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Capitolo 9 de I Promessi Sposi - Analisi e Commento

Spiegazione, analisi e commento degli avvenimenti del nono capitolo (cap. IX) del celebre romanzo I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.

Analisi e commento del nono capitolo de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.


La struttura

Si deve innanzitutto osservare che il IX e il X capitolo rappresentano una storia nella storia (o, con termine più tecnico, un racconto intradiegetico, cioè collocato all'interno dell'altro).
L'inizio del capitolo rappresenta una specie di "cerniera" tra la prima e la seconda parte del romanzo, tra la sezione "borghigiana" e quella caratterizzata da un allargamento spaziale (Monza, Milano) e socio-storico (i personaggi e i fatti assumono un certo rilievo: non si tratta più di don Rodrigo e delle vicende di un paese, ma della potente "signora" e della carestia, causa di sommosse popolari)
Le ultime sequenze contengono parti descrittive che, interrompendo la narrazione, servono a caratterizzare un nuovo personaggio, la monaca di Monza, di cui il narratore ricostruisce la vita passata.



Il tempo

Il capitolo nono fornisce, nelle prime pagine, un'indicazione temporale che permette al lettore di calcolare la data: è sabato 11 novembre, mattino. I fuggitivi, dopo il viaggio in barca, hanno proseguito in baroccio: giunti a destinazione, Renzo e le donne si separano.


Il flashback
In questa prima fase, che possiamo far arrivare sino all'incontro con Gertrude, non ci sono "salti" temporali. L'anacronia - che implica una discordanza tra fabula e intreccio - si verifica poi con l'intervento diretto del narratore che, fingendo di accorciare la cronaca dell'anonimo, decide di raccontar brevemente la storia di questa infelice. Egli stesso, poi, precisa il duplice scopo del lungo flash-back: spiegare, risalendo all'infanzia e alla giovinezza, sia quell'aspetto insolito e misterioso, che tanto colpisce chi avvicina la monaca sia i motivi della sua condotta, in quello che avvenne dopo.


La prevalenza dei sommari
All'interno del flashback, che costituisce un rallentamento della narrazione, troviamo un'alternanza delle varie forme di durata, con prevalenza del sommario:
  • infanzia;
  • adolescenza: il passaggio tra le due fasi avviene attraverso un sommario, che sintetizza, in due pagine circa, gli avvenimenti di otto anni;
  • Un altro sommario informa il lettore del periodo trascorso tra la presentazione della richiesta di ammissione al convento e il ritorno a casa per un mese, come prescritto dalle regole ecclesiastiche;
  • il ritorno a casa e l'episodio del paggio, fino al cedimento di Gertrude.



Il personaggio di Gertrude: le modalità di presentazione


La poetica della verosimiglianza
In questo capitolo, Manzoni fornisce l'applicazione concreta di un aspetto importante della sua poetica, quello riguardante il rapporto tra storia e poesia, tra il vero storico e il vero poetico, tra l'esigenza di rispettare i dati storici e la libertà creativa dello scrittore. In altri termini, la monaca di Monza è realmente vissuta, ma la ricostruzione della sua personalità, attraverso l'analisi dell'adolescenza e della vita in convento, è il frutto della libera interpretazione della vicenda da parte dell'autore che si serve della sua capacità di penetrazione psicologica. Non possiamo conoscere i veri sentimenti del personaggio, ma è verosimile che siano stati quelli descritti da Manzoni. Così, la figura di Gertrude si colloca nel romanzo con una fisionomia precisa: la sua esistenza storica arricchisce il suo dramma umano e lo rende vivo, credibile.


La presentazione di Gertrude nelle parole di altri personaggi
La monaca viene introdotta nella narrazione principalmente in due modi: indirettamente, attraverso il punto di vista di altri personaggi, e direttamente, attraverso un ritratto che è fisico e psicologico insieme. Nel primo caso, poiché Agnese e Lucia vogliono sapere di più a proposito della loro futura protettrice, sono il padre guardiano e il barocciaio a parlare di lei. Il frate non ne pronuncia mai il nome, ma la qualifica come "signora" che, peraltro, non è un titolo abituale per una suora: così, il lettore e i personaggi cominciano a comprendere di trovarsi di fronte a qualcuno fuori del comune. Questa prima impressione è confermata dalle parole del barocciaio che sottolineano la diversità della donna e la sua posizione particolare all'interno del monastero. L'ottica dell'uomo è quella popolare che circonda la signora di meraviglia e mistero attribuendole un grande potere. Questi elementi ne fanno una persona isolata, staccata dalle altre, non solo perché ella vive in clausura, ma anche perché lo spazio del monastero, simile a un labirinto, la colloca in un centro irraggiungibile: lo prova il fatto che Agnese e Lucia debbano servirsi di un intermediario, il padre guardiano, e che debbano attraversare un cortile, compiere una sosta nelle stanze della fattoressa, passare per un secondo cortile, entrare in una stanza a pianterreno che conduce finalmente nel parlatorio.
Nel capitolo, gli umili e i potenti non si incontrano direttamente, ma attraverso una duplice mediazione: quella del frate e quella di uno spazio che, per essere attraversato, necessita di una guida.


