di Giovanni Pascoli
Parafrasi:
O uomini se guardo nel vostro animo, cresce lo spavento nel mio cuore. Io vi vedo immersi nel vento eterno prodotto dal movimento degli astri col capo in giti, sospesi nel vuoto.
Voi non siete come gli alberi del bosco che si aggrappano alla terra con le radici, né siete il mare, trattenuto nelle cavità terrestri da una forza contraria, dal soffio eterno che scende dal cielo.
Ma chi trattiene a voi i piedi sulla terra? A questo voi non pensate, perché andate con gli occhi e il cuore fissi ai vostri meschini interessi, fissi alla terra, a questo informe pianeta spento rotolante nel vuoto, che vi porta all'oblio, cioè a negare la vostra precaria condizione di esseri non eretti, diritti, ma penduli.
Ma che provate quando guardate l'abisso, in fondo al quale lontano lontano luccica Vega (la stella della costellazione della Lira)? Allora vi si scopre la realtà della vostra misera condizione.
Io, tutte le volte che guardo nel vuoto, mi afferro istintivamente a una rupe, a un albero, a uno stelo, a un filo d'erba, a un nulla, per non precipitare nel vuoto.
Parafrasi:
O uomini se guardo nel vostro animo, cresce lo spavento nel mio cuore. Io vi vedo immersi nel vento eterno prodotto dal movimento degli astri col capo in giti, sospesi nel vuoto.
Voi non siete come gli alberi del bosco che si aggrappano alla terra con le radici, né siete il mare, trattenuto nelle cavità terrestri da una forza contraria, dal soffio eterno che scende dal cielo.
Ma chi trattiene a voi i piedi sulla terra? A questo voi non pensate, perché andate con gli occhi e il cuore fissi ai vostri meschini interessi, fissi alla terra, a questo informe pianeta spento rotolante nel vuoto, che vi porta all'oblio, cioè a negare la vostra precaria condizione di esseri non eretti, diritti, ma penduli.
Ma che provate quando guardate l'abisso, in fondo al quale lontano lontano luccica Vega (la stella della costellazione della Lira)? Allora vi si scopre la realtà della vostra misera condizione.
Io, tutte le volte che guardo nel vuoto, mi afferro istintivamente a una rupe, a un albero, a uno stelo, a un filo d'erba, a un nulla, per non precipitare nel vuoto.