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Ricerca su Giacomo Leopardi

Biografia:
Nasce nel 1798 a Recanati, nelle Marche, allora appartenente al culturalmente chiuso e retrivo Stato Pontificio. I suoi genitori sono il conte Monaldo, che si disinteressa del patrimonio di famiglia, dilettandosi di poesia, e Adele Antici, capace di essere meglio una rigida amministratrice del patrimonio trascurato dal marito che una mamma affettuosa  Giacomo cresce, così, allietato soprattutto dalla compagnia dei fratelli Carlo e Paolina ed attratto dagli studi che compie, in pratica da solo, grazie alla fortissima biblioteca paterna. Sette anni di studio matto e disperatissimo gli consentono di raggiungere un’erudizione vastissima, al punto da permettergli di scrivere di filosofia e di tradurre dal latino, dal greco e dall'ebraico. Ma la sua salute è rovinata per sempre con danni alla vista ed agli occhi.
Il Leopardi matura quindi una conversione estetica, scoprendo la poesia e passando così dall'erudizione al bello e al vero. Gli è di grande aiuto l’amicizia del classicista Pietro Giordani, che intrattenne con lui una fitta corrispondenza e lo incita ad avere fiducia in sé e a scrivere.
Il 1819 è un anno di crisi, segnato dal fallito tentativo di evadere da quello che ormai chiama il natio borgo selvaggio. Ma nel 1822 può finalmente allontanarsi da Recanati e di soggiorni nelle maggiori città d’Italia, come Bologna, Firenze, Milano.
Nel 1818 compone le due canzoni All'Italia e Sopra il monumento Dante a cui seguono, qualche anno più tardi, le canzoni Ad Angelo Mai, Nelle nozze della sorella Paolina, Bruto minore. L’ultimo canto di Saffo, i piccoli idilli. Questi ultimi sono pubblicati solo nel 1825.
Nel 1824-25 scrive la maggior parte delle Operette morali e negli anni tra il 1828 e il 1830 i grandi idilli. Nel 1830 a Firenze, conosce il napoletano Antonio Ranieri con cui entra in amicizia. Insieme si trasferiscono prima a Roma e poi a Napoli dove il Leopardi trascorre gli ultimi anni della sua vita. Un amore non ricambiato, quello per la fiorentina Fanny Targioni Tozzetti ispira al poeta il ciclo delle cinque poesie dette di Aspasia. Durante il soggiorno napoletano vengono scritte La ginestra, una sorta di testamento spirituale, e il tramonto della luna.
Leopardi muore nel 1837 a Napoli, dove è sepolto. Postumo viene pubblicato lo Zibaldone, un insieme di appunti e note che formano una sorta di diario informale.

Formazione culturale
La formazione culturale del Leopardi è avvenuta nell'ambito dell’illuminismo e del sensismo: in particolare, dal Rousseau egli ha tratto la lezione dell’inconciliabilità di natura e ragione. La vasta biblioteca paterna ha permesso al Leopardi di leggere i classici ed imparare il latino, il greco e l’ebraico: tale grande erudizione ha avviato il poeta marchigiano alla ricerca di un linguaggio poetico personale, di stampo classico. Fondamentale è stata anche l’amicizia con pietro Giordani, che ha permesso al Leopardi di andare al di là del chiuso ed arretrato ambiente natio (Recanati) e di aderire completamente agli ideali dell’illuminismo.

Polemica classico romantica
Nel 1816, nella Lettera ai compilatori della Biblioteca italiana, il Leopardi intervenne nella polemica seguita alla lettera della Stael, schierandosi a favore del classicismo e criticando la scrittrice francese. Per il Leopardi, la poesia doveva essere essenzialmente imitazione della natura: da ciò discendeva la superiorità degli antichi sui moderni e la critica del romanticismo che, preferendo cantare l’incivilimento e il progresso, aveva distrutto la fantasia e le illusioni. In realtà, il poeta di Recanati, anche se aveva condannato i romantici, ne rivelava un atteggiamento simile a quando si schierava contro l’imitazione dei classici ed in difesa della spontanea creazione poetica; anche le sue scelte linguistico-espressive, pur ancorate alla formazione illuminista e classicista, rifiutavano i modelli e le regole seguite dai neoclassicisti, pervenendo ad un’espressione lirica originale, rivelatrice di una sensibilità romantica.

I componenti che s’intrecciano nella sua opera
Illuminismo, classicismo e romanticismo s’intrecciano nella complessa personalità poetica del Leopardi, la cui visione laica della vita si fonde con la consapevole dolorosa accettazione del vero quale forza vitale della poesia.

