Come ebbe inizio
Lo scontro etnico nella ex Iugoslavia non si concluse con la soluzione della vicenda bosniaca, ma conobbe un'ulteriore deriva nel territorio del Kosovo, regione della Serbia che aveva goduto di una certa autonomia sotto il regime di Tito e dove la maggioranza della popolazione (oltre l'80%) era di religione musulmana e di etnia albanese.
Il leader serbo Milosevic, che considerava il Kosovo un territorio sacro per i Serbi, tolse alla regione la propria autonomia: quando, nel 1990, il Kosovo si autoproclamò repubblica indipendente, Belgrado sciolse d'autorità il locale Parlamento.
A quel punto gli Albanesi del Kosovo elessero un nuovo Parlamento e, subito dopo, ebbero inizio le prime sanguinose azioni terroristiche dell'esercito di liberazione del Kosovo (Uck), che provocarono una durissima repressione da parte delle forze serbe e l'inizio di una sanguinosa guerra civile. Nel febbraio 1998 i bombardamenti serbi richiamarono l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale, mentre migliaia di persone, per sfuggire alla morte, lasciarono le loro case e molte giunsero in Albania, Grecia, Macedonia. Nell'autunno dello stesso anno la Nato minacciava Milosevic di bombardare la Serbia, qualora non si fossero fermate le operazioni di pulizia etnica contro i Kosovari Albanesi.
L'intervento della Nato e la fine della guerra
Dopo il fallimento di un tentativo di soluzione diplomatica alla crisi, la Nato decise di intervenire militarmente (attraverso bombardamenti su bersagli militari in Serbia e Kosovo), con l'intento umanitario di salvare la popolazione civile del Kosovo da deportazioni e stragi di massa. Dopo 78 giorni dall'intervento militare si raggiunse un accordo, che metteva fine alla guerra e che imponeva alla Serbia di ritirare le truppe e di riconoscere la presenza in Kosovo di un contingente militare composto da forze Nato e russe, sotto il controllo dell'Onu, al fine di garantire il ripristino delle normali condizioni di vita della regione. Il Kosovo restava però un'area di tensione, tenuta a freno soltanto dalla presenza di migliaia di soldati del contingente Nato sotto l'egida dell'Onu.
Il 28 giugno 2001 Milosevic fu consegnato al Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Iugoslavia per essere processato. L'11 marzo 2006 egli però fu trovato morto, in circostanze mai chiarite, nella sua cella del carcere dell'Aia. La morte di Milosevic precedette di qualche mese la data presumibile della conclusione del processo a suo carico; nel marzo 2006 il Tribunale ha ufficialmente estinto l'azione penale e ha chiuso senza una sentenza il più importante processo per il quale era stato istituito.
Lo scontro etnico nella ex Iugoslavia non si concluse con la soluzione della vicenda bosniaca, ma conobbe un'ulteriore deriva nel territorio del Kosovo, regione della Serbia che aveva goduto di una certa autonomia sotto il regime di Tito e dove la maggioranza della popolazione (oltre l'80%) era di religione musulmana e di etnia albanese.
Il leader serbo Milosevic, che considerava il Kosovo un territorio sacro per i Serbi, tolse alla regione la propria autonomia: quando, nel 1990, il Kosovo si autoproclamò repubblica indipendente, Belgrado sciolse d'autorità il locale Parlamento.
A quel punto gli Albanesi del Kosovo elessero un nuovo Parlamento e, subito dopo, ebbero inizio le prime sanguinose azioni terroristiche dell'esercito di liberazione del Kosovo (Uck), che provocarono una durissima repressione da parte delle forze serbe e l'inizio di una sanguinosa guerra civile. Nel febbraio 1998 i bombardamenti serbi richiamarono l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale, mentre migliaia di persone, per sfuggire alla morte, lasciarono le loro case e molte giunsero in Albania, Grecia, Macedonia. Nell'autunno dello stesso anno la Nato minacciava Milosevic di bombardare la Serbia, qualora non si fossero fermate le operazioni di pulizia etnica contro i Kosovari Albanesi.
L'intervento della Nato e la fine della guerra
Dopo il fallimento di un tentativo di soluzione diplomatica alla crisi, la Nato decise di intervenire militarmente (attraverso bombardamenti su bersagli militari in Serbia e Kosovo), con l'intento umanitario di salvare la popolazione civile del Kosovo da deportazioni e stragi di massa. Dopo 78 giorni dall'intervento militare si raggiunse un accordo, che metteva fine alla guerra e che imponeva alla Serbia di ritirare le truppe e di riconoscere la presenza in Kosovo di un contingente militare composto da forze Nato e russe, sotto il controllo dell'Onu, al fine di garantire il ripristino delle normali condizioni di vita della regione. Il Kosovo restava però un'area di tensione, tenuta a freno soltanto dalla presenza di migliaia di soldati del contingente Nato sotto l'egida dell'Onu.
Il 28 giugno 2001 Milosevic fu consegnato al Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Iugoslavia per essere processato. L'11 marzo 2006 egli però fu trovato morto, in circostanze mai chiarite, nella sua cella del carcere dell'Aia. La morte di Milosevic precedette di qualche mese la data presumibile della conclusione del processo a suo carico; nel marzo 2006 il Tribunale ha ufficialmente estinto l'azione penale e ha chiuso senza una sentenza il più importante processo per il quale era stato istituito.