La novella Libertà di Giovanni Verga narra di una rivolta popolare, un fatto storico accaduto realmente a Bronte (Catania, Sicilia), nel periodo della spedizione dei Mille, e che ha costretto Garibaldi a mandare il generale Nino Bixio per riportare la situazione alla "normalità".
Libertà di Giovanni Verga
Di questa novella ne abbiamo ampiamente parlato nell'appunto Libertà riassunto analisi e commento, invece in questa pagina vogliamo solamente fornirvi un riassunto molto breve senza ammorbarvi con dettagli extra non presenti nella novella che potrebbero non interessare e riducendo al minimo anche le informazioni contenute nella stessa novella.Libertà: riassunto breve
Un fazzoletto rosso si vedeva scendere dal campanile e le campane suonavano in ripetizione, la gente con le berrette bianche (contadini) si era data appuntamento in piazza e gridava "Libertà!". Sembra l'inizio di una festa di paese, ma in realtà si trattava di un altro tipo di festa che i contadini stavano per fare ai cappelli (galantuomini).Era in corso una rivolta popolare e le autorità da spodestare in nome della Libertà venivano prima nominate a gran voce insieme al peccato di cui si erano macchiate e poi uccise a colpi di falce e scure.
I primi a essere abbattuti dalla folla inferocita sono stati i due preti don Antonio e don Paolo, a questi seguirono il notaio e suo figlio di appena 11 anni, giustificando la morte di un innocente dicendo che sarebbe diventato un giorno notaio anche lui. Tutti chiedevano pietà, ma era troppo tardi per rimediare, e poi ormai avevano le mani sporche di sangue. Iniziarono a prendere di mira anche quelli che un po' più ricchi di loro, e la baronessa si era barricata in casa mettendo due uomini armati a difesa del portone, ma nemmeno questo bastò per salvare la sua vita e quella dei suoi figli. La rivolta terminò quella sera stessa quando per la stanchezza e per la paura di trovarsi da soli per strada al buio ognuno se rintanato nelle proprie case lasciando un lume acceso. Il giorno seguente era domenica, ma invece della messa vi erano alcuni signori in piazza che pensavano a quanti campi e boschi gli sarebbero spettati. Il giorno successivo girava voce che stavano arrivando a far giustizia le camicie rosse guidate dal temibile generale. L'esercito era arrivato in tarda serata e non spaventava, ma l'indomani all'alba vennero fucilati alcuni ribelli partecipi nella rivolta e agli altri ci pensarono i giudici. Il processo durò tre lunghi anni e la giuria era imparziale, in quanto composta da galantuomini. Quando giunse l'amaro esito della sentenza, un carbonaro a cui erano state rimesse le manette rimase sbigottito perché non era stato liberato. Non avevano ottenuto né terre né libertà, mentre in paese berrette bianche e cappelli avevano fatto pace e tutto era tornato come prima: i ricchi erano ritornati a essere i proprietari delle terre e i poveri dovevano lavorarle per guadagnarsi da vivere.