La fine delle 1 guerra mondiale è un susseguirsi di trattati di pace...
La conferenza di pace di Parigi
Il 18 gennaio 1919, due mesi dopo la cessazione delle ostilità, i rappresentanti delle potenze vincitrici si unirono a Parigi allo scopo di dare una nuova sistemazione all'Europa, uscita sconvolta dalla guerra. Come al congresso di Vienna di un secolo prima, alla conferenza di pace partecipavano tutti i delegati dei Paesi vincitori: quelli però che avevano un'effettiva autorità erano i cosiddetti quattro grandi e precisamente il presidente americano Woodrow Wilson, il presidente del Consiglio francese Georges Clemenceau, chiamato a presiedere la conferenza, il primo ministro inglese Favid Lloyd Gerge e, sia pure con un ruolo minore, il presidente del Consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando, che si trovò in parte emarginato con il pretesto che le rivendicazioni dell'Italia riguardavano essenzialmente l'Austria.
I Quattordici punti di Wilson
Ben presto fu evidente il contrasto fra la mentalità politica della diplomazia europea e il nuovo orientamento democratico rappresentato dal presidente americano. Wilson all'inizio del 1918 aveva infatti fissato in Quattordici punti i principi fondamentali cui la pace avrebbe dovuto ispirarsi: fra essi quello dell'autodecisione dei popoli e quello secondo il quale i confini debbono comprendere quanti parlano la stessa lingua e hanno la stessa nazionalità.
La Francia e Inghilterra, invece, erano preoccupate soprattutto di trarre vantaggi territoriali ed economici e di mettere i Tedeschi in condizione di non poter più scatenare un nuovo conflitto, puntando sull'annientamento economico della Germania. Tuttavia il principio wilsoniano della nazionalità, là dove coincideva con gli interessi delle grandi potenze, venne applicato, determinando così la liberazione dall'oppressione straniera di molti popoli che nel corso del XIX secolo non avevano ottenuto l'indipendenza.
La sostanziale inefficacia della Società delle Nazioni
Come previsto dal punto 14 del documento di Wilson, il 28 aprile 1919 venne creata la Società delle Nazioni, un grande organismo internazionale con sede a Ginevra preposto a regolare pacificamente le controversie tra gli Stati, eliminando l'ingiustizia, la violenza e ogni forma di attrito fra i popoli. Questa organizzazione, cui aderirono molti Paesi di tutto il mondo con l'esclusione di quelli vinti, non riuscì però a funzionare efficacemente e si trasformò ben presto in uno strumento più o meno passivo nelle mani della Francia e dell'Inghilterra: in ciò erano facilitate sia dal fatto che per l'approvazione di ogni decisione era necessaria l'unanimità di tutti i membri, sia dal ritiro degli Stati Uniti che, spinti da un rinato desiderio di isolazionismo nei confronti delle vicende europee, non avevano approvato nel loro Congresso l'iniziativa wilsoniana. Inoltre la Società delle Nazioni non disponeva di alcun mezzo concreto d'intervento che non fosse quello di porre al bando, con conseguenti sanzioni economiche, il membro che avesse disatteso l'opera di mediazione condotta dalla Società stessa e avesse fatto immediatamente ricordo alla guerra.
Il trattato di Versailles e l'umiliazione della Germania
Dalla conferenza di pace scaturirono cinque trattati, sottoscritti in varie località nei dintorni di Parigi. Particolarmente importante fu il trattato di Versailles con la Germania, firmato nella stessa reggie dove i Prussiani nel 1871 avevano dato ufficialmente vita all'impero tedesco. A proposito delle clausole previste dal trattato va tenuto presente che esse costituivano la più cocente umiliazione che si potesse infliggere a una nazione vinta: prevedevano infatti non solo ingentissime perdite territoriali, ma anche pesanti clausole militari, fra le quali la riduzione dell'esercito a soli 100.000 uomini e della flotta a poche unità, destinate alla sola difesa costiera. Anche le sanzioni economiche furono estremamente gravose: comportarono infatti il risarcimento di somme enormi a tutte le nazioni vincitrici e al Belgio, oltre alla cessione ai vincitori di miniere, materiale navale, ferroviario e industriale per dieci anni.
