Biografia:
Nacque a Nuoro nel 1871 da una famiglia benestante. Non seguì studi regolari (non era molto in uso per le fanciulle!), ma lesse molto e si formò una cultura e un gusto letterario leggendo con passione autori italiani e stranieri, soprattutto russi. La sua naturale dote di scrittrice si rivelò nelle prime pubblicazioni di racconti, come Fior di Sardegna (1892), Racconti sardi (1894), Anime oneste (1895) che attirarono l'attenzione dei critici. Nel 1900 si sposò con Palmiro Modesani e si trasferì a Roma dove visse il resto della sua vita dedicandosi alla letteratura con costante impegno e con notevole approfondimento di temi, quali il dramma spirituale dell'uomo in balia delle sue passioni, le ragioni del vivere, la Sardegna con le sue tradizioni e i suoi paesaggi... Nel 1926 ottenne il premio Nobel per la letteratura. Morì nel 1936, dopo lunga e dolorosa malattia.
Le idee e le tematiche:
L'opera delle Deledda rientra nel gusto del Verismo di tipo vergiano, anzi del regionalismo, se si pensa che in quasi tutti i suoi romanzi sono descritti usi, costumi, mentalità e vicende della Sardegna. Dell'isola la scrittrice coglie la varietà dei paesaggi e delle tradizioni; ma approfondisce poi la conoscenza dei caratteri dei personaggi, scavando nel vivo delle coscienze per riflettere sul dramma eterno dell'uomo che lotta con le proprie passioni e con l'ansia di eternità e di purezza. La Deledda ha una concezione religiosa della vita che l'avvicina alle tematiche della narrativa russa (Tolstoj e Dostoevskij), per il senso del peccato, la necessità di espiazione, l'insistenza sulla fragilità dell'uomo; tuttavia le sue opere, che non vengono meno ai canoni veristi, ma li arricchiscono di nuove inquietudini, pongono la scrittrice a fianco anche di esperienze diverse del primo Novecento, come il Decadentismo e il Simbolismo.
Fra le sue opere ricordiamo le seguenti:
Elias Portolu (1903): è uno dei suoi romanzi migliori.
Il giovane Elias, tornato al paese dopo alcuni anni di carcere per una colpa che non ha commesso, fiaccato di animo da questa esperienza, si innamora di Maddalena fidanzata con suo fratello Pietro. Elias non vuole soccombere a questo sentimento e lascia che i due si sposino, mentre egli si indirizza verso il sacerdotizio di cui ha sempre sentito la vocazione. Tuttavia la sua anima, i continuo travaglio, non sa vincere la tentazione di Maddalena che lo ama, ed egli soccombe al peccato, da cui gli nasce un drammatico senso di colpa. Quando il fratello Pietro muore, Elias, che non è ancora ordinato sacerdote, potrebbe sposare Maddalena e riconoscere il figlio Berto nato da lei; continua invece la sua strada come una espiazione. L'amore per la donna si è affievolito, quello per il figlio lo considera un tormento necessario a purificare la sua colpa. Maddalena si sposa di nuovo con Jacopo Farre che si affeziona moltissimo a Berto, gettando nel cuore di Elias il tarlo della gelosia, un nuovo tormento. Soltanto la morte del bambino, sentita come necessario castigo, porta all'anima debole e torturata dal sacerdote un dolore così forte che lo purifica e lo redime.
Cenere (1904): altro romanzo in cui si matura il dramma di creature disperate e colpevoli, in balia dei loro rimorsi e della fatalità oscura della vita.
L'edera (1908): è la storia di Annesa, una trovatella che la nobile famiglia Decherchi ha accolto in casa e allevata. Annesa è legata ai Decherchi con tutta la sua anima e la sua riconoscenza, specialmente a don Paulo, vedovo con una bambina, su cui tutti gli altri si appoggiano. La malasorte però si accanisce contro i Decherchi che, prossimi alla rovina, sperano che la morte dell'avaro zio Zua, vecchio e infermo, li risollevi con l'eredità. Ma lo zio non muore e i creditori minacciano di vendere la casa e la tanca; don Paulo è sull'orlo del suicidio. Annesa, sola in casa con lo zio Zua, ne anticipa la morte, pensando di salvare così i suoi benefattori dalla rovina. Ma intanto don Paulo ha trovato un prestito per risolvere la situazione e Annesa capisce l'inutilità del suo gesto e l'indegnità di rimanere in quella casa e di sposare don Paulo che glielo ha chiesto. Straziata da un nascosto rimorso, fugge in città a servire e, solo dopo molti anni, quando don Paulo è vecchio e malato, torna a lo sposa, accollandosi il peso della casa malandata, di una suocera seminferma, di una figliastra malaticcia e cattiva. Questa è la silenziosa espiazione di Annesa.
