Concluso il duello fra Menelao e Paride con la fuga di quest’ultimo, gli dei riuniti in assemblea attorno a Zeus; contestano i patti stabiliti dalla tregua d’armi. Atena e soprattutto Era caldeggiano la ripresa delle ostilità per far trionfare gli Achei.
Le Dee, adirate con Zeus, lo inducono a lasciar scendere Atena sulla terra. Qui la Dea istiga il troiano Pandaro a colpire Menelao, sostenendo che avrà grande onore fra i Troiani se lo ucciderà. Naturalmente, la freccia scagliata da Pandaro è deviata da Atena e ferisce solo superficialmente l’eroe greco; tanto basta però a far considerare i Troiani dei traditori, a sