Biografia:
Nacque nella villa Il Caos, a Gigenti (poi Agrigento), nel 1867. Studiò a Palermo nella cui università si iscrisse al corso di Lettere che poi frequentò a Roma e concluse a Bonn, in Germania, dove si laureò nel 1891. A Bonn rimase per un anno dopo la laurea, come lettore di lingua italiana. Tornato a Roma nel 1893 cominciò a frequentare gli ambienti culturali della città e a pubblicare saggi critici sulle riviste più autorevoli del tempo. benché nella capitale imperasse il dannunzianesimo, Pirandello non ne fu suggestionato, anzi fu trattato maggiormente dai canoni veristi di Luigi Capuana, suo caro amico. Nel 1894 si sposò con l'agrigentina Maria Antonietta Portulano, figlia di un socio del padre, e si stabilì definitivamente a Roma dove poco dopo ottenne la cattedra di letteratura italiana e filologia nell'istituto superiore di Magistero. Nel 1903 il crollo della miniera di zolfo nella quale erano stati impiegati i capitali del padre e la dote della moglie, rappresentò per Pirandello un notevole dissesto economico che lo costrinse a lavorare più intensamente (dando lezioni economico che lo costrinse a lavorare più intensamente (dando lezioni di italiano e di tedesco), tanto più che dovette far fronte alla malattia della moglie, sconvolta dall'improvvisa sventura; ella, infatti, cominciò a dare segni sempre più gravi di instabilità mentale, fino a cadere nella vera pazzia per cui nel 1919 fu ricoverata in una clinica. Intanto Luigi Pirandello scriveva, e conduceva una vita monotona e appartata (nella mia vita non c'è niente che meriti di essere rilevato: è tutta interiore), attento al progredire della malattia della moglie, da cui ricavò tanti spunti di riflessioni sulla vita. Scrisse numerose opere specialmente di narrativa fino al 1915, mentre dopo la fine della guerra si dedicò soprattutto al teatro che gli era più congeniale. Nel 1915, quando ormai la sua fama era diffusa in Italia e all'estero, formò la compagnia Teatro dell'Arte di Roma di cui assunse la direzione artistica e con la quale rappresentò i suoi drammi nel mondo; le sue opere erano apprezzate, infatti, non soltanto in tutta l'Europa, ma anche nelle Americhe e in Giappone e nel 1934 gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura. Pirandello morì a Roma il 10 dicembre 1936 in piena attività, mentre scriveva I giganti della montagna (un dramma rimasto incompiuto) e stava preparando la riduzione cinematografica del suo romanzo più famoso, Il fu Mattia Pascal. Il suo funerale si svolse secondo quanto egli stesso aveva chiesto: <<Morto, non mi si vesta. Mi si avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m'accompagni, né amici, né parenti...>>
Ora le sue ceneri riposano ad Agrigento.
Le idee e la poetica
L'arte di Pirandello prende avvio dal Verismo, ma ben presto lo scrittore si rende conto che la realtà non è così univoca e statica da potere essere guardata e descritta con l'obiettività dei veristi, ma è sfaccettata e sfuggente, tanto che ognuno la può interpretare a suo modo, come gli appare o come crede che sia. Anzi, secondo Pirandello, l'uomo non può conoscere neanche sé stesso perché mentre si illude di essere uno si accorge che ognuno degli altri ha di lui una visione diversa e quindi egli finisce per sentirsi centomila; inoltre, per poter assumere un ruolo nella società in cui vive, deve nascondersi sotto una maschera, cioè in un atteggiamento innaturale, formale, che snatura il suo vero io e lo fa sentire nessuno. D'altra parte, se ognuno si nasconde dietro una maschera, è anche impossibile una reale comunicazione fra gli uomini, che si conoscono soltanto convenzionalmente, e ognuno è solo e smarrito nel dramma della incomunicabilità, cioè del vuoto doloroso della vita; spetta all'arte il compito di svelare l'amara e tragica realtà che si cela dietro l'apparenza talora ridicola delle cose. Da questa concezione nasce l'ironia di Pirandello, il suo umorismo triste e amaro, l'atmosfera d'incubo e di follia di molte sue opere e quell'introspezione acuta che spesso sfocia nel paradosso, cioè in una logica fuori del senso comune. Quanto alla lingua, Pirandello, che aveva alle spalle una raffinata formazione filologica (si era laureato proprio con una tesi linguistico filologica!), cercò di non cadere nell'accademismo, ma di adottare una prosa moderna, viva e popolare, non legata né ai dialettismi del Verismo né, tantomeno, alle impennate auliche e fuori del tempo del dannunzianesimo.