Canne al vento (1913): un singolare romanzo in cui si compenetrano verismo narrativo e inquietudine di cosa soprannaturali. Il servo Efix coltiva il podere delle sorelle Pintor, Ruth, Noemi, ultime discendenti di una nobile famiglia in rovina. Efix è devoto alle tre donne, oltre che per fedeltà di servo, perché si sente responsabile di loro in quanto, molti anni prima, ne ha ucciso involontariamente il padre, don Zante. Nessuno conosce questo segreto, ma esso è chiuso nella coscienza di Efix e lo tormenta con continuo rimorso, finché Giacinto (figlio di Lia, la quarta sorella fuggita di casa), gli fa capire di conoscere quel delitto che gli fu rivelato dalla madre, l’unica che era a conoscenza. Nel cuore del servo si scatena una violenta necessità di espiazione; egli è convinto che i tanti mali che si accaniscono contro la casa Pintor siano causati dall’ira di Dio richiamata dalla sia presenza, e se ne va dalla casa per vivere di elemosine. Ma neanche questa espiazione placa il suo desiderio di penitenza e la sua irrequietezza; ritorna quindi al paese dove tutti credono che sia stato in America. La situazione si è assestata: Ruth è morta, Noemi si sposa col nuovo padrone del podere, Giacinto lavora come mugnaio dopo aver sposato la giovane Grixenda. Sembra che ogni maledizione si sia dissolta e Efix può finalmente morire in pace fra le braccia della vecchia padrona Ester, convinto che in questa vita siamo canne, e la sorte è il vento.
Cosima (1937): è un’affascinante autobiografia della scrittrice, pubblicata postuma; in essa convergono squarci di vita reale e molti elementi di fantasia, o meglio di vita mitica e arcaica della terra di Sardegna, con le superstizioni, le maledizioni e le preghiere della sua genuinità primitiva.
Novelle: ne pubblicò varie raccolte, nel corso di tutta la vita; Nell’azzurro (1890) fu la prima e il Il cedro del Libano (1939, postuma) fu l’ultima.
Nacque a Nuoro nel 1871 da una famiglia benestante. Non seguì studi regolari (non era molto in uso per le fanciulle!), ma lesse molto e si formò una cultura e un gusto letterario leggendo con passione autori italiani e stranieri, soprattutto russi. La sua naturale dote di scrittrice si rivelò nelle prime pubblicazioni di racconti, come Fior di Sardegna (1892), Racconti sardi (1894), Anime oneste (1895) che attirarono l'attenzione dei critici. Nel 1900 si sposò con Palmiro Modesani e si trasferì a Roma dove visse il resto della sua vita dedicandosi alla letteratura con costante impegno e con notevole approfondimento di temi, quali il dramma spirituale dell'uomo in balia delle sue passioni, le ragioni del vivere, la Sardegna con le sue tradizioni e i suoi paesaggi... Nel 1926 ottenne il premio Nobel per la letteratura. Morì nel 1936, dopo lunga e dolorosa malattia.
Le idee e le tematiche:
L'opera delle Deledda rientra nel gusto del Verismo di tipo vergiano, anzi del regionalismo, se si pensa che in quasi tutti i suoi romanzi sono descritti usi, costumi, mentalità e vicende della Sardegna. Dell'isola la scrittrice coglie la varietà dei paesaggi e delle tradizioni; ma approfondisce poi la conoscenza dei caratteri dei personaggi, scavando nel vivo delle coscienze per riflettere sul dramma eterno dell'uomo che lotta con le proprie passioni e con l'ansia di eternità e di purezza. La Deledda ha una concezione religiosa della vita che l'avvicina alle tematiche della narrativa russa (Tolstoj e Dostoevskij), per il senso del peccato, la necessità di espiazione, l'insistenza sulla fragilità dell'uomo; tuttavia le sue opere, che non vengono meno ai canoni veristi, ma li arricchiscono di nuove inquietudini, pongono la scrittrice a fianco anche di esperienze diverse del primo Novecento, come il Decadentismo e il Simbolismo.
Fra le sue opere ricordiamo le seguenti:
Elias Portolu (1903): è uno dei suoi romanzi migliori.