Le conseguenze dello spirito punitivo di Inghilterra e Francia
Tali clausole, d'altra parte, ci permettono di rilevare i quattro fondamentali errori commessi dai vincitori, che facilitarono fra l'altro il risorgere dello spirito di rivincita tedesco, destinato a manifestarsi ben presto come un gravissimo motivo di turbamento internazionale:
La conferenza di pace di Parigi
Il 18 gennaio 1919, due mesi dopo la cessazione delle ostilità, i rappresentanti delle potenze vincitrici si unirono a Parigi allo scopo di dare una nuova sistemazione all'Europa, uscita sconvolta dalla guerra. Come al congresso di Vienna di un secolo prima, alla conferenza di pace partecipavano tutti i delegati dei Paesi vincitori: quelli però che avevano un'effettiva autorità erano i cosiddetti quattro grandi e precisamente il presidente americano Woodrow Wilson, il presidente del Consiglio francese Georges Clemenceau, chiamato a presiedere la conferenza, il primo ministro inglese Favid Lloyd Gerge e, sia pure con un ruolo minore, il presidente del Consiglio italiano Vittorio Emanuele Orlando, che si trovò in parte emarginato con il pretesto che le rivendicazioni dell'Italia riguardavano essenzialmente l'Austria.
I Quattordici punti di Wilson
Ben presto fu evidente il contrasto fra la mentalità politica della diplomazia europea e il nuovo orientamento democratico rappresentato dal presidente americano. Wilson all'inizio del 1918 aveva infatti fissato in Quattordici punti i principi fondamentali cui la pace avrebbe dovuto ispirarsi: fra essi quello dell'autodecisione dei popoli e quello secondo il quale i confini debbono comprendere quanti parlano la stessa lingua e hanno la stessa nazionalità.
La Francia e Inghilterra, invece, erano preoccupate soprattutto di trarre vantaggi territoriali ed economici e di mettere i Tedeschi in condizione di non poter più scatenare un nuovo conflitto, puntando sull'annientamento economico della Germania. Tuttavia il principio wilsoniano della nazionalità, là dove coincideva con gli interessi delle grandi potenze, venne applicato, determinando così la liberazione dall'oppressione straniera di molti popoli che nel corso del XIX secolo non avevano ottenuto l'indipendenza.
La sostanziale inefficacia della Società delle Nazioni
Come previsto dal punto 14 del documento di Wilson, il 28 aprile 1919 venne creata la Società delle Nazioni, un grande organismo internazionale con sede a Ginevra preposto a regolare pacificamente le controversie tra gli Stati, eliminando l'ingiustizia, la violenza e ogni forma di attrito fra i popoli. Questa organizzazione, cui aderirono molti Paesi di tutto il mondo con l'esclusione di quelli vinti, non riuscì però a funzionare efficacemente e si trasformò ben presto in uno strumento più o meno passivo nelle mani della Francia e dell'Inghilterra: in ciò erano facilitate sia dal fatto che per l'approvazione di ogni decisione era necessaria l'unanimità di tutti i membri, sia dal ritiro degli Stati Uniti che, spinti da un rinato desiderio di isolazionismo nei confronti delle vicende europee, non avevano approvato nel loro Congresso l'iniziativa wilsoniana. Inoltre la Società delle Nazioni non disponeva di alcun mezzo concreto d'intervento che non fosse quello di porre al bando, con conseguenti sanzioni economiche, il membro che avesse disatteso l'opera di mediazione condotta dalla Società stessa e avesse fatto immediatamente ricordo alla guerra.