Canzoni civili
Le canzoni civili più importanti del Leopardi sono: All'Italia  Sopra il monumento di Dante, Nelle nozza della sorella Paolina e Ad Angelo mai. Le canzoni civili sono definite in questo modo per l’aspirazione patriottica ed oratoria: generalmente traggono spunto da un fatto di cronaca e manifestano l’insofferenza del poeta per il tempo presente in contrapposizione al passato eroico dell’Italia.

Canzoni filosofiche
Tra le canzone più filosofiche del Leopardi ricordiamo l’Inno ai Patriarchi, Alla primavera, Bruto minore e l’Ultimo canto di Saffo. Soprattutto nelle ultime due canzoni, traspare la tragica e dolorosa condizione umana, esistente sia nel passato sia nel presente; in particolare, nell'Ultimo canto di Saffo è evidente l’idea di una natura crudele ed ostile che condanna la poetessa greca a non essere felice a causa del suo fisico deforme.

Poesie degli Idilli
Bisogna distinguere idilli, composti entro il 1821, dai grandi idilli, composti dal 1828 al 1830 tra Pisa e Recanati. I primi sono: La sera del di di festa, L’infinito, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria e Lo spavento notturno; i grandi idilli sono: A Silvia, Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il passero solitario ed il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia.
Gli idilli del Leopardi si distaccano da quelli della tradizione bucolica, meri quadretti di scena campestre o pastorale aventi funzioni d’evasione, in quanto sono originati da elementi esterni (un paesaggio, un’immagine, una sensazione visiva o uditiva) che vengono poi interiorizzati nella meditazione del poeta. Lo stesso Leopardi ha definito gli idilli “avventure dell’animo”, attraverso cui è possibile contemplare la antura e rievocare le speranze ed i sogni della giovinezza.

Il motivo della poesia L’infinito
La poesia L’infinito evidenzia il contrasto tra il carratere finito delle sensazioni e l’infinito del tempo (l’eternità) e dello spazio (l’immensità), possibilità all'immaginazione  Ne deriva uno smarrimento dinanzi all'immensità che porta all'animo una fuggente dolce sensazione: Così in questa immensità s’annega il pensier mio e il naufragar m’è dolce in questo mare.

Motivi nella poesia La sera del di di festa
I motivi che ricorrono in questa poesia sono la fragilità e la labilità di tutte le cose che passano e se ne vanno, grandi eventi della storia come piccoli episodi del nostro vivere quotidiano. Allo stesso modo è passato il giorno di festa, così come la giovinezza del poeta che ha lasciato il posto all’angoscia per l’inevitabile trascorrere del tempo.

Motivi delle poesie di grandi idilli
In A Silvia, la morte per tisi dell’ancora adolescente Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi, diventa il motivo per rappresentare la fine prematura delle speranze e dei sogni giovanili. Nella poesia Laquiete dopo la tempesta, la descrizione del villaggio natio, che si rianima dopo un temporale, diventa il pretesto per affermare la cessazione momentanea del dolore come unico piacere possibile per l’uomo: si apprezza la serenità solo dopo essere scampati ad un pericolo. Nella poesia Il sabato del villaggio la metafora del sabato come giorno più bello della settimana, poiché si aspetta la domenica di festa, esprime la delusione per il presente in quanto si può essere felici solo nell'attesa e nella speranza di qualcosa che verrà e che poi, come accade nel giorno di festa, immancabilmente delude le aspettative. Nella poesia Il passero solitario il tema fondamentale è a solitudine, con il rimpianto della giovinezza perduta. Le ricordanze evidenziano la componente nostalgica del poeta: il ricordo dei tempi che furono, del paese natio, di nerina, una fanciulla morta prematuramente. Infine, nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia viene rappresentata tutta l’infelicità del genere umano; il poeta s’identifica nel pastore nomade che chiede alla luna il perché della vita, non ottenendo alcuna risposta: la natura è indifferente alle sofferenze dell’umanità.

Poesie del ciclo di Aspasia
Si tratta di cinque poesie d’amore scritte tra il 1831 ed il 1835 ed ispirate da un amore non corrisposto per Fanny Targioni Tozzetti. Particolarmente significativi sono i componimenti: Il pensiero dominante, Amore e mote ed A se stesso.

