Alberto Moravia (Roma 1907-1990) è lo pseudonimo di Alberto Pincherle, autore di una vasta produzione di romanzi e racconti.
Una grave malattia, la tubercolosi ossea, gli impedisce di svolgere studi regolari. Nei lunghi periodi trascorsi in sanatorio legge moltissimi autori antichi e moderni approfondendo da autodidatta la propria cultura.
Pubblica ad appena 22 anni il suo primo romanzo, Gli indifferenti, che gli procura un grande successo di critica.
Poco dopo inizia la sua lunga attività giornalistica che lo porta a viaggiare in tutto il mondo, attività che gli viene proibita dal regime fascista in quanto figlio di un ebreo. Ripresa pienamente la sua attività di romanziere, offre il meglio di sé nelle opere ispirate alla corrente letteraria del Neorealismo, di cui è considerato uno dei fondatori, nelle quali racconta le lotte per la sopravvivenza e le inquietudini della società italiana del secondo dopoguerra.
Continua a pubblicare sia libri sia articoli di viaggio e di commento su giornali e riviste fino alla morte avvenuta a Roma nel 1990.
Dopo Gli indifferenti, che dava un critico quadro della buona borghesia romana nel ventennio fascista, Moravia pubblica numerosi romanzi di success, fra i quali Agostino (1944), La romana (1947), Il conformista (1951), La ciociara (1957) e La noia (1960). In questi, come nelle raccolte di racconti Racconti romani (1954) e Nuovi Racconti romani (1959) rappresenta la società italiana del tempo della guerra e della ricostruzione, con le sue miserie, le sue speranze, le sue lotte per la sopravvivenza quotidiana, i suoi personaggi spesso resi cattivi dalla durezza della vita.
Moravia e il proletariato urbano
I Racconti romani e i Nuovi racconti romani sono le opere in cui meglio si esprime il realismo di Moravia, cioè l’intento di rappresentare la realtà storica e sociale del suo tempo. Moravia descrive la vita del dopoguerra nelle borgate di Roma dove bottega, ladruncoli, camerieri, pataccari, operai… vivono con difficoltà, con magri proventi o, disoccupati, sono alla continua ricerca di un lavoro, di una raccomandazione, di un mezzo qualsiasi per campare alla giornata.
La condizione di precarietà e l’indifferenza del mondo esterno li dispensa dal guardare oltre l’immediato vantaggio.
I racconti, affreschi di vita semplice, veloci sceneggiature in sé concluse, possiedono una chiarezza e una vivacità che li rende piacevolmente leggibili.
Il linguaggio
Vivace e concreto è anche il linguaggio di Moravia che, sebbene gergale, non è dialettale, ma un italiano colorito di espressioni e modi sintattici romaneschi.
Una grave malattia, la tubercolosi ossea, gli impedisce di svolgere studi regolari. Nei lunghi periodi trascorsi in sanatorio legge moltissimi autori antichi e moderni approfondendo da autodidatta la propria cultura.
Pubblica ad appena 22 anni il suo primo romanzo, Gli indifferenti, che gli procura un grande successo di critica.
Poco dopo inizia la sua lunga attività giornalistica che lo porta a viaggiare in tutto il mondo, attività che gli viene proibita dal regime fascista in quanto figlio di un ebreo. Ripresa pienamente la sua attività di romanziere, offre il meglio di sé nelle opere ispirate alla corrente letteraria del Neorealismo, di cui è considerato uno dei fondatori, nelle quali racconta le lotte per la sopravvivenza e le inquietudini della società italiana del secondo dopoguerra.
Continua a pubblicare sia libri sia articoli di viaggio e di commento su giornali e riviste fino alla morte avvenuta a Roma nel 1990.
Dopo Gli indifferenti, che dava un critico quadro della buona borghesia romana nel ventennio fascista, Moravia pubblica numerosi romanzi di success, fra i quali Agostino (1944), La romana (1947), Il conformista (1951), La ciociara (1957) e La noia (1960). In questi, come nelle raccolte di racconti Racconti romani (1954) e Nuovi Racconti romani (1959) rappresenta la società italiana del tempo della guerra e della ricostruzione, con le sue miserie, le sue speranze, le sue lotte per la sopravvivenza quotidiana, i suoi personaggi spesso resi cattivi dalla durezza della vita.
Moravia e il proletariato urbano
I Racconti romani e i Nuovi racconti romani sono le opere in cui meglio si esprime il realismo di Moravia, cioè l’intento di rappresentare la realtà storica e sociale del suo tempo. Moravia descrive la vita del dopoguerra nelle borgate di Roma dove bottega, ladruncoli, camerieri, pataccari, operai… vivono con difficoltà, con magri proventi o, disoccupati, sono alla continua ricerca di un lavoro, di una raccomandazione, di un mezzo qualsiasi per campare alla giornata.
La condizione di precarietà e l’indifferenza del mondo esterno li dispensa dal guardare oltre l’immediato vantaggio.
I racconti, affreschi di vita semplice, veloci sceneggiature in sé concluse, possiedono una chiarezza e una vivacità che li rende piacevolmente leggibili.
Il linguaggio
Vivace e concreto è anche il linguaggio di Moravia che, sebbene gergale, non è dialettale, ma un italiano colorito di espressioni e modi sintattici romaneschi.