Molte sono le sue opere che meriterebbero di essere ricordate; ci limitiamo alle più significative per capire il suo pensiero:
L'esclusa (1893): romanzo in cui già sono evidenti i temi fondamentali dell'arte pirandelliana. E' la storia di una donna cacciata dal marito perché sospettata di adulterio, benché innocente. Sarà riammessa in seno alla famiglia quando l'adulterio lo avrà realmente compiuto. Appare già qui il contrasto fra l'apparenza e realtà, caro a Pirandello.
Il Fu Mattia Pascal (1904): (leggi il riassunto...) è la storia di Mattia Pascal, un modesto uomo che fugge da casa, legge la notizia della sua morte (un cadavere è stato identificato con le sue generalità). Approfitta delle circostanze per rifarsi una vita più libera sotto il nome di Adriano Meis. Purtroppo, la sua libertà è solo fittizia perché egli non può provare la sua esistenza se non prova la sua identità. Per appartenere alla vita bisogna provare con i documenti lo stato anagrafico, l'identità civile (la forma sotto cui si vive) senza i quali Mattia Pascal non esiste e non può lavorare né sposarsi con la donna di cui si è innamorato. Per liberarsi egli finge il suicidio del Meis e torna al suo paese per riprendere la sua identità, la sua maschera. Ma trova la moglie sposata con un altro e quindi, ancora una volta, la sua posizione è quella del rifiuto e dell'esclusione: non gli resta che essere il fu Mattia Pascal e recarsi di tanto in tanto a visitare la sua tomba.
Giustino Roncella nato a Boggiolo (1911): romanzo.
I vecchi e i giovani (1913): romanzo imperniato sul contrasto tra la vecchia generazione, prerisorgimentale, e la nuova, delusa dalla politica dell'ultimo Ottocento.
Uno, nessuno e centomila (1926): romanzo pubblicato a puntate sulla Fiera letteraria. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, entra in crisi quando sua moglie gli fa osservare che il suo naso pende a destra, cosa che egli non aveva mai avvertito. Nasce da questo la consapevolezza che la sua persona si riflette in centomila immagini tutte fallaci: tante quanti sono gli altri che lo osservano e lo considerano sotto un aspetto, una forma o maschera, a loro piacere, ma non del tutto rispondente alla realtà, a quella più intima che il Moscarda sente di sé. Ma essere in centomila equivale ad essere nessuno: ecco perché il protagonista alla fine si abbandona al flusso della vita, senza nessuna voglia di creare un'immagine di sé stesso, abdicando ai sentimenti e alla memoria.
Maschere nude: è la raccolta, in due volumi, di tutto il teatro pirandelliano; ricordiamo alcuni drammi di particolare interesse:
Pensaci Giacomino! (1917), Ma non è una cosa seria (1919), Sei personaggi in cerca d'autore (1921).
Enrico IV (1922): un giovane gentiluomo che impersona Enrico IV di Germania in una festa mascherata a soggetto storico, cade da cavallo, batte la testa e perde il senno. Per dodici anni si crede davvero l'imperatore, ma poi rinvanisce e si rende conto che la sua caduta non fu accidentale, ma provocata dal suo rivale Tito Belcredi, che ha sposato Matilde Spina, la sua innamorata. Tuttavia continua a fingersi Enrico IV perché, ormai vecchio, escluso dalla vita, si illude di fermare il tempo sotto la maschera del personaggio storico. Un giorno giungono al castello i partecipanti a quella mascherata (ormai sono trascorsi vent'anni), guidati da un medico che, con la rievocazione di quella circostanza, vuol fare un tentativo di risanare il pazzo. Quando Enrico vede Matilde ha un impulso di passione, ma ancora di più è soffocato dalla rabbia per la giovinezza che non ha potuto vivere, quando vede Frida, la figlia di Matilde, perfettamente somigliante alla madre vent'anni prima. Enrico va per abbracciare la ragazza e poi si avventa su Belcredi e lo uccide, finalmente attuando la sua vendetta. Ora Enrico si ritrova solo con i servi e riprende la maschera della sua follia non più per libera scelta, ma per sottrarsi alle leggi della società e sfuggire alla giustizia.
Ciascuno a modo suo (1924): continua qui...
Questa sera si recita a soggetto (1930): (continua...)
I giganti della montagna (1934): (leggi la trama) commedia incompiuta.
Novelle per un anno (1939): raccolta completa delle novelle scritte e pubblicate in epoche diverse.