Riassunto:
Elio Vittorini nacque a Siracusa nel 1908 da famiglia di modeste condizioni che lo costrinsero a cercare lavoro e, quindi, a lasciare presto le scuole tecniche. Completerà la sua formazione culturale con studi e letture compiuti successivamente. A 17 anni, dunque, abbandonò l'isola natale; dapprima fece l'operaio edile in Friuli, poi, nel 1930, dopo avere sposato la sorella di Quasimodo, Rosa Maria, si trasferì a Firenze. Qui lavorò come correttore di bozze per La Nazione. Iniziò anche a imparare l'inglese come autodidatta e a tradurre romanzi americani.
All'inizio assunse posizioni vicine al fascismo rivoluzionario (il suo modello fu lo scrittore Curzio Malaparte), ma dall'ambiente della rivista Solaria trasse lo stimolo a diventare antifascista, europeista, universalista, antitradizionalista. Su Solaria, di cui fu segretario di redazione, uscirono nel 1931 i suoi primi racconti (Piccola borghesia) e nel 1934, a puntate, il romanzo Il garofano rosso: la pubblicazione fu interrotta dalla censura, che lo accusava di immoralità. Nel 1936 iniziò il romanzo Erica e i suoi fratelli, che abbandonò incompiuto allo scoppio della guerra di Spagna: lo scrittore progettò infatti di raggiungere i repubblicani spagnoli per lottare con loro contro il fascismo. Perciò venne definitivamente espulso dal partito fascista.
Nel 1938-39 pubblicò sulla rivista Letteratura il romanzo Conversazione in Sicilia, che gli attirò i consensi del mondo letterario e le critiche del regime. Nel 1938 si trasferì a Milano, dove lavorò per Bompiani: per questo editore allestì nel 1941 l'importante antologia Americana.
Raccolta di narratori; l'opera però incorse nella censura fascista, tanto che nel 1942 la seconda edizione dovette uscire senza le note di commento di Vittorini.
Nel luglio del 1943 fu rinchiuso nel carcere Milanese di San Vittore; liberato l'8 settembre, prese parte attiva della Resistenza. Tra la primavera e l'autunno del 1944 scrisse in semi-clandestinità il romanzo Uomini e no, ispirato alla lotta partigiana. Finita la guerra, Vittorini si stabilì a Milano. Fu il più noto tra gli intellettuali italiani, impegnati nella vita politica (con il Pci) e civile. Nel settembre del 1945 uscì, pubblicato da Einaudi, il primo numero della rivista Il Politecnico da lui diretta. Una famosa polemica sull'autonomia o meno degli intellettuali lo divise però dal segretario del partito, Palmiro Togliatti; nel dicembre 1947 il Politecnico dovette cessare le pubblicazioni. S'infittiva intanto la sua attività editoriale; Vittorini curò numerose collane librarie, come I gettoni di Einaudi e Medusa di Mondadori, che ebbero il merito di far conoscere al grande pubblico autori e opere nuove.
Nel 1951 Vittorini lasciò il Pci, salutato polemicamente da Togliatti con un articolo su Rinascita (Vittorini se n'è ghiuto, e soli ci ha lasciato!). Tra il 1951 e il 1954 lavorò al nuovo romanzo Le città del mondo, rimasto incompiuto. Dal 1959 pubblicò con Italo Calvino la rivista Il Menabò, sulle cui pagine affrontò i temi del rapporto tra industria culturale e letteratura. Visse gli ultimi anni con Ginetta, sua compagna dal 1943: fu lei ad assisterlo durante la malattia che lo portò alla morte, a Milano, nel 1966.
Elio Vittorini nacque a Siracusa nel 1908 da famiglia di modeste condizioni che lo costrinsero a cercare lavoro e, quindi, a lasciare presto le scuole tecniche. Completerà la sua formazione culturale con studi e letture compiuti successivamente. A 17 anni, dunque, abbandonò l'isola natale; dapprima fece l'operaio edile in Friuli, poi, nel 1930, dopo avere sposato la sorella di Quasimodo, Rosa Maria, si trasferì a Firenze. Qui lavorò come correttore di bozze per La Nazione. Iniziò anche a imparare l'inglese come autodidatta e a tradurre romanzi americani.
All'inizio assunse posizioni vicine al fascismo rivoluzionario (il suo modello fu lo scrittore Curzio Malaparte), ma dall'ambiente della rivista Solaria trasse lo stimolo a diventare antifascista, europeista, universalista, antitradizionalista. Su Solaria, di cui fu segretario di redazione, uscirono nel 1931 i suoi primi racconti (Piccola borghesia) e nel 1934, a puntate, il romanzo Il garofano rosso: la pubblicazione fu interrotta dalla censura, che lo accusava di immoralità. Nel 1936 iniziò il romanzo Erica e i suoi fratelli, che abbandonò incompiuto allo scoppio della guerra di Spagna: lo scrittore progettò infatti di raggiungere i repubblicani spagnoli per lottare con loro contro il fascismo. Perciò venne definitivamente espulso dal partito fascista.
Nel 1938-39 pubblicò sulla rivista Letteratura il romanzo Conversazione in Sicilia, che gli attirò i consensi del mondo letterario e le critiche del regime. Nel 1938 si trasferì a Milano, dove lavorò per Bompiani: per questo editore allestì nel 1941 l'importante antologia Americana.
Raccolta di narratori; l'opera però incorse nella censura fascista, tanto che nel 1942 la seconda edizione dovette uscire senza le note di commento di Vittorini.
Nel luglio del 1943 fu rinchiuso nel carcere Milanese di San Vittore; liberato l'8 settembre, prese parte attiva della Resistenza. Tra la primavera e l'autunno del 1944 scrisse in semi-clandestinità il romanzo Uomini e no, ispirato alla lotta partigiana. Finita la guerra, Vittorini si stabilì a Milano. Fu il più noto tra gli intellettuali italiani, impegnati nella vita politica (con il Pci) e civile. Nel settembre del 1945 uscì, pubblicato da Einaudi, il primo numero della rivista Il Politecnico da lui diretta. Una famosa polemica sull'autonomia o meno degli intellettuali lo divise però dal segretario del partito, Palmiro Togliatti; nel dicembre 1947 il Politecnico dovette cessare le pubblicazioni. S'infittiva intanto la sua attività editoriale; Vittorini curò numerose collane librarie, come I gettoni di Einaudi e Medusa di Mondadori, che ebbero il merito di far conoscere al grande pubblico autori e opere nuove.
Nel 1951 Vittorini lasciò il Pci, salutato polemicamente da Togliatti con un articolo su Rinascita (Vittorini se n'è ghiuto, e soli ci ha lasciato!). Tra il 1951 e il 1954 lavorò al nuovo romanzo Le città del mondo, rimasto incompiuto. Dal 1959 pubblicò con Italo Calvino la rivista Il Menabò, sulle cui pagine affrontò i temi del rapporto tra industria culturale e letteratura. Visse gli ultimi anni con Ginetta, sua compagna dal 1943: fu lei ad assisterlo durante la malattia che lo portò alla morte, a Milano, nel 1966.