Le decisioni della conferenza di Ginevra del 1954, che prevedevano una consultazione popolare per la riunificazione del Vietnam, non furono gradite agli Americani, che infatti non dettero il proprio consenso formale agli accordi. Le elezioni, che avrebbero dovuto ricostituire l’unità del Paese, in realtà non si tennero e si formarono invece due entità statali separate: a nord una repubblica popolare retta da Ho Chi Minh, con capitale Hanoi; a sud uno Stato (con capitale Saigon) direttamente controllato dagli Usa, sotto il regime dittatoriale di Ngo Dinh Diem. Di fatto gli Usa si preparavano a porre il Vietnam del Sud sotto la propria protezione, in funzione anticomunista, dato che il Vietnam del Nord si trovava ormai sotto il controllo dell’Unione Sovietica e della Cina.
Il governo di Diem, che secondo gli Americani avrebbe dovuto opporsi alla minaccia comunista, si rivelò corrotto e totalmente inadeguato e dette origine a una forte opposizione nel Paese, portata avanti in primo luogo dai comunisti del Sud (i vietcong) e sostenuta dal Vietnam del Nord. Da questa situazione ebbe origine l’invio dei primi aiuti economici e militari a Saigon da parte del governo Kennedy.
La guerriglia fra vietcong e forze sudvietnamite si trasformò ben presto in una guerra civile, che comportò un crescente intervento delle forze statunitensi, passate dai 15.000 uomini del 1961 ai 125.000 dell’estate 1965 e ai più di 400.000 di due anni dopo, con una vera e propria escalation. L’intervento nel Vietnam economicamente molto gravoso e senza risultati militari decisivi suscitò contestazioni all'interno della stessa società americana e condusse a una crescente impopolarità del presidente Johnson, che nel 1968 decise di rinunciare a una nuova candidatura, a causa soprattutto della grave perdita di prestigio degli Stati Uniti nel mondo.
Il ritiro degli Usa e l’epilogo della guerra in Vietnam
A caratterizzare la presidenza di Nixon, al suo secondo mandato dal 1972, fu infine il fermo proposito di ritirare le truppe americane dal Vietnam. Anche sulla spinta dell’aperta condanna da parte dell’opinione pubblica mondiale e della stessa popolazione americana, decisamente avversa a quella che veniva ormai definita la sporca guerra, Nixon intraprese la via dell’accordo, che venne raggiunto a Parigi nel gennaio 1973. In base a esso gli Stati Uniti ritiravano le proprie forze, sospendevano gli aiuti militari a Saigon e lasciavano ai due Vietnam il compito della definitiva pacificazione. Malgrado il ritiro delle ultime truppe americane (marzo 1973), che tra l’altro segnava la prima grave sconfitta nella storia degli Usa, il conflitto fra i due Vietnam si protrasse ancora. Gli scontri portarono, nell’aprile 1975, alla caduta del governo di Saigon e alla riunificazione di tutto il Vietnam sotto il governo comunista di Hanoi. La nascita della Repubblica socialista del Vietnam (25 aprile 1976) poneva fine a una guerra che aveva provocato immense distruzioni materiali, la morte di un milione di Nord-vietnamiti e di vietcong, di 250.000 Sud-vietnamiti, di 56.000 Americani e un numero incalcolabile di civili scomparsi.
Il Vietnam invade la Cambogia
Intanto nel Sud-est asiatico la fine del conflitto vietnamita non coincise con la pacificazione dell’area: nel 1979 infatti il Vietnam entrò in guerra con la confinante Cambogia, retta da una feroce dittatura comunista appoggiata dalla Cina e quella dei Khmer rossi guidati a Pol Pot.
Il regime di Pol Pot, tra il 1976 e il 1978, aveva portato a compimento uno dei più feroci esperimenti di estirpare dal Paese ogni residuo occidentale, Pol Pot arrivò a sterminare centinaia di migliaia di oppositori e a provocare la morte per fame e stenti di circa un milione e mezzo di cittadini. Il Vietnam, che considerava il regime di Pol Pot, un ostacolo ai propri piani di espansione in Indocina, nel dicembre 1978 invase la Cambogia, instaurando nel gennaio 1979 un governo amico e rovesciando quello dei Khmer rossi. All’arrivo delle truppe vietnamite la situazione in cui si trovava la Cambogia era disperata. Con fanatica meticolosità i Khmer rossi avevano spopolato le città e costretto la popolazione urbana al lavoro forzato nelle campagne, massacrando chiunque non condividesse la loro opinione e chiunque sapesse leggere e scrivere, poiché ritenuto pericoloso in vista dell’instaurazione di una società completamente nuova e radicalmente priva di memoria del passato. I templi buddisti, le biblioteche e altre sedi di istituzioni furono distrutte, nell'intento di cancellare la vecchia società e di sostituirla con il nuovo modello fondato sul comunismo agrario. Abolita la moneta e ridotti gli scambi al baratto, distrutto il sistema dell’istruzione e della sanità, interrotta ogni via di comunicazione e di trasporto, il Paese aveva un aspetto spettrale, ovunque disseminato dalle macabre fosse comuni in cui venivano accatastati i cadaveri delle migliaia di vittime del regime
La fine della guerra e l’emergere di un nuovo ruolo dell’Asia
Le truppe vietnamite si ritireranno dalla Cambogia soltanto nel 1988, in seguito alla meditazione dell’Onu e grazie al miglioramento dei rapporti tra Urss e Cina. Finiva così un conflitto che aveva provocato un milione di morti. A proposito di questa vicenda, c’è che ha osservato che il Vietnam aveva vinto la guerra, ma aveva perso la pace, a causa della via seguita per la propria ricostruzione: una strada basata sull'aggressione espansionistica, che stravolse e soffocò persino molti degli ideali che pure avevano ispirato la lotta contro gli Stati Uniti. Una cosa risultava ben chiara tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta: l’Asia, ormai in pieno fermento, si era sottratta al controllo politico e militare americano e seguiva logiche proprie, non più coincidenti con gli interessi politici delle due superpotenze.