Il trattato di Versailles e l'umiliazione della Germania
Dalla conferenza di pace scaturirono cinque trattati, sottoscritti in varie località nei dintorni di Parigi. Particolarmente importante fu il trattato di Versailles con la Germania, firmato nella stessa reggie dove i Prussiani nel 1871 avevano dato ufficialmente vita all'impero tedesco. A proposito delle clausole previste dal trattato va tenuto presente che esse costituivano la più cocente umiliazione che si potesse infliggere a una nazione vinta: prevedevano infatti non solo ingentissime perdite territoriali, ma anche pesanti clausole militari, fra le quali la riduzione dell'esercito a soli 100.000 uomini e della flotta a poche unità, destinate alla sola difesa costiera. Anche le sanzioni economiche furono estremamente gravose: comportarono infatti il risarcimento di somme enormi a tutte le nazioni vincitrici e al Belgio, oltre alla cessione ai vincitori di miniere, materiale navale, ferroviario e industriale per dieci anni.
Le conseguenze dello spirito punitivo di Inghilterra e Francia
Tali clausole, d'altra parte, ci permettono di rilevare i quattro fondamentali errori commessi dai vincitori, che facilitarono fra l'altro il risorgere dello spirito di rivincita tedesco, destinato a manifestarsi ben presto come un gravissimo motivo di turbamento internazionale:
- il rifiuto di discutere con i vinti i trattati di pace, che furono loro semplicemente imposti;
- la richiesta di riparazioni così elevate da rendere pressoché impossibile la ripresa economica dei Paesi sconfitti;
- i criteri seguiti nella sistemazione territoriale dell'Europa, non sempre rispettosi delle varie nazionalità;
- infine l'eccessivo peso dato agli interessi nazionali delle potenze vincitrici, col risultato di aggravare le differenze già esistenti fra nazioni ricche e nazioni povere.
L'indipendenza della Polonia e le conquiste dell'Italia
A favore della repubblica di Polonia, che giungeva a coronare la sua indipendenza dopo le tre spartizioni del XVIII secolo, veniva creato un corridoio, che la univa al Mar Baltico e separava la Prussia orientale dal resto del territorio germanico. Nel contempo Danzica, città portuale in gran parte tedesca, era proclamata città libera.
Fondamentale per l'Italia fu il trattato di Saint-Germain, firmato il 10 settembre 1919, in base al quale l'Austria era costretta a cedere il trentino, l'Alto Adige, l'Istria e l'alto bacino dell'Isonzo fino allo spartiacque alpino.
La nascita dei nuovi Stati
Con il trattato di Saint-Germain il vastissimo territorio appartenente all'antico impero austro-ungarico che contava ben cinquantuno milioni di abitanti, appartenenti a dieci diversi gruppi linguistici fu diviso fra vari Stati. Al suo posto sorsero quattro Stati indipendenti: l'Austria, l'Ungheria (la cui indipendenza fu sancita con il trattato del Trianon), la Cecoslovacchia, il regno di Iugoslavia (chiamato fino al 1929 regno di Serbi, Croati, Sloveni). Fu riconosciuta inoltre l'indipendenza dell'Albania.
Lungo il Mar Baltico, sui territori un tempo appartenuti alla Russia nascevano i nuovi Stati indipendenti della Finlandia, dell'Estonia, della Lettonia e della Lituania. Con il trattato di Neuilly (città alla periferia di Parigi), firmato il 27 novembre 1919, era riconosciuta anche l'indipendenza della Bulgaria, che veniva privata però sia della tracia, tornata come nell'antichità a far parte della Grecia, sia della Macedonia, passata alla Iugoslavia, sia della Dobrugia, assegnata alla Romania.
Il trattato di Sevres
Oltre al crollo dell'Austria-Ungheria, vi fu la fine di un altro immenso impero, quello ottomano. Con il trattato di Sevres del 10 agosto 1920 la Turchia si trovò non solo ridotta a un modesto Stato entro i limiti della penisola anatolica (se si accetta la città di Costantinopoli, in territorio europeo), ma fu anche privata di tutti i territori arabi, dell'isola di Cipro, abitata in prevalenza da Greci, e della sovranità sugli Stretti (Bosforo e Dardanelli). Era previsto inoltre il pagamento di pesanti riparazioni di guerra e venivano istituite le capitolazioni, che costituivano una vera e propria servitù dello Stato turco a vantaggio degli Stranieri, sui territori sottratti alla giurisdizione ottomana.
La creazione della repubblica turca
Le durissime condizioni di pace fissate a Sevres, passivamente accettate dal governo di Costantinopoli, finirono per dare origine a una vera e propria rivolta di carattere nazionale, capeggiata dal generale Mustafà Kemal Ataturk (1880-1938), il quale fu ben presto in grado di mettere insieme un grande esercito che si oppose validamente alle truppe dell'Intesa, in particolare a quelle greche sbarcate per occupare nell'Anatolia alcune zone d'importanza strategica. Il pieno successo conseguito sul piano militare nella guerra di liberazione contro i Greci invasori e l'abolizione contro i ciatario sultanato ottomano, intervenuto nel novembre 1922, portarono alla proclamazione della repubblica turca (29 ottobre 1923) e all'elezione a presidente dello stesso Ataturk, che mantenne la carica fino alla morte e poté attuare delle grandi opere di rinnovamento interno che avrebbero trasformato un arretrato Paese islamico in uno Stato laico moderno e indipendente.
La pace di Losanna e la fine della questione d'Oriente
Fu appunto per merito di Ataturk che la nuova Turchia ottenne l'annullamento delle pesanti clausole del trattato di Sevres e la loro sostituzione con altre più dignitose e accettabili, siglate il 24 luglio del 1923 a Losanna. Fra le clausole favorevoli alla Turchia fu ripristinata la piena sovranità turca sugli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli, con l'impegno di mantenerli smilitarizzati e aperti alle navi degli altri Paesi. Aveva fine così l'annosa e travagliata questione d'Oriente, con palese vantaggio di chi, come Francia e Inghilterra, l'aveva considerata per tanto tempo uno dei punti cruciali della politica mediterranea.
Il patto segreto tra Francia e Inghilterra per la spartizione del Vicino Oriente
Le sorti del Vicino Oriente in effetti erano state decise sin dal 1915, con il patto di Londra sottoscritto dall'Intesa. Nel 1916, in gran segreto e con un vero e proprio atto di prepotenza imperialistica, Francia e Gran Bretagna avevano modificato notevolmente il patto e avevano stabilito una sostanziale spartizione del Vicino Oriente in due rispettive zone d'influenza, prevedendo inoltre la nascita di un modesto Stato arabo in un territorio desertico dell'interno, destinato come tale a essere costantemente condizionato dalle due grandi potenze.
Lawrence d'Arabia e la lotta per l'indipendenza araba
In aperto contrasto con questa linea politica, durante il conflitto mondiale le popolazioni arabe del Medio oriente erano state incitate alla ribellione armata contro il dominio turco dietro la prospettiva di conquistare l'autonomia e l'indipendenza al termine del conflitto. La ribellione fu fomentata da agenti segreti dell'Intesa, forniti di adeguati mezzi politici e militari. Tra essi ebbe modo di emergere il colonnello inglese Thomas E. Lawrence (1888-1935), il famoso Lawrence d'Arabia, uno dei più convinti sostenitori dell'indipendenza araba, il quale condusse, alla testa di formazioni irregolari, un'accanita e vittoriosa guerriglia contro i Turchi per la creazione di un grande regno arabo indipendente nel Medio Oriente. Lawrence, insieme al principe Feisal I (1882-1923), riuscì a sottrare importanti zone al controllo ottomano e cooperare efficacemente con l'esercito britannico per la liberazione della Siria e della Palestina.