Il giovane Elias, tornato al paese dopo alcuni anni di carcere per una colpa che non ha commesso, fiaccato di animo da questa esperienza, si innamora di Maddalena fidanzata con suo fratello Pietro. Elias non vuole soccombere a questo sentimento e lascia che i due si sposino, mentre egli si indirizza verso il sacerdotizio di cui ha sempre sentito la vocazione. Tuttavia la sua anima, i continuo travaglio, non sa vincere la tentazione di Maddalena che lo ama, ed egli soccombe al peccato, da cui gli nasce un drammatico senso di colpa. Quando il fratello Pietro muore, Elias, che non è ancora ordinato sacerdote, potrebbe sposare Maddalena e riconoscere il figlio Berto nato da lei; continua invece la sua strada come una espiazione. L'amore per la donna si è affievolito, quello per il figlio lo considera un tormento necessario a purificare la sua colpa. Maddalena si sposa di nuovo con Jacopo Farre che si affeziona moltissimo a Berto, gettando nel cuore di Elias il tarlo della gelosia, un nuovo tormento. Soltanto la morte del bambino, sentita come necessario castigo, porta all'anima debole e torturata dal sacerdote un dolore così forte che lo purifica e lo redime.
Cenere (1904): altro romanzo in cui si matura il dramma di creature disperate e colpevoli, in balia dei loro rimorsi e della fatalità oscura della vita.
L'edera (1908): è la storia di Annesa, una trovatella che la nobile famiglia Decherchi ha accolto in casa e allevata. Annesa è legata ai Decherchi con tutta la sua anima e la sua riconoscenza, specialmente a don Paulo, vedovo con una bambina, su cui tutti gli altri si appoggiano. La malasorte però si accanisce contro i Decherchi che, prossimi alla rovina, sperano che la morte dell'avaro zio Zua, vecchio e infermo, li risollevi con l'eredità. Ma lo zio non muore e i creditori minacciano di vendere la casa e la tanca; don Paulo è sull'orlo del suicidio. Annesa, sola in casa con lo zio Zua, ne anticipa la morte, pensando di salvare così i suoi benefattori dalla rovina. Ma intanto don Paulo ha trovato un prestito per risolvere la situazione e Annesa capisce l'inutilità del suo gesto e l'indegnità di rimanere in quella casa e di sposare don Paulo che glielo ha chiesto. Straziata da un nascosto rimorso, fugge in città a servire e, solo dopo molti anni, quando don Paulo è vecchio e malato, torna a lo sposa, accollandosi il peso della casa malandata, di una suocera seminferma, di una figliastra malaticcia e cattiva. Questa è la silenziosa espiazione di Annesa.
Canne al vento (1913): un singolare romanzo in cui si compenetrano verismo narrativo e inquietudine di cosa soprannaturali. Il servo Efix coltiva il podere delle sorelle Pintor, Ruth, Noemi, ultime discendenti di una nobile famiglia in rovina. Efix è devoto alle tre donne, oltre che per fedeltà di servo, perché si sente responsabile di loro in quanto, molti anni prima, ne ha ucciso involontariamente il padre, don Zante. Nessuno conosce questo segreto, ma esso è chiuso nella coscienza di Efix e lo tormenta con continuo rimorso, finché Giacinto (figlio di Lia, la quarta sorella fuggita di casa), gli fa capire di conoscere quel delitto che gli fu rivelato dalla madre, l’unica che era a conoscenza. Nel cuore del servo si scatena una violenta necessità di espiazione; egli è convinto che i tanti mali che si accaniscono contro la casa Pintor siano causati dall’ira di Dio richiamata dalla sia presenza, e se ne va dalla casa per vivere di elemosine. Ma neanche questa espiazione placa il suo desiderio di penitenza e la sua irrequietezza; ritorna quindi al paese dove tutti credono che sia stato in America. La situazione si è assestata: Ruth è morta, Noemi si sposa col nuovo padrone del podere, Giacinto lavora come mugnaio dopo aver sposato la giovane Grixenda. Sembra che ogni maledizione si sia dissolta e Efix può finalmente morire in pace fra le braccia della vecchia padrona Ester, convinto che in questa vita siamo canne, e la sorte è il vento.
Cosima (1937): è un’affascinante autobiografia della scrittrice, pubblicata postuma; in essa convergono squarci di vita reale e molti elementi di fantasia, o meglio di vita mitica e arcaica della terra di Sardegna, con le superstizioni, le maledizioni e le preghiere della sua genuinità primitiva.
Novelle: ne pubblicò varie raccolte, nel corso di tutta la vita; Nell’azzurro (1890) fu la prima e il Il cedro del Libano (1939, postuma) fu l’ultima.