Dove: nella valle e nel castello dell'innominato, nel paese dei promessi sposi;
Quando: tra la fine di settembre e l'ottobre del 1629;
Chi: don Abbondio, Perpetua,Agnese, l'innominato,il sarto.
Sintesi
Don Abbondio, Perpetua e Agnese giungono al castello dell'InnominatoLungo tutto il percorso nella valle, fino alla Malanotte, si vedono persone dirette al castello dell'Innominato per trovarvi rifugio. Don Abbondio ne è irritato, perché teme che tanta folla attiri l'attenzione dei lanzichenecchi; gli stessi uomini dell'Innominato che, armati, controllano la valle, gli sembrano una provocazione. Alle donne, però, raccomanda la prudenza: bisogna far viso ridente, e approvare tutto quello che si vede. Durante la salita a piedi dalla Malanotte al castello, aggiunge un altro precetto: tacere, perché a stare zitti non si sbaglia mai. Con l'innominato, che accoglie gli ospiti, don Abbondio usa un tono quanto mai cerimonioso, mentre assai più spontanea è Agnese. Le spiegazioni che l'innominato fornisce al curato sulle misure prese per difendere il castello, come prevedibile, non lo rassicurano.
Il soggiorno al castello
Il soggiorno al castello dei tre fuggiaschi si protrae per ventitré o ventiquattro giorni che trascorrono abbastanza tranquilli, grazie anche alla sollecitudine con cui l'innominato provvede a mandare in perlustrazione i propri uomini. Agnese e Perpetua si rendono utili svolgendo qualche piccolo servizio, mentre don Abbondio non fa che agitarsi, sia per il timore di un possibile assalto al castello sia per il pensiero della sua casa abbandonata. Al castello si segue con attenzione il passaggio dei vari reggimenti sul ponte di Lecco. Quando giunge la notizia dell'ultimo passaggio, il castello si svuota dei suoi ospiti. Don Abbondio, però, per timore di imbattersi in qualche lanzichenecco sbandato, è l'ultimo a lasciare il rifugio.
La partenza e l'arrivo al paese
Nel giorno del commiato, l'innominato fa preparare una carrozza per i suoi tre ospiti e dona ad Agnese biancheria e denaro. I tre sostano brevemente a casa del sarto, quindi raggiungono il loro paese attraverso uno spettacolo di desolazione e distruzione, traccia del passaggio dei lanzichenecchi. Le loro abitazioni sono state devastate: non tanto quella di Agnese, che si reputa fortunata di dover solo spazzare e ripulire, quanto la canonica. Qui i lanzichenecchi hanno fatto disastri, sia divertendosi a imbrattare i muri con caricature di preti sia rubando il tesoro sotterrato da Perpetua sotto il fico. La cosa provoca una serie di lamentele di Don Abbondio nei confronti della serva, ma Perpetua certamente non sta zitta, né tace quando si accorge che il curato ha timore di chiedere la restituzione di alcuni oggetti che, anziché in mano dei lanzichenecchi, sono nelle case di certi parrocchiani. Alla fine don Abbondio rinuncia a lamentarsi con Perpetua, per paura di esserne rimproverato.
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