Riassunto:
La fine della divisione dell'Europa fra Est e Ovest, con la conseguente riunificazione delle due Germanie, aveva aperto alla Comunità europea nuove prospettive. In questo contesto, promettente anche se problematico, tra il 1989 e il 1990 la Comunità europea riuscì a compiere importanti passi avanti in direzione dell'unione economica e politica.
Un fondamentale passo venne compiuto il 7 febbraio 1992 con il trattato firmato a Maastricht (Olanda) ed entrato in vigore il 1° Novembre 1993, dopo una serie di referendum nazionali indetti dagli Stati aderenti e risoltosi positivamente (con la sola eccezione della Norvegia).
Con il trattato di Maastricht si dava vita a una nuova realtà politica ed economica che venne definita Unione europea. I principali organi attraverso cui l'Unione europea avrebbe esercitato le proprie attività erano il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea, la Commissione europea e la Corte di giustizia.
Il trattato di Maastricht si poneva come obiettivo da raggiungere entro il 1999 la creazione di una moneta comune unica (euro) e di una Banca centrale europea. In secondo luogo il trattato stabiliva l'avvio di una politica estera e per la sicurezza comuni. Infine istituiva la cittadinanza dell'Unione ogni persona che abbia la cittadinanza di uno Stato membro: da ciò conseguivano due livelli di cittadinanza, quello del proprio Stato di appartenenza e quello europeo. Il trattato stabiliva anche una cooperazione rafforzata tra i dodici Stati membri in materia di immigrazione e diritto d'asilo.
I parametri economici e la libera circolazione
A Maastricht furono fissati anche alcuni parametri economici che gli Stati avrebbero dovuto rispettare per entrare nell'Unione e per far sì che le economie dei diversi Paesi si indirizzassero verso politiche comuni. Tali parametri erano relativi, tra le altre cose, al tasso di inflazione e al rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (Pil). Il rispetto dei parametri di Maastricht comportò per molti Paesi l'adozione di ferree misure di politica economica e finanziaria e, come avvenne nel caso dell'Italia, misure severe finalizzate al risanamento dei conti pubblici.
Nel marzo 1955 entrava in vigore la convenzione di Schengen, un accordo intergovernativo cui aderirono quasi tutti gli Stati dell'Unione, che prevedeva la libera circolazione dei cittadini sul territorio degli Stati aderenti con l'abolizione dei controlli sui confini degli Stati comunitari, definiva la normativa in materia di ingresso dei cittadini extracomunitari e stabiliva più stretti rapporti fra le polizie nazionali. Nello stesso anno aderivano all'Unione europea Austria, Finlandia e Svezia.
La moneta unica europea e la banca centrale
Nel marzo 1998 la Commissione europea dava il consenso ufficiale per l'ammissione, dal 1° gennaio 1999, alla moneta unica europea (euro) di undici Paese (Germania, Francia, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Irlanda, Austria e Finlandia). Gran Bretagna, Svezia e Danimarca, pur risultando in regola con i parametri di Maastricht, preferirono invece mantenere in circolazione le proprie monete nazionali. La Grecia veniva ammessa soltanto nel 2001, in quanto ancora al di fuori dei parametri del trattato. Nel 1998 diventava operativa la Banca centrale europea (con sede in Germania, a Francoforte). Essa assumeva il compito di fissare gli obiettivi di politica monetaria dell'Unione e di prendere anche decisioni destinate a limitare la sovranità dei Paese membri in campo finanziario, sottraendo al controllo dei governi dei singoli Stati le loro banche centrali. L'obiettivo principale della politica monetaria unica era la stabilità dei prezzi, in modo da mantenere bassa l'inflazione e creare le premesse per una crescita economica in grado di creare durevolmente benessere e occupazione. A coronamento di quanto sopra il 1° gennaio 2002 l'euro è divenuto la valuta corrente per oltre 300 milioni di cittadini europei. Una volta concluso il processo di integrazione a livello monetario, l'Unione europea affrontava un'altra sfida: quella di integrare i Paesi dell'Europa dell'Est.
