Testo:
Di novembre vi metto in un gran stagno,in qual parte più pò fredda pianeta,
con quella povertà che non si acqueta
di moneta acquistar, che fa gran danno.
Ogni buona vivanda vi sia in banno;
per lume, facel[l]ine da verdeta;
castagne con mele aspre di Faeta:
[i]stando tutti ensieme en briga e lagno.
[E] fuoco non vi sia, ma fango e gesso,
se no ’n alquanti luochi di romiti
che sia di venti miglia lo più presso;
di vin e carne del tut[t]o sforniti:
[s]c[h]ernendo voi qual è più laido biesso,
veggendovi star tutti sì sguarniti.
Parafrasi
Di novembre vi immergo in un grande stagno, sotto l'influsso del più freddo dei pianeti, con quella povertà che è sempre ansiosa di guadagnare, la più pericolosa. Vi sia proibito ogni buon cibo; vi facciano luce fiaccolette di vitigni ancora verdi: vi siano date castagne con mele acerbe di Faeta: e ve ne stiate tutti insieme a lamentarvi e ad accapigliarvi. E non vi siano fuochi, ma fango e gesso, e soltanto luoghi d'eremiti e il più vicino disti venti miglia.Siate completamente all'asciutto di vino e privi di carne, mentre il più miserabile degli sciocchi si permetterà anche lui di prendersi gioco di voi, nel vedervi così malconci.
Commento
A novembre - dice Cenne - vi metto in uno stagno freddo, a masticare castagne e mele aspre; al lume di fiaccole, nel fango, a litigare, lontano dal mondo, a venti miglia da sperduti monasteri: oggetto d'ogni scherno.