La dichiarazione Balfour per una sede nazionale ebraica in Palestina
Nel 1917, però, i Russi resero pubblico il 1916, però, i Russi resero pubblico il testo relativo agli accordi segreti del 1915-1916, una cui copia era stata ritrovata negli archivi del ministero degli Esteri sovietico. La reazione degli Arabi fu a quel punto immediata, tanto più che di lì a poco si ebbe anche notizia della dichiarazione fatta dal primo Lord dell'ammiragliato Arthur James Balfour (1848-1930) nel novembre 1917, che prevedeva la costituzione in Palestina di una sede nazionale ebraica verso cui far confluire le correnti migratorie degli Ebrei, primo passo verso quello che un giorno sarebbe diventato lo Stato di Israele.
La pace di Losanna e la fine della questione d'Oriente
Fu appunto per merito di Ataturk che la nuova Turchia ottenne l'annullamento delle pesanti clausole del trattato di Sevres e la loro sostituzione con altre più dignitose e accettabili, siglate il 24 luglio del 1923 a Losanna. Fra le clausole favorevoli alla Turchia fu ripristinata la piena sovranità turca sugli Stretti del Bosforo e dei Dardanelli, con l'impegno di mantenerli smilitarizzati e aperti alle navi degli altri Paesi. Aveva fine così l'annosa e travagliata questione d'Oriente, con palese vantaggio di chi, come Francia e Inghilterra, l'aveva considerata per tanto tempo uno dei punti cruciali della politica mediterranea.
Il patto segreto tra Francia e Inghilterra per la spartizione del Vicino Oriente
Le sorti del Vicino Oriente in effetti erano state decise sin dal 1915, con il patto di Londra sottoscritto dall'Intesa. Nel 1916, in gran segreto e con un vero e proprio atto di prepotenza imperialistica, Francia e Gran Bretagna avevano modificato notevolmente il patto e avevano stabilito una sostanziale spartizione del Vicino Oriente in due rispettive zone d'influenza, prevedendo inoltre la nascita di un modesto Stato arabo in un territorio desertico dell'interno, destinato come tale a essere costantemente condizionato dalle due grandi potenze.
Lawrence d'Arabia e la lotta per l'indipendenza araba
In aperto contrasto con questa linea politica, durante il conflitto mondiale le popolazioni arabe del Medio oriente erano state incitate alla ribellione armata contro il dominio turco dietro la prospettiva di conquistare l'autonomia e l'indipendenza al termine del conflitto. La ribellione fu fomentata da agenti segreti dell'Intesa, forniti di adeguati mezzi politici e militari. Tra essi ebbe modo di emergere il colonnello inglese Thomas E. Lawrence (1888-1935), il famoso Lawrence d'Arabia, uno dei più convinti sostenitori dell'indipendenza araba, il quale condusse, alla testa di formazioni irregolari, un'accanita e vittoriosa guerriglia contro i Turchi per la creazione di un grande regno arabo indipendente nel Medio Oriente. Lawrence, insieme al principe Feisal I (1882-1923), riuscì a sottrare importanti zone al controllo ottomano e cooperare efficacemente con l'esercito britannico per la liberazione della Siria e della Palestina.
La dichiarazione Balfour per una sede nazionale ebraica in Palestina
Nel 1917, però, i Russi resero pubblico il 1916, però, i Russi resero pubblico il testo relativo agli accordi segreti del 1915-1916, una cui copia era stata ritrovata negli archivi del ministero degli Esteri sovietico. La reazione degli Arabi fu a quel punto immediata, tanto più che di lì a poco si ebbe anche notizia della dichiarazione fatta dal primo Lord dell'ammiragliato Arthur James Balfour (1848-1930) nel novembre 1917, che prevedeva la costituzione in Palestina di una sede nazionale ebraica verso cui far confluire le correnti migratorie degli Ebrei, primo passo verso quello che un giorno sarebbe diventato lo Stato di Israele.