di Giacomo Leopardi
Analisi del testo:
Con questa canzone Leopardi segna una prima insanabile frattura tra mondo antico e moderno, tra valori degli antichi e mediocrità contemporanea. Il mito della Grecia si fonda sull'esaltazione dei caduti alle Termopili in contrasto con la vicenda degli italiani morti in Russia nelle campagne napoleoniche, senza onore né gloria, al servizio dello straniero.
La Canzone appare chiaramente distinta in due momenti. La prime tre strofe sono dedicate al rimpianto per la decadenza dell’Italia contemporanea, mentre le altre quattro alla celebrazione del mondo antico, in cui invece splendeva in contrasto l’amor patrio, come testimonia l’episodio della battaglia delle Termopili immortalato dal canto di Simonide.
Leopardi affermava che con le sue canzoni intendeva “ravvivare negl’Italiani quel tale amore verso la patria dal quale hanno principio, non la disubbidienza, ma la probità e la nobilità così dè pensieri come delle opere”. Le radici di questo sentimento di venerazione per la propria Patria si trovano nel passato, la cui grandezza svela l’identità del presente e gli consegna il difficile compito di proseguire sulla strada tracciata dai padri. Il culto della memoria e della storia è dunque di fondamentale importanza. Per Leopardi l'Italia ha tradito il suo passato, glorioso sotto il punto di vista sia militare sia culturale.
Di fronte alla decadenza contemporanea, la voce del poeta dà vita ad un affettuosa apostrofe che si gioca interamente sul contrasto tra ieri e oggi, delineato già dai primi versi: le mura, gli archi, le colonne, le torri sono i segni concreti della gloria, del passato vanto, cui si contrappone il presente, in cui denuncia la scomparsa di tutte le antiche virtù. E’ un prestigio militare che è venuto meno: L’Italia che fu dei Romani padroni del mondo è ora in catene e non solo nessuno combatte per renderle la libertà, ma i suoi figli sono in terra straniera. Per tanto la denuncia del poeta si risolve anzitutto in un invito all’azione.
Si arriva così al secondo punto della canzone: l’esaltazione dell’impresa delle Termopili, simbolo del più alto e generoso amor patrio. Il sacrificio dei Greci è descritto con commossa partecipazione, senza però dimenticarne tutta la drammaticità: l’entusiasmo dei combattenti è espresso con verbi di movimento, di fronte ai quali il “correr” di Serse assume un senso di estrema codardia; l’ultima parola non spetta alla Morte, ma alla Poesia: Simonide celebra e consegna per sempre ai posteri il ricordo delle invitte schiere.
E’ evidente la tensione retorica che percorre l’intera opera, nel tentativo di adeguare la poesia alla gravità degli avvenimenti. Inoltre è possibile notare già dalle prime battute l’emblematica personificazione dell’ITALIA, che consente al poeta di instaurare con essa un dialogo diretto; per giunta l’utilizzo della prima persona permette l’intervento dello stesso poeta direttamente negli avvenimenti. A questi trucchi iniziali si affianca il discorso diretto dello stesso Simonide che si protrae fino alla fine dell’opera; abbondanti sono gli artifici retorici. Il discorso è retto da toni vocativi ed esclamativi che danno luogo ad un andamento quasi teatrale, in cui si specchia la memoria della poesia drammatica del settecento. In maniera spasmodica viene effettuato l’uso delle ripetizioni, la presenza di coppie di parole o la presenza di tre aggettivi o sostantivi, il ricorso agli enjambements, figure rotoriche, similitudini e anastrofi. Il linguaggio è molto ricercato, ricco di termini letterari alti, densi di latinismi come già avvenuto in altre sue opere, ma anche di riferimenti ad importanti predecessori, tra cui Omero, Virgilio e anche Alfieri e Foscolo. Evidenti sono le analogie con i “Sepolcri “: la descrizione della battaglia delle Termopili risente del racconto di quella di Maratona, la figura di Simonide ricorda quella di Omero che vaga tra le tombe dei Troiani e ne eterna la memoria, le madri che mostrano ai figli i luoghi della battaglia sono simili alle donne troiane, che insegnano ai figli e ai nipoti l'importanza delle grandi imprese.
La sostanziale differenza rispetto a Foscolo consiste nel fatto che per Leopardi la poesia rimane in secondo piano rispetto ai fatti celebrati: quella di Simonide è una vereconda fama, la parola
interviene solo quando non è rimasto più spazio per l’azione, infatti il poeta si rammarica per non aver potuto spargere il proprio sangue per la patria. Si circoscrive così il ruolo della poesia soprattutto ad una funzione educativa, come esortazione all'azione.
Anche nel suo successivo percorso poetico Leopardi limiterà il ruolo della poesia: nella “Sera dì di festa”, nemmeno il poeta potrà più dare “un senso al grido / de nostri avi famosi” e ne “La Ginestra” l’umile pianta che, pur lottando, si piega alla forza della natura, sarà stupendo simbolo di una poesia che, anche nella sua fase più eroica ,non potrà vincere la disperazione dell’uomo, quindi essa rappresenta il coraggio e l'umiltà che il popolo italico dovrebbe imitare.
Si avverte il carattere diverso dell’eroismo leopardiano rispetto a quello Foscolo (ancora fiducioso che i tempi della riscossa nazionale non fossero lontani).
