di Giacomo Leopardi
Commento:
Questo è il primo
E' di un pessimismo totale e profondo perfino il pianto del bambino neonato e' interpretato come un saluto di dolore alla vita. Il pastore e' simbolo dell'uomo comune. Egli si affatica sotto il caldo o le intemperie tutto il giorno e guarda nel suo vagare continuamente la luna quasi fosse una cosa viva che forse conosce il mistero di quest'esistenza ma poco le interessa degli umani.
E il pastore si vede piccolo nell'immensità' del cosmo e non si spiega il perché' degli eterni giri degli astri del succedersi delle stagioni. Meglio gli animali che son capaci di stare quieti ed oziosi e non soffrono perché' non si domandano il perché' di tante cose!
Ma per l'uomo non c'e' rimedio non c'e' soluzione", in quale forma in quale stato che sia" ,in qualunque condizione egli nasca o si trovi, "e' funesto a chi nasce il di' natale"
Secondo commento
Anzitutto, l'ambientazione è importante: le steppe infinite ed indeterminate dell'Sia, che tra l'altro Leopardi non conosceva di persona, ma solo per altre fonti e che assumono caratteri ancor più indefiniti e perciò calano subito il lettore nel'irrequietezza. Poi la luna, alla quale Leopardi non rivolge domande retoriche, ma domande da cui vorrebbe ricevere una risposta, per cui la drammaticità di questa luna che non risponde perché non può. Il vecchierello dagli echi petrarcheschi, che si affanna, la cui difficoltà riusciamo a percepire anche noi lettori, fino a che non muore e lì finisce tutto, non solo la sofferenza. Dalla morte alla nascita, durante la quale il bambino piange, dolorosa prefigurazione d ciò che sarà la sua vita E poi il gregge, che non è vittima del "tedium vitae", come invece il poeta, e l'amara considerazione che alla Luna, alla Natura e al suo ciclo, di noi non importa nulla e un'amara presa di coscienza che per tutti è funesto il dì natale.Al termine della poesia non ci rimane altro che prenderne atto e rassegnarci.
Commento:
Questo è il primo
E' di un pessimismo totale e profondo perfino il pianto del bambino neonato e' interpretato come un saluto di dolore alla vita. Il pastore e' simbolo dell'uomo comune. Egli si affatica sotto il caldo o le intemperie tutto il giorno e guarda nel suo vagare continuamente la luna quasi fosse una cosa viva che forse conosce il mistero di quest'esistenza ma poco le interessa degli umani.
E il pastore si vede piccolo nell'immensità' del cosmo e non si spiega il perché' degli eterni giri degli astri del succedersi delle stagioni. Meglio gli animali che son capaci di stare quieti ed oziosi e non soffrono perché' non si domandano il perché' di tante cose!
Ma per l'uomo non c'e' rimedio non c'e' soluzione", in quale forma in quale stato che sia" ,in qualunque condizione egli nasca o si trovi, "e' funesto a chi nasce il di' natale"
Secondo commento
Anzitutto, l'ambientazione è importante: le steppe infinite ed indeterminate dell'Sia, che tra l'altro Leopardi non conosceva di persona, ma solo per altre fonti e che assumono caratteri ancor più indefiniti e perciò calano subito il lettore nel'irrequietezza. Poi la luna, alla quale Leopardi non rivolge domande retoriche, ma domande da cui vorrebbe ricevere una risposta, per cui la drammaticità di questa luna che non risponde perché non può. Il vecchierello dagli echi petrarcheschi, che si affanna, la cui difficoltà riusciamo a percepire anche noi lettori, fino a che non muore e lì finisce tutto, non solo la sofferenza. Dalla morte alla nascita, durante la quale il bambino piange, dolorosa prefigurazione d ciò che sarà la sua vita E poi il gregge, che non è vittima del "tedium vitae", come invece il poeta, e l'amara considerazione che alla Luna, alla Natura e al suo ciclo, di noi non importa nulla e un'amara presa di coscienza che per tutti è funesto il dì natale.Al termine della poesia non ci rimane altro che prenderne atto e rassegnarci.