La fine della divisione dell'Europa fra Est e Ovest, con la conseguente riunificazione delle due Germanie, aveva aperto alla Comunità europea nuove prospettive. In questo contesto, promettente anche se problematico, tra il 1989 e il 1990 la Comunità europea riuscì a compiere importanti passi avanti in direzione dell'unione economica e politica.
Un fondamentale passo venne compiuto il 7 febbraio 1992 con il trattato firmato a Maastricht (Olanda) ed entrato in vigore il 1° Novembre 1993, dopo una serie di referendum nazionali indetti dagli Stati aderenti e risoltosi positivamente (con la sola eccezione della Norvegia).
Con il trattato di Maastricht si dava vita a una nuova realtà politica ed economica che venne definita Unione europea. I principali organi attraverso cui l'Unione europea avrebbe esercitato le proprie attività erano il Parlamento europeo, il Consiglio dell'Unione europea, la Commissione europea e la Corte di giustizia.
Il trattato di Maastricht si poneva come obiettivo da raggiungere entro il 1999 la creazione di una moneta comune unica (euro) e di una Banca centrale europea. In secondo luogo il trattato stabiliva l'avvio di una politica estera e per la sicurezza comuni. Infine istituiva la cittadinanza dell'Unione ogni persona che abbia la cittadinanza di uno Stato membro: da ciò conseguivano due livelli di cittadinanza, quello del proprio Stato di appartenenza e quello europeo. Il trattato stabiliva anche una cooperazione rafforzata tra i dodici Stati membri in materia di immigrazione e diritto d'asilo.
I parametri economici e la libera circolazione
A Maastricht furono fissati anche alcuni parametri economici che gli Stati avrebbero dovuto rispettare per entrare nell'Unione e per far sì che le economie dei diversi Paesi si indirizzassero verso politiche comuni. Tali parametri erano relativi, tra le altre cose, al tasso di inflazione e al rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (Pil). Il rispetto dei parametri di Maastricht comportò per molti Paesi l'adozione di ferree misure di politica economica e finanziaria e, come avvenne nel caso dell'Italia, misure severe finalizzate al risanamento dei conti pubblici.
Nel marzo 1955 entrava in vigore la convenzione di Schengen, un accordo intergovernativo cui aderirono quasi tutti gli Stati dell'Unione, che prevedeva la libera circolazione dei cittadini sul territorio degli Stati aderenti con l'abolizione dei controlli sui confini degli Stati comunitari, definiva la normativa in materia di ingresso dei cittadini extracomunitari e stabiliva più stretti rapporti fra le polizie nazionali. Nello stesso anno aderivano all'Unione europea Austria, Finlandia e Svezia.
La moneta unica europea e la banca centrale
Nel marzo 1998 la Commissione europea dava il consenso ufficiale per l'ammissione, dal 1° gennaio 1999, alla moneta unica europea (euro) di undici Paese (Germania, Francia, Italia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Irlanda, Austria e Finlandia). Gran Bretagna, Svezia e Danimarca, pur risultando in regola con i parametri di Maastricht, preferirono invece mantenere in circolazione le proprie monete nazionali. La Grecia veniva ammessa soltanto nel 2001, in quanto ancora al di fuori dei parametri del trattato. Nel 1998 diventava operativa la Banca centrale europea (con sede in Germania, a Francoforte). Essa assumeva il compito di fissare gli obiettivi di politica monetaria dell'Unione e di prendere anche decisioni destinate a limitare la sovranità dei Paese membri in campo finanziario, sottraendo al controllo dei governi dei singoli Stati le loro banche centrali. L'obiettivo principale della politica monetaria unica era la stabilità dei prezzi, in modo da mantenere bassa l'inflazione e creare le premesse per una crescita economica in grado di creare durevolmente benessere e occupazione. A coronamento di quanto sopra il 1° gennaio 2002 l'euro è divenuto la valuta corrente per oltre 300 milioni di cittadini europei. Una volta concluso il processo di integrazione a livello monetario, l'Unione europea affrontava un'altra sfida: quella di integrare i Paesi dell'Europa dell'Est.