di Giacomo Leopardi
Analisi del testo:
Scritta nel novembre del 1821.
Celebre poesia di un Giacomo Leopardi inedito ai conoscitori occasionali del genio poetico: una poesia dedicata allo sport, ma dal qual tema, come si capirà, il poeta ne trarrà spunti moralistici e storici.
Poesia non del tutto facile, è inizialmente un inno al valore de “il giocatore nel pallone” che viene descritto come “il viso di gloria”, “magnanimo campion”, che sa riscuotere gli applausi degli spettatori e il “favore popolar” come già accadde ad altri grandi personaggi storici (greci) che lottarono per la loro “patria cara”, permettendone il vanto e il successo.
Mettendo in contrapposizione l’opera dell’uomo e il vivere ozioso femminile, Leopardi esalta non tanto la figura del giocatore quanto l’atto stesso del gioco, il suo risvegliare le scintille “della virtù nativa” nel suo agire sempre in onore di una patria più volte onorata da valorosi guerrieri narrati da storici del passato; “Oggi la cara patria / gli antichi esempi a rinnovar prepara”. Rinnova quindi gli spiriti e i fervori ormai spenti di spettatori che esultano per l’agire umano, per la sua potenza e virtù messa a nudo sull’arena, come un gladiatore che grida tra la polvere. Ed è qui che Leopardi vuole far intendere che non si tratta più di un gioco, ma di un’opera di un mortale in lotta contro un obiettivo, contro una passione che va nutrita e un fuoco che va alimentato e non nascosto “negli ozi oscuri e nudi” che appiattiscono e spolverano l’animo umano di ogni suo minimo impulso vitale. Leopardi racconta al lettore le rovine della sua terra, naturali o opera di quotidiano agire, espone quasi dei presagi riferiti all’Italia, ai sette colli di Roma, alle memorie antiche ormai ridotte a cenere in balia del vento, alle città europee diventate ormai solo tane per volpi. Infine il poeta si rivolge al suo personaggio, considerato ormai preda degli “ozi” quotidiani dediti a depauperare antiche memorie virtuose, talvolta per crearne di nuove e talvolta per un’umana tendenza all’oblio, descrivendolo come un dono rigoglioso per una realtà quasi sterile ed inaridita, e, con lo stile tipico leopardiano, termina la lirica ricordando ai lettori che in momenti di pericolo, in momenti prossimi alla dimenticanza di noi stessi, la nostra vita ci appare più gradita di quando, in momenti favorevoli, la disprezziamo; così il “vincitore nel pallone” sarà apprezzato come simbolo di figura virtuosa ed eroica di fronte alle sue passioni, nel momento in cui deporrà le armi terminata la sua battaglia.
LEGGI ANCHE: Spiegazione a un vincitore nel pallone
Analisi del testo:
Scritta nel novembre del 1821.
Celebre poesia di un Giacomo Leopardi inedito ai conoscitori occasionali del genio poetico: una poesia dedicata allo sport, ma dal qual tema, come si capirà, il poeta ne trarrà spunti moralistici e storici.
Poesia non del tutto facile, è inizialmente un inno al valore de “il giocatore nel pallone” che viene descritto come “il viso di gloria”, “magnanimo campion”, che sa riscuotere gli applausi degli spettatori e il “favore popolar” come già accadde ad altri grandi personaggi storici (greci) che lottarono per la loro “patria cara”, permettendone il vanto e il successo.
Mettendo in contrapposizione l’opera dell’uomo e il vivere ozioso femminile, Leopardi esalta non tanto la figura del giocatore quanto l’atto stesso del gioco, il suo risvegliare le scintille “della virtù nativa” nel suo agire sempre in onore di una patria più volte onorata da valorosi guerrieri narrati da storici del passato; “Oggi la cara patria / gli antichi esempi a rinnovar prepara”. Rinnova quindi gli spiriti e i fervori ormai spenti di spettatori che esultano per l’agire umano, per la sua potenza e virtù messa a nudo sull’arena, come un gladiatore che grida tra la polvere. Ed è qui che Leopardi vuole far intendere che non si tratta più di un gioco, ma di un’opera di un mortale in lotta contro un obiettivo, contro una passione che va nutrita e un fuoco che va alimentato e non nascosto “negli ozi oscuri e nudi” che appiattiscono e spolverano l’animo umano di ogni suo minimo impulso vitale. Leopardi racconta al lettore le rovine della sua terra, naturali o opera di quotidiano agire, espone quasi dei presagi riferiti all’Italia, ai sette colli di Roma, alle memorie antiche ormai ridotte a cenere in balia del vento, alle città europee diventate ormai solo tane per volpi. Infine il poeta si rivolge al suo personaggio, considerato ormai preda degli “ozi” quotidiani dediti a depauperare antiche memorie virtuose, talvolta per crearne di nuove e talvolta per un’umana tendenza all’oblio, descrivendolo come un dono rigoglioso per una realtà quasi sterile ed inaridita, e, con lo stile tipico leopardiano, termina la lirica ricordando ai lettori che in momenti di pericolo, in momenti prossimi alla dimenticanza di noi stessi, la nostra vita ci appare più gradita di quando, in momenti favorevoli, la disprezziamo; così il “vincitore nel pallone” sarà apprezzato come simbolo di figura virtuosa ed eroica di fronte alle sue passioni, nel momento in cui deporrà le armi terminata la sua battaglia.
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