Componimenti dell’ultima fase della poetica leopardiana
Bisogna ricordae La ginestra ed il tramonto della luna, poesie scritte entrambe nel 1836, un anno prima della morte del poeta. In particolare, La ginestra può essere considerata una sorta di testamento spirituale del Leopardi. Il motivo del componimento, ispirato dal fiorellino giallo che cresce sulle falde del Vesuvio ed ammirato dal poeta durante il suo soggiorno napoletano, è la critica alle ideologie ottimiste del XIX secolo che illudono gli uomini con la loro fede nel progresso. Su di esse si staglia il messaggio del Leopardi: gli uomini sono fragili ed impotenti nei confronti della natura, a cui possono solo cercare di resistere promuovendo una “confederazione” di tutti, accomunati dallo stesso destino di dolore. Così il poeta invita gli uomini alla fratellanza ed alla solidarietà nella consapevolezza del proprio destino: l’esempio da seguire è quello della ginestra, né vile né superba, che continua a vivere sotto la minaccia del Vesuvio, simbolo della natura ostile a cui l’uomo deve resistere avendo il coraggio di guardare in faccia la realtà, senza avvilirsi indecorosamente né insuperbirsi stoltamente.

Il pessimismo di Leopardi
Non c’è alcun rapporto tra il suo pessimismo e la sua sofferenza personale, anche se sicuramente la sua sofferenza ha contribuito a far cogliere al Leopardi il dolore presente nel mondo. Lo stesso poeta recanatese, in una lettera al critico svizzero. De Sinner, escluse che la causa del suo pessimismo fosse da ricercare nelle precarie condizioni fisiche, poiché la sua visione dolorosa della vita era unicamente un prodotto dell’intelletto. Quindi il pessimismo del Leopardi nasce dalla constatazione, in termini meramente razionali, che nel mondo domina di dolore.

Cosa sono le Operette morali
Prendono questo nome perché il Leopardi si fa promotore di una nuova moralità, intesa come accettazione coraggiosa del destino umano fatto di dolore e sofferenza.
Le Operette morali sono una raccolta di 24 scritti in prosa, composti tra il 1824 ed il 1832, che trattano di vari argomenti (la superiorità degli antichi sui frivoli moderni, l’inutilità della gloria letteraria, la nullità della vita umana, il richiamo alla morte come unica realtà, il tema del suicidio e delle illusioni), tutti però riconducibili ad un motivo di fondo: l’impossibile felicità dell’umanità, di cui viene tracciata un’evoluzione nelle operette morali sono da ricordare: Dialogo della Natura e di un Islandese, Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere, Vantico del gallo silvestre, Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez, Dialogo di Plotino e di Porfirio, Dialogo tra un fisico ed un metafisico, Dialogo di un folletto e di uno gnomo.

La critica
I critici della prima metà dell’800 hanno decisamente avversato il Leopardi, prendendo le distanze dal suo ateismo e dal suo materialismo: soprattutto gli intellettuali cattolici e spiritualisti gli furono ostili. Solo Pietro Giordani gli è stato amico ed ha ammirato le sue opere. La critica successiva ha espresso giudizi generalmente più sereni e meditati. Il De Sanctis, che apprezzava maggiormente la poesia degli idilli rispetto a quella delle canzoni civili e filosofiche e dei componimenti del periodo napoletano, ha affermato che l’arte del Leopardi scaturisce dal contrasto tra il cuore e la ragione. Il giudizio del De Sanctis è stato condiviso, in buona sostanza, dal Croce il quale, applicando il metodo della distinzione tra poesia e non poesia, ha apprezzato il carattere poetico degli idilli e di qualcuna delle Operette morali, ritenendo il resto della produzione leopardiana appesantita da elementi filosofici, allegorici  satirici, quindi non poetici. A questo proposito, c’è da dire che il complesso rapporto fra l’ispirazione e l’espressione poetica del Leopardi, da una parte, e la sua filosofia. Cioè la sua concezione del mondo e dell’uomo, dall'altra  ha condizionato non poco la critica leopardiana, facendo pendere l’ago della bilancia ora veso la filosofia ora verso la poesia. Ad esempio, il Timpanaro ha affermato  diversamente dal Croce, che la componente ideologico-filosofica, non è stata un elemento esterno e di ostacolo alla poesia leopardiana, bensì un fattore fondamentale della stessa, nella misura in cui ne ha indirizzato l’ispirazione e le ha conferito capacità conoscitiva. Anche Walter Binni ha riconosciuto, nell'ideologia materialista del Leopardi, un elemento capace di fare slancio alla sua poesia, evitando così di farla cadere nel patetico. Questi critici hanno individuato una poeticità nella canzoni dell’ultimo periodo, quello del soggiorno napoletano, altrettanto valida quanto quella degli idilli e hanno proposto il riferimento ad un pessimismo eroico evidente nelle opere dell’ultima fase.



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