di Giovanni Verga
Riassunto, analisi, commento
Il breve testo, che apre la novella L’amante di Gramigna, si presenta come una lettera indirizzata all’amico Salvatore Farina: quest’ultimo era il direttore della Rivista minima, il periodico sul quale nel febbraio del 1880 la novella fu pubblicata, con il titolo originario di L’amante di Raja. Siamo di fronte alla pagina di poetica più concentrata e rivelatrice dell’intera produzione di Verga, il primo manifesto teorico del suo Verismo.
Temi: lo sforzo della letteratura di aderire alla realtà, l’opportunità che la scrittura letteraria sia impersonale, l’attenzione costante alle dinamiche psicologiche.
Anno: 1880.
Ripercorriamo il testo:
La prefazione sviluppa tre concetti essenziali, che costituiscono il cardine del Verismo verghiano:
- la necessità che la letteratura aderisca alla realtà, così da riprodurre il fatto nudo e schietto, il semplice fatto umano che, scrive Verga, avrà sempre l’efficacia dell’essere stato;
- la necessità che lo scrittore sia il più oggettivo e impersonale possibile, in modo che l’opera, scrive Verga, sembrerà essersi fatta da sé;
- la persistente attenzione alle dinamiche psicologiche del cuore: lo scrittore verista non abbandona l’indagine sui moventi psicologici e affettivi; solo, si sforza di studiarli con scrupolo scientifico.
Spiegazione
L’adesione al Naturalismo non significa ancora, per Verga, che l’autore debba realmente scomparire. Sarà Pirandello, qualche decennio più tardi, a teorizzare un’opera d’arte che si fa senza il proprio autore. Verga, per ora, teorizza non la poetica dell’assenza dell’autore, ma quella del nascondimento dell’autore. Il suo ruolo è quello di rientrare perfettamente all’interno della propria opera, osservare le cose con ottica stessa dei suoi personaggi, parlare come parlano i personaggi. Verga auspica insomma che il narratore abbandoni la lente dello scrittore, che nell’ottica verista è una lente sempre deformante: essa introduce infatti un indebito elemento soggettivo in quella che dev’essere, invece, imparziale e oggettiva riproduzione della realtà.
Siamo nella prima fase del Verga verista, quella in cui ancora poneva in primo piano lo studio della primordiale vita emotiva dei suoi personaggi; perciò egli dedica qui tanta attenzione al gran libro del cuore. Lo studio delle dinamiche economiche e sociali assumerà maggiore importanza solo nella successiva produzione verghiana. Per adesso l’argomento privilegiato rimane la vita dei sentimenti e delle passioni, come già era stato per i romantici; ciò che cambia è che l’analisi moderna si studia di seguire quelle passioni con scrupolo scientifico e senza pregiudizi di carattere contenutistico o ideologico.
Analisi del testo
Il primo concetto che Verga afferma in questa pagina è l’esigenza di un realismo di stampo nuovo, scientifico, ispirato ai criteri della cultura positivistica. L’arte, dice Verga, deve diventare un documento umano, come si era espresso Zola.
La prefazione contiene un’importante precisazione sul metodo che Verga intende perseguire in campo letterario. L’obiettivo del vero implica infatti il nascondimento dell’autore. La mano dell’artista, scrive Verga, deve rimanere assolutamente invisibile; solo allora il romanzo avrà l’impronta dell’avvenimento reale, solo allora l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé.
Un obiettivo del Verismo, dice Verga, è indagare nel gran libro del cuore; ma dovrà studiarlo e seguirne gli sviluppi con scrupolo scientifico.
La nuova posizione dell’autore, teorizzata in questa lettera-prefazione, non può non avere riflessi in relazione al linguaggio e allo stile.
Il testo contiene alcune espressioni che appartengono al nuovo linguaggio della cultura positivistica e del Naturalismo letterario.
Verga esordì in campo letterario senza applicare subito il nuovo metodo esposto nella lettera a Salvatore Farina.