un’opinione pubblica politicamente matura, che consente l’inclusione nei centri del potere dei movimenti politici più rappresentativi del Paese. Sullo sviluppo del Nord si fonda la nuova forza dell’Italia nelle relazioni internazionali; i possedimenti coloniali crescono, e il Paese inizia a partecipare attivamente al sistema delle alleanze e di equilibrio tra le potenze europee.
Giolitti e il suo governo sono capaci di accompagnare il progresso nelle zone dove esso era già partito, ma non riescono a risolvere i gravi squilibri dell’Italia, che all’inizio del Novecento addirittura aumentano. Nel Mezzogiorno le disuguaglianze sociali permangono e si acuiscono quelle che appaiono come vere e proprie forme di oppressione sulla classi lavoratrici; da qui la spinta all’emigrazione verso l’estero di centinaia di migliaia di persone all’anno.
La meditazione parlamentare di Giolitti ostacola inoltre lo sviluppo dei moderni partiti di massa, fondati su un forte contatto con al società civile. Molti settori della società e della cultura non si sentono rappresentati dal sistema di potere, e danno inizio a una convinta opposizione. Le conseguenze di questi problemi irrisolti non tardano a farsi sentire, con la grave crisi politica che dopo la guerra mondiale avrebbe portato alla dittatura fascista, e in un certo senso caratterizzano la situazione italiana ancora oggi.
Situazione in Italia
Nel triangolo industriale, formato da Torino, Milano e Genova, il settore meccanico vede la crescita dei gruppi industriali esistenti (Ansaldo, Breda, franco Tosi). Nascono inoltre nuove aziende nel campo automobilistico: nel 1899 a Torino viene fondata la Fiat e a Milano nel 1910, l’Alfa.
Le strutture economiche del Sud sono interessate solo parzialmente all’azione riformatrice dei governi di Giolitti e intere regioni continuano a essere arretrate da più punti di vista: analfabetismo, disoccupazione, povertà. Ciò risulta evidente anche dai dati sull’emigrazione, dove il Sud ha il primato del numero di espatri.
Meno marcato è lo sviluppo del settore chimico, anche se va segnalata la crescita dell’industria della gomma, grazie, in particolare, all’industria fondata a Milano da Giovan Battista Pirelli (1872).
Nel settore tessile, diffuso nel Nord-Est, conosce un forte impulso l’industria tessile cotoniera, a fronte di un calo della produzione della seta e della lana.