Achille trascina il corpo senza vita di Ettore attorno a Troia. Affresco della fine del XIX secolo nel palazzo dell'Achilleion a Corfù, in Grecia |
I Troiani, decimati dalla furia di Achille, riescono a rientrare dentro le mura della città: solo Ettore ne resta fuori. Apollo si fa riconoscere da Achille, che, accortosi di aver inseguito un vano simulacro, ritorna correndo verso la città; dall’alto delle mura lo vede Priamo che avverte tutta la minaccia funesta e scongiura il figlio Ettore di non restare fuori delle mura ad attendere Achille. Priamo descrive con immagini allucinate la sorte che Troia subirà se Ettore dovesse morire, presagendo la sua stessa morte.
Al lamento di Priamo si associa Ecuba, che invoca il figlio facendo leva sul sentimento materno. Ettore, tuttavia, non ascolta nessuno e resta immobile ad attendere Achille, nonostante il suo animo sia profondamente turbato e combattuto fra due scelte: rientrare in città e subire le critiche dei suoi concittadini che lo accuseranno di aver mandato alla rovina l’esercito, o, deposte le armi, chiedere la pace e restituire Elena. Ma entrambe le possibilità ripugnano a Ettore, che sceglie lo scontro con Achille.
Nel vedersi davanti Achille, però, egli è colto dal timore e fugge correndo intorno alla città, finché non interviene Atena che, sotto le spoglie di Deifobo, fratello di Ettore, lo convince a fermarsi e ad affrontare il nemico.
Il duello, fortemente influenzato dall'intervento della dea, vede vincitore Achille, che oltraggia il corpo del nemico trascinandolo con il carro intorno alla città. Dall'alto delle mura i Troiani assistono alla scena, mentre si leva disperato il pianto di Ecuba e di Priamo che vedono il figlio straziato. Andromaca, ancora ignara di tutto, sentito il clamore, corre sulle mura e, vista la terribile scena, piange sconvolta il marito ucciso e la sorte sua e del figlio.
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