Il ritratto del narratore
La presentazione diretta di Gertrude avviene con il ritratto che ne fa il narratore, caratterizzato da una fusione perfetta di elementi fisici e psicologici: anzi, quelli sono la spia rivelatrice di questi. Nel complesso, si tratta di una monaca, singolare. Ancora una volta, è lo spazio a sottolineare tale diversità: Lucia si guarda intorno, ma la stanza le appare vuota e, quando finalmente si accorge di Gertrude, questa è dietro una grata, anch'essa dalla forma singolare.
La struttura spaziale è a scatole cinesi: dall'esterno all'interno del monastero; attraverso stanze e cortili; nel parlatorio, dietro una finestra ad inferriate. Al centro, il personaggio, esaltato nella sua specificità, nel suo essere particolare.


Le antitesi
Gli elementi fisici del ritratto sono animati da una serie di contrapposizioni, sono cioè costruiti per antitesi. La prima è di natura cromatica.
La descrizione è in bianco e nero, quasi si trattasse di un'antica fotografia. La scelta del non-colore e l'insistenza su certi particolari dell'abbigliamento sottolineano una fisionomia, esteriore dominata da un'altra antitesi, quella tra immobilità e movimento.
Questi elementi descrittivi rimandano a un disordine interiore, a una condizione di tormento, di contrasto tra forze opposte che, in lotta fra loro, la fanno apparire più vecchia, la imbruttiscono.
Il lettore intuisce il dramma, ma non lo comprende pienamente: sa che il mistero c'è, ma non sa ancora di che cosa si tratta. La scrittura manzoniana, quanto più tratteggia con chiarezza l'aspetto esteriore di Gertrude, tanto più fa emergere l'ombra, il lato oscuro di questa donna.


Le parole del personaggio
La costruzione del personaggio di Gertrude si avvale, oltre che dell'ottica del narratore e di quella di altri due personaggi, anche delle parole e dell'atteggiamento della monaca stessa, che rivelano nuovi particolari. La tecnica narrativa è quella del dialogo a più voci (oltre a lei, il padre guardiano, Agnese e Lucia). Ogni frase della signora è l'espressione di un sentimento.

Il linguaggio dei personaggi è indicativo del loro carattere e, mai come in questo capitolo, il codice linguistico appare verosimile, adeguato alle condizioni sociali e alla personalità dei parlanti.
Se il lessico popolare di Agnese e la sua sintassi ingarbugliata sono in netto contrasto con il linguaggio diplomatico del frate, spesso caratterizzato dalla reticenza, e con quello chiaro e controllato di Lucia, il modo di parlare di Gertrude è, dunque, un'ulteriore modalità di presentazione del personaggio. Innanzitutto, il registro è formale, come si addice a chi è consapevole del proprio rango, del posto che occupa nella società. La conoscenza, probabilmente di vecchia data, del padre guardiano non le impedisce di mantenere le distanze e, addirittura, di ironizzare amaramente sulla comune condizione religiosa .
Nel discorso rivolto a Lucia è contenuta un'iperbole, la figura retorica che consente di esprimere un'esagerazione, per ironia. L'amplificazione del significato ben si adatta ad un carattere come quello di Gertrude, portato ad alterare una realtà per lei evidentemente insopportabile. Le parole, pertanto, sono rivelatrici di ciò che ella pensa, dell'irritazione per il comportamento reticente del frate, espressa non in modo diretto, bensì sempre per allusione; allo stesso modo, il suo abbigliamento non spiega, ma allude, rinvia a un qualcosa di più profondo. C'è in lei, un evidente contrasto tra l'essere e l'apparire, tra ciò che è veramente e ciò che sembra, tra verità e inganno.
Anche il racconto dell'infamia e dell'adolescenza di Gertrude - nel flashback che inizia nell'ultima parte del capitolo - insiste sul contrasto tra una volontà forte e determinata (del padre) e una volontà debole e suggestionabile (di Gertrude).



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