Riassunto:
Dopo la guerra tra Iran e Iraq, scoppiata nel 1980 e conclusasi nel 1988, il Medio Oriente fu al centro di un nuovo conflitto. Nell'agosto 1990 l'Iraq di Saddam Hussein invase infatti il piccolo emirato del Kuwait, con una manovra di carattere espansionistico finalizzata ad acquisire il controllo delle ricchezze petrolifere del Paese vicino e a ottenere uno sbocco più ampio sul Golfo Persico.
L'annessione del Kuwait all'Iraq scatenò una immediata reazione nei Paesi occidentali come in molti Paesi arabi: a motivarla era da una parte la rilevante produzione petrolifera del Paese aggredito, dall'altra il generale interesse a preservare la sicurezza dell'Onu chiese l'immediato ritiro delle truppe irachene, mentre Usa e Urss condannavano congiuntamente l'invasione. Pochi giorni dopo, l'Onu proclamava l'embargo commerciale contro l'Iraq, vietando in particolare l'acquisto del suo petrolio; intanto il prezzo del greggio iniziava a crescere vertiginosamente. A quel punto si costituì un'ampia coalizione antirachena, che comprendeva la maggior parte dei Paesi Occidentali (fra cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Canada), ma anche l'Arabia Saudita e gli Stati arabi del Golfo, l'Egitto, la Siria, il Marocco, l'Afghanistan, il Pakistan, il Bangladesh. Alla richiesta di aiuto da parte dell'Iraq aderirono invece il Sudan, la Libia, l'Algeria e l'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina). Il mondo arabo e islamico si era così spaccato in due fronti.
Una risoluzione del Consiglio di sicurezza, approvata il 29 novembre 1990 con il voto favorevole dell'Unione Sovietica, autorizzava la coalizione a usare la forza se l'Iraq non si fosse ritirato dal Kuwait. Fallito ogni tentativo di soluzione diplomatica, il 17 gennaio 1991, iniziarono le operazioni di guerra.
La guerra contro l'Iraq
La coalizione, nata sotto l'egida dell'Onu e guidata militarmente dagli Stati Uniti, dette il via all'operazione Desert Storm (Tempesta nel deserto), che iniziò con una massiccia campagna aerea contro Baghdad e i territori circostanti. Saddam Hussein rispose lanciando missili balistici Scud-B contro alcune città israeliane e saudite: proponendosi come il paladino della causa palestinese contro il nemico sionista, Saddam Hussein tentava di allargare il conflitto all'intera area mediorientale. Tuttavia Israele, che non faceva parte della coalizione antirachena, non entrò in guerra.
Con 15.000 incursioni aeree sull'Iraq in appena otto giorni e l'incendio dei pozzi petroliferi da parte del governo iracheno, il conflitto assunse subito caratteristiche drammatiche. Dopo altre quattro settimane di bombardamenti, cominciò la fase terrestre dell'operazione Desert Storm, che costrinse il governo di Baghdad alla resa (28 febbraio 1991) e consentì la liberazione del Kuwait dall'occupazione irachena. L'emirato tornò indipendente, mentre il regime di Saddam Hussein, che sembrava destinato a cadere, rimase invece in piedi perché le truppe della coalizione rinunciarono a proseguire fino a Baghdad, in ossequio al mandato dell'Onu.
Le conseguenze della guerra
La Guerra lampo nel Golfo aveva causato un contenuto numero di vittime statunitensi e decine di migliaia di morti, molti dei quali civili, tra gli iracheni; aveva avuto elevati costi finanziari, sostenuti dalle principali potenze occidentali e da alcuni Paesi arabi; aveva comportato danni assai rilevanti a causa della mancata produzione petrolifera e delle distruzioni belliche, oltre a disastri ambientali enormi.
Le conseguenze della guerra furono drammatiche per l'Iraq, al quale non venne revocato l'embargo deciso dall'Onu nell'agosto del 1990.
Questo embargo privò l'Iraq delle elementari risorse per sopravvivere e causò circa mezzo milioni di morti per fame e malattie tra la popolazione.
Sul piano politico la guerra fu un disastro per il dittatore Saddam Hussein, che non aveva raggiunto nessuno degli obiettivi egemonici prefissati e aveva invece condannato il suo popolo agli stenti e alla guerra.
