Ungaretti di fronte alla guerra riscopre la vita e un nuovo parlarsi tra gli uomini. Non è ancora una denuncia morale alla guerra, ma è l'espressione poetica dell'istinto vitale che supera la crudezza della morte (Veglia - 1915).
Dopo un anno di guerra il canto poetico diventa punto e silenzio, questa volta la morte (denuncia esistenziale e morale della guerra) riscatta la crudezza di una vita in guerra (Sono una creatura - 1916).
La morte non dà più reazioni vitali, ma diventa introiezione della morte stessa conservando nell'anima i compagni morti (San Martino del Carso - 1915).
Il poeta vuole ricostruire la sua identià immergendosi nella vita, sentendosi una piccola parte di essa (I fiumi - 1916).
Durante la 2° guerra mondiale la poesia esprime la conraddizione di appartenere a reggimenti nemici e nello stesso tempo all'umanità provocando così la rivolta verso la guerra, vista ormai non più come luogo mentale dove trovare un po' di umanità, ma come un'ossessione a cui opporsi. Il poeta, colpito anche da lutti familiari, fa un accorato appello a cessare una guerra che non ha più rispetto neanche per i morti (Non gridate più).
Fonte: Mapper-Mapper