LEGGI ANCHE: Figure retoriche All'Italia di Leopardi
Analisi del testo:
Con questa canzone Leopardi segna una prima insanabile frattura tra mondo antico e moderno, tra valori degli antichi e mediocrità contemporanea. Il mito della Grecia si fonda sull'esaltazione dei caduti alle Termopili in contrasto con la vicenda degli italiani morti in Russia nelle campagne napoleoniche, senza onore né gloria, al servizio dello straniero.
La Canzone appare chiaramente distinta in due momenti. La prime tre strofe sono dedicate al rimpianto per la decadenza dell’Italia contemporanea, mentre le altre quattro alla celebrazione del mondo antico, in cui invece splendeva in contrasto l’amor patrio, come testimonia l’episodio della battaglia delle Termopili immortalato dal canto di Simonide.
Leopardi affermava che con le sue canzoni intendeva “ravvivare negl’Italiani quel tale amore verso la patria dal quale hanno principio, non la disubbidienza, ma la probità e la nobilità così dè pensieri come delle opere”. Le radici di questo sentimento di venerazione per la propria Patria si trovano nel passato, la cui grandezza svela l’identità del presente e gli consegna il difficile compito di proseguire sulla strada tracciata dai padri. Il culto della memoria e della storia è dunque di fondamentale importanza. Per Leopardi l'Italia ha tradito il suo passato, glorioso sotto il punto di vista sia militare sia culturale.
Di fronte alla decadenza contemporanea, la voce del poeta dà vita ad un affettuosa apostrofe che si gioca interamente sul contrasto tra ieri e oggi, delineato già dai primi versi: le mura, gli archi, le colonne, le torri sono i segni concreti della gloria, del passato vanto, cui si contrappone il presente, in cui denuncia la scomparsa di tutte le antiche virtù. E’ un prestigio militare che è venuto meno: L’Italia che fu dei Romani padroni del mondo è ora in catene e non solo nessuno combatte per renderle la libertà, ma i suoi figli sono in terra straniera. Per tanto la denuncia del poeta si risolve anzitutto in un invito all’azione.
Si arriva così al secondo punto della canzone: l’esaltazione dell’impresa delle Termopili, simbolo del più alto e generoso amor patrio. Il sacrificio dei Greci è descritto con commossa partecipazione, senza però dimenticarne tutta la drammaticità: l’entusiasmo dei combattenti è espresso con verbi di movimento, di fronte ai quali il “correr” di Serse assume un senso di estrema codardia; l’ultima parola non spetta alla Morte, ma alla Poesia: Simonide celebra e consegna per sempre ai posteri il ricordo delle invitte schiere.
E’ evidente la tensione retorica che percorre l’intera opera, nel tentativo di adeguare la poesia alla gravità degli avvenimenti. Inoltre è possibile notare già dalle prime battute l’emblematica personificazione dell’ITALIA, che consente al poeta di instaurare con essa un dialogo diretto; per giunta l’utilizzo della prima persona permette l’intervento dello stesso poeta direttamente negli avvenimenti. A questi trucchi iniziali si affianca il discorso diretto dello stesso Simonide che si protrae fino alla fine dell’opera; abbondanti sono gli artifici retorici. Il discorso è retto da toni vocativi ed esclamativi che danno luogo ad un andamento quasi teatrale, in cui si specchia la memoria della poesia drammatica del settecento. In maniera spasmodica viene effettuato l’uso delle ripetizioni, la presenza di coppie di parole o la presenza di tre aggettivi o sostantivi, il ricorso agli enjambements, figure rotoriche, similitudini e anastrofi. Il linguaggio è molto ricercato, ricco di termini letterari alti, densi di latinismi come già avvenuto in altre sue opere, ma anche di riferimenti ad importanti predecessori, tra cui Omero, Virgilio e anche Alfieri e Foscolo. Evidenti sono le analogie con i “Sepolcri “: la descrizione della battaglia delle Termopili risente del racconto di quella di Maratona, la figura di Simonide ricorda quella di Omero che vaga tra le tombe dei Troiani e ne eterna la memoria, le madri che mostrano ai figli i luoghi della battaglia sono simili alle donne troiane, che insegnano ai figli e ai nipoti l'importanza delle grandi imprese.
La sostanziale differenza rispetto a Foscolo consiste nel fatto che per Leopardi la poesia rimane in secondo piano rispetto ai fatti celebrati: quella di Simonide è una vereconda fama, la parola
interviene solo quando non è rimasto più spazio per l’azione, infatti il poeta si rammarica per non aver potuto spargere il proprio sangue per la patria. Si circoscrive così il ruolo della poesia soprattutto ad una funzione educativa, come esortazione all'azione.
Anche nel suo successivo percorso poetico Leopardi limiterà il ruolo della poesia: nella “Sera dì di festa”, nemmeno il poeta potrà più dare “un senso al grido / de nostri avi famosi” e ne “La Ginestra” l’umile pianta che, pur lottando, si piega alla forza della natura, sarà stupendo simbolo di una poesia che, anche nella sua fase più eroica ,non potrà vincere la disperazione dell’uomo, quindi essa rappresenta il coraggio e l'umiltà che il popolo italico dovrebbe imitare.
Si avverte il carattere diverso dell’eroismo leopardiano rispetto a quello Foscolo (ancora fiducioso che i tempi della riscossa nazionale non fossero lontani).
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