Dopo la guerra tra Iran e Iraq, scoppiata nel 1980 e conclusasi nel 1988, il Medio Oriente fu al centro di un nuovo conflitto. Nell'agosto 1990 l'Iraq di Saddam Hussein invase infatti il piccolo emirato del Kuwait, con una manovra di carattere espansionistico finalizzata ad acquisire il controllo delle ricchezze petrolifere del Paese vicino e a ottenere uno sbocco più ampio sul Golfo Persico.
L'annessione del Kuwait all'Iraq scatenò una immediata reazione nei Paesi occidentali come in molti Paesi arabi: a motivarla era da una parte la rilevante produzione petrolifera del Paese aggredito, dall'altra il generale interesse a preservare la sicurezza dell'Onu chiese l'immediato ritiro delle truppe irachene, mentre Usa e Urss condannavano congiuntamente l'invasione. Pochi giorni dopo, l'Onu proclamava l'embargo commerciale contro l'Iraq, vietando in particolare l'acquisto del suo petrolio; intanto il prezzo del greggio iniziava a crescere vertiginosamente. A quel punto si costituì un'ampia coalizione antirachena, che comprendeva la maggior parte dei Paesi Occidentali (fra cui Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Canada), ma anche l'Arabia Saudita e gli Stati arabi del Golfo, l'Egitto, la Siria, il Marocco, l'Afghanistan, il Pakistan, il Bangladesh. Alla richiesta di aiuto da parte dell'Iraq aderirono invece il Sudan, la Libia, l'Algeria e l'Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina). Il mondo arabo e islamico si era così spaccato in due fronti.
Una risoluzione del Consiglio di sicurezza, approvata il 29 novembre 1990 con il voto favorevole dell'Unione Sovietica, autorizzava la coalizione a usare la forza se l'Iraq non si fosse ritirato dal Kuwait. Fallito ogni tentativo di soluzione diplomatica, il 17 gennaio 1991, iniziarono le operazioni di guerra.
La guerra contro l'Iraq
La coalizione, nata sotto l'egida dell'Onu e guidata militarmente dagli Stati Uniti, dette il via all'operazione Desert Storm (Tempesta nel deserto), che iniziò con una massiccia campagna aerea contro Baghdad e i territori circostanti. Saddam Hussein rispose lanciando missili balistici Scud-B contro alcune città israeliane e saudite: proponendosi come il paladino della causa palestinese contro il nemico sionista, Saddam Hussein tentava di allargare il conflitto all'intera area mediorientale. Tuttavia Israele, che non faceva parte della coalizione antirachena, non entrò in guerra.
Con 15.000 incursioni aeree sull'Iraq in appena otto giorni e l'incendio dei pozzi petroliferi da parte del governo iracheno, il conflitto assunse subito caratteristiche drammatiche. Dopo altre quattro settimane di bombardamenti, cominciò la fase terrestre dell'operazione Desert Storm, che costrinse il governo di Baghdad alla resa (28 febbraio 1991) e consentì la liberazione del Kuwait dall'occupazione irachena. L'emirato tornò indipendente, mentre il regime di Saddam Hussein, che sembrava destinato a cadere, rimase invece in piedi perché le truppe della coalizione rinunciarono a proseguire fino a Baghdad, in ossequio al mandato dell'Onu.
Le conseguenze della guerra
La Guerra lampo nel Golfo aveva causato un contenuto numero di vittime statunitensi e decine di migliaia di morti, molti dei quali civili, tra gli iracheni; aveva avuto elevati costi finanziari, sostenuti dalle principali potenze occidentali e da alcuni Paesi arabi; aveva comportato danni assai rilevanti a causa della mancata produzione petrolifera e delle distruzioni belliche, oltre a disastri ambientali enormi.
Le conseguenze della guerra furono drammatiche per l'Iraq, al quale non venne revocato l'embargo deciso dall'Onu nell'agosto del 1990.
Questo embargo privò l'Iraq delle elementari risorse per sopravvivere e causò circa mezzo milioni di morti per fame e malattie tra la popolazione.
Sul piano politico la guerra fu un disastro per il dittatore Saddam Hussein, che non aveva raggiunto nessuno degli obiettivi egemonici prefissati e aveva invece condannato il suo popolo agli stenti e alla guerra.