Tema centrale
Il libro ventiquattro vede il sorprendente cambiamento del personaggio di Achille: iniziato all'insegna della ferocia con cui egli, nonostante abbia ormai vendicato Patroclo, continua a infierire sul cadavere di Ettore, il racconto si conclude con l’incontro, amaro ma pacato, dolente e umanissimo fra il giovane eroe e il vecchio padre del suo nemico.Secondo alcuni interpreti questo canto dell'Iliade sarebbe un’aggiunta posteriore, sia
perché sembra ingiustificato il mutamento dell’eroe protagonista di tante crudeltà, sia perché l’opera può dirsi conclusa con i giochi funebri per Patroclo. Secondo altri invece questo canto sarebbe autentico; con questo epilogo, infatti, la vicenda assume un tono superiore e l’ira personale di Achille cede di fronte a sentimenti umani più profondi, alla comune infelicità degli uomini, che l’eroe, toccato profondamente dalla morte dell’amico, sembra percepire ormai al di sopra dell’ostilità contro il nemico. Opportunamente quindi l’opera si chiude con i funerali di Ettore, con la commemorazione dell’altro grande eroe dell’Iliade, del nemico sconfitto.
Il narratore
Al narratore esterno, per larghi tratti subentrano i narratori secondari, interni, Priamo e Achille, i veri narratori di questo libro. Nei loro lunghi discorsi emergono temi nuovi, estranei finora alla poesia dell’Iliade, la pietà per i vinti, per gli anziani soli e inermi, il destino degli uomini, accomunati dall’infelicità e dal dolore. In particolare si distingue il racconto di Achille, quasi una breve favola, che con l’elementare immagine degli orci di Zeus spiega la sorte umana. L’Achille dell’inserto mitologico è ben diverso dall’eroe collerico, dal guerriero invincibile e si presenta in una dimensione di sapienza ormai raggiunta, che lo avvicina a Nestore, il narratore di miti per eccellenza.Lo spazio
La scena si svolge in diversi spazi: quello dominante è il campo nemico, sentito come un anti-spazio rispetto alla città, che Priamo abbandona, quindi pericoloso e oscuro. La tenda di Achille è ancora una volta un luogo separato dal resto dell’accampamento, ma per una ragione diversa rispetto alle altre situazioni in cui è apparsa tale: qui si svolge una nuova “rappresentazione”, lontana dal fragore delle armi e dalla cecità degli eroi: la scena della compassione e della riflessione.Il tempo
La vicenda è significativamente ambientata di notte, quando la battaglia tace e avvengono fatti non necessariamente eroici, che rappresentano una pausa, come l’ambasceria ad Achille nel nono libro e l’imboscata di Odisseo e Diomede nel decimo, o, come in questo caso, una conclusione almeno parziale, staccata dal ritmo della guerra.L'ordine della narrazione
La narrazione è segnata dai ricordi nei discorsi dei personaggi e dalla profezia della futura morte di Achille. Anche se questa non sarà narrata dall’Iliade, colloca tuttavia l’eroe in una prospettiva in un certo senso parallela a quella che segna Ettore dal sesto libro in poi e ridimensiona la sua vittoria nel momento stesso in cui è raggiunta.I personaggi
Per la prima volta il personaggio Achille ascolta un dolore privato e vede nel cordoglio di Priamo la sofferenza del suo stesso padre, anziano e destinato a rimanere solo.Sa vedere oltre l’immagine del nemico, la comune sorte umana; supera lo schema del codice di comportamento guerriero in nome di una nuova sensibilità, meno passionale, meno istintiva. L’intervento di Zeus, che lo obbliga a restituire il cadavere sembra un pretesto narrativo per spiegare un passo a cui in realtà Achille accondiscende in nome di una maturità nuova. Questa maturità nuova, che conferisce al personaggio uno spessore umano inedito, lo caratterizza nel momento in cui, rimasto solo, privo del compagno più vecchio, si rivolge a Priamo con un’autorevolezza che gli viene dall’esperienza del dolore, come se intorno a lui, morto Ettore, non esistessero più nemici, ma uomini condannati allo stesso tragico destino.
Priamo rappresenta la figura del vecchio, anch’egli ormai solo, che piange il figlio morto in difesa della comunità, completamente inerme e ormai anche privo di potere, dal momento che gli è venuto meno l’unico vero aiuto.
Gli dei
Per volere di Zeus si compie l’ultimo atto: i riti funebri celebrati per Ettore ne sanciscono il valore, consegnandolo alla memoria dei posteri. Dunque gli dei, che pur non hanno potuto cambiare il destino dell’eroe, intervengono a porre fine alla vendetta e a “garantire” un ritorno all’ordine. D’altra parte, Hermes, che affianca Priamo nella scena conclusiva, pone sotto la diretta protezione divina un uomo giusto e gli consente di attraversare il campo nemico, in una sorta di estrema aristéia.