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Parolacce in Veneziano

Elenco di parolacce, bestemmie, insulti nel dialetto Veneziano.

Va in cùeo da to mare: parola comunissima, forse la più usata, che sta a significare l'invito che si da ad una persona ad avere un rapporto sessuale anale con la propria madre.

Chei cani dei to morti: modo di dire, anch'esso comune, che sta a significare letteralmente: i tuoi parenti, quelli morti, sono dei cani. Probabilmente deriva anche da un cane raffigurato in certe lapidi turche. E qui la faccenda si ingarbuglia

I to morti" (semplice) , "Varemengo ti ta morti" (composto) , "Chei becanassi de tuti i to morti" (i parenti anzidetti sarebbero traditi, in vita, dalla propria moglie), "Va in boca de tuti i to morti" : frase molto forte riservata a pochi eletti che starebbe a significare un rapporto sessuale che prevede l'inserimento del pene nella bocca dei parenti morti del tuo amico

Ghe/te sboro : gettare il proprio sperma contro qualcuno. Frase comunissima detta per avvalorare le proprie tesi. Ultimamente se ne fa abuso mettendola come rafforzativo in qualsiasi frase. Una specie di "cioè" italiano. O come virgola.

Magnasborae: insulto forte che si rivolge ad una persona antipatica. La si considera come colui che si ciba di sperma umano e non.

Ma ti se sbregà/sclerà/fusià : letteralmente: "sei rotto?" come per dire che qualcosa in te qualcosa non funziona.

Te vegno premando: sodomizzare proseguendo verso sinistra. Dal gergo dei gondolieri.

Tacagà: Domanda rivolta ad un individuo per sapere chi è che, invece di partorirlo, lo ha defecato. Modo di dire anch'esso comune che viene detto in molte situazioni del tipo: rimproverare l'amico che ha sbagliato, fargli sapere che invece di fare una cosa poteva farne un'altra

Date cò un legno: prendere un pezzo di legno e picchiarsi in testa con lo stesso. Frase abbastanza recente che significherebbe invitare una persona a mettere la testa a posto.

Tumòr : rivolto ad una persona che non sta bene o che è di brutto aspetto.

Varianti: "Cancaro" : cancro. "Impestà" : affetto da peste. "Cadavare" : cadavere.

Buso de cueo: apprezzamento ad una bella ragazza.

Buso de cueo 2 : avere fortuna.

S-ciopà : letteralmente scoppiato. Rivolto ad un alcolizzato, un drogato o ad una persona che sembra tale.

Mòngoeo : Persona che ha dei tratti somatici simili a quelli di un mongoloide, altrimenti una persona che proviene dalla nazione della Mongolia: retaggio della Serenissima ai tempi del solito Marco Polo dove vede per acerrimo nemico il cattivo abitante della Mongolia. Comunque sembra che la prima ipotesi sia più veritiera.

Imatonìo : persona che assomiglia ad un mattone e quindi che dimostra di essere scemo e duro di comprendonio.

Via de testa/de xàgoea/coi sgabèi : essere impazziti.

Casso : persona un pò imbranata. "Casso" messo come termine di una frase ne è un rafforzativo.

Col casso : figurarsi...,scherzi?, No di certo!

Goldòn: preservativo. Dare del Goldòn a qualcuno significa associarlo al preservativo. La parola Goldòn deriva dalla pubblicità delle confezioni di profilattici importati dagli americani nel dopoguerra che diceva "Gold-one!".

A (ara) che te vegno : parafrasi di A.c.t.v., l'azienda di trasporto pubblico a Venezia. Vuol dire avvisare la prossima fuoriuscita di sperma verso la persona interessata.

Slavo/polacco : persona che non è vestita alla moda.

Ea mama canarina/ea mona dea Daria: frasi soft ideate da qualcuno che non vuole offendere in modi pesanti.

Ma ti ghe gà magnà ea merda al mago?: domanda atta a deridere l'avversario facendogli capire che quella cosa detta da lui è scontata. La merda del mago sarebbe magica ma sempre uno scarto.

Va remengo ti e tò sènare: invitare qualcuno ad errare assieme alla cenere dei suoi parenti defunti.

Te vegno col saltìn: ammonire la prossima eiaculazione verso chi ci sta davanti. L'atto viene avvalorato da un piccolo salto al momento cruciale nel tentativo di gettare ancora più violentemente lo sperma.

Te vegno in torteìn: penetrare nell'ano col proprio pene che in questo caso assomiglia ad un tortellino soprattutto quando il penetrato/a non ha assolutamente voglia e quindi ha i muscoli rettali contratti.

Bàsime i durèi : invitare a baciare lo stomaco di pollo. Secondo molti i "durèi" non sarebbero altro che i testicoli (e suonerebbe molto meglio).

Quea sfondrada de to mare: la madre dell'amico avrebbe, secondo noi, la vagina rotta a malomodo per ripetuti inserimenti di oggetti di qualsiasi genere magari di misura spropositata.

Increcoeà : stato tipico di chi ha abusato di sostanze stupefacenti. Colui che ha preso "crècoe". In senso figurato: rincoglionito, rimbecillito, in stato altamente confusionale.

Ma ti gà e moròidi in testa? : domandare ad una persona se sulla sua testa ha delle emorroidi significa dare praticamente della "faccia da culo".

Muso da mona: faccia da vagina: classicissima espressione veneziana e non per riferirsi a qualcuno, additandolo come uno stupido o un' inetto.

Sboràe sol pèto: getti di sperma sul petto. Nuovissima figura retorica, in rapida espansione, per minimizzare un contesto da altri ritenuto importante. Per esempio: "Piero! I gà aumentà 'l canone dea teevision!" (Pietro! Hanno aumentato il canone televisivo!") e Giorgio, che è un riccone, minimizza: "Ah, sboràe sol pèto". E' come se Giorgio, se andasse con una prostituta per esempio, invece di spruzzare lo sperma nella vagina lo dirigesse verso il suo seno e quindi non ci sarebbe nessun rischio di nascita di figli non voluti.

Ciapar cassi per attaccapanni: più che parolaccia, è un modo di dire che sta a significare "prendere un abbaglio". Letteralmente "confondere i peni con appendiabiti" (che non farebbe lo stesso effetto in italiano).

Ti se scapeà?: sei fesso? Scapeà significa mettere in mostra il prepuzio con forza e decisione anche a costo di "romperse el fiéto" di antica memoria scolastica.

Chea rotinboca de to mare: insulto significante che la madre usa succhiare spessissimo il pene di qualsiasi persona gli capita davanti fino alla rottura dei lati della bocca.



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