Il governo di Diem, che secondo gli Americani avrebbe dovuto opporsi alla minaccia comunista, si rivelò corrotto e totalmente inadeguato e dette origine a una forte opposizione nel Paese, portata avanti in primo luogo dai comunisti del Sud (i vietcong) e sostenuta dal Vietnam del Nord. Da questa situazione ebbe origine l’invio dei primi aiuti economici e militari a Saigon da parte del governo Kennedy.
La guerriglia fra vietcong e forze sudvietnamite si trasformò ben presto in una guerra civile, che comportò un crescente intervento delle forze statunitensi, passate dai 15.000 uomini del 1961 ai 125.000 dell’estate 1965 e ai più di 400.000 di due anni dopo, con una vera e propria escalation. L’intervento nel Vietnam economicamente molto gravoso e senza risultati militari decisivi suscitò contestazioni all'interno della stessa società americana e condusse a una crescente impopolarità del presidente Johnson, che nel 1968 decise di rinunciare a una nuova candidatura, a causa soprattutto della grave perdita di prestigio degli Stati Uniti nel mondo.
Il ritiro degli Usa e l’epilogo della guerra in Vietnam
A caratterizzare la presidenza di Nixon, al suo secondo mandato dal 1972, fu infine il fermo proposito di ritirare le truppe americane dal Vietnam. Anche sulla spinta dell’aperta condanna da parte dell’opinione pubblica mondiale e della stessa popolazione americana, decisamente avversa a quella che veniva ormai definita la sporca guerra, Nixon intraprese la via dell’accordo, che venne raggiunto a Parigi nel gennaio 1973. In base a esso gli Stati Uniti ritiravano le proprie forze, sospendevano gli aiuti militari a Saigon e lasciavano ai due Vietnam il compito della definitiva pacificazione. Malgrado il ritiro delle ultime truppe americane (marzo 1973), che tra l’altro segnava la prima grave sconfitta nella storia degli Usa, il conflitto fra i due Vietnam si protrasse ancora. Gli scontri portarono, nell’aprile 1975, alla caduta del governo di Saigon e alla riunificazione di tutto il Vietnam sotto il governo comunista di Hanoi. La nascita della Repubblica socialista del Vietnam (25 aprile 1976) poneva fine a una guerra che aveva provocato immense distruzioni materiali, la morte di un milione di Nord-vietnamiti e di vietcong, di 250.000 Sud-vietnamiti, di 56.000 Americani e un numero incalcolabile di civili scomparsi.
Il Vietnam invade la Cambogia
Intanto nel Sud-est asiatico la fine del conflitto vietnamita non coincise con la pacificazione dell’area: nel 1979 infatti il Vietnam entrò in guerra con la confinante Cambogia, retta da una feroce dittatura comunista appoggiata dalla Cina e quella dei Khmer rossi guidati a Pol Pot.
Il regime di Pol Pot, tra il 1976 e il 1978, aveva portato a compimento uno dei più feroci esperimenti di estirpare dal Paese ogni residuo occidentale, Pol Pot arrivò a sterminare centinaia di migliaia di oppositori e a provocare la morte per fame e stenti di circa un milione e mezzo di cittadini. Il Vietnam, che considerava il regime di Pol Pot, un ostacolo ai propri piani di espansione in Indocina, nel dicembre 1978 invase la Cambogia, instaurando nel gennaio 1979 un governo amico e rovesciando quello dei Khmer rossi. All’arrivo delle truppe vietnamite la situazione in cui si trovava la Cambogia era disperata. Con fanatica meticolosità i Khmer rossi avevano spopolato le città e costretto la popolazione urbana al lavoro forzato nelle campagne, massacrando chiunque non condividesse la loro opinione e chiunque sapesse leggere e scrivere, poiché ritenuto pericoloso in vista dell’instaurazione di una società completamente nuova e radicalmente priva di memoria del passato. I templi buddisti, le biblioteche e altre sedi di istituzioni furono distrutte, nell'intento di cancellare la vecchia società e di sostituirla con il nuovo modello fondato sul comunismo agrario. Abolita la moneta e ridotti gli scambi al baratto, distrutto il sistema dell’istruzione e della sanità, interrotta ogni via di comunicazione e di trasporto, il Paese aveva un aspetto spettrale, ovunque disseminato dalle macabre fosse comuni in cui venivano accatastati i cadaveri delle migliaia di vittime del regime
La fine della guerra e l’emergere di un nuovo ruolo dell’Asia
Le truppe vietnamite si ritireranno dalla Cambogia soltanto nel 1988, in seguito alla meditazione dell’Onu e grazie al miglioramento dei rapporti tra Urss e Cina. Finiva così un conflitto che aveva provocato un milione di morti. A proposito di questa vicenda, c’è che ha osservato che il Vietnam aveva vinto la guerra, ma aveva perso la pace, a causa della via seguita per la propria ricostruzione: una strada basata sull'aggressione espansionistica, che stravolse e soffocò persino molti degli ideali che pure avevano ispirato la lotta contro gli Stati Uniti. Una cosa risultava ben chiara tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta: l’Asia, ormai in pieno fermento, si era sottratta al controllo politico e militare americano e seguiva logiche proprie, non più coincidenti con gli interessi politici delle due superpotenze.