Il canto terzo dell'Inferno di Dante Alighieri ha come ambientazione l'Antinferno, ovvero il luogo dell'oltretomba dove sono tenuti gli ignavi e che precede l'entrata dell'inferno vero e proprio. Quando Dante e Virgilio giungono di fronte alla porta dell'Inferno, il primo non può far altro che notare la scritta scura e misteriosa posta su di essa. Non avendo afferrato subito il senso della frase, chiede a Virgilio il significato, quest'ultimo lo ammonisce dicendogli che non deve aver paura di entrare nell'inferno e che piuttosto deve prepararsi psicologicamente per affrontare la visione delle anime tristi dei dannati lasciando ogni esitazione (sospetto) e titubanza, essendo questo un luogo dove si incontrano le persone che hanno perduto Dio, il bene intellettuale per eccellenza.
Nel titolo trovate scritto "Lasciate ogni speranza, o voi che entrate", ma è la forma più comune, quella già parafrasata, ma e non quella corretta. In realtà la frase originale sarebbe:
Lasciate ogne speranza, voi ch' intrate.
Il testo per intero che introduce il canto è il seguente:
"Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
fecemi la divina podestate,
la somma sapienza e ’l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate".
Significato
Tale frase serve per mettere in guarda chi sta per entrare, infatti si tratta di una porta di solo andata, che durerà in eterno e che una volta varcata non c'è alcuna speranza di tornare indietro. Il significato di questa frase è che tutte le anime prima di morire sulla Terra, non pentite per i loro peccati, dovranno lasciare ogni speranza di poter vedere Dio o di andare in purgatorio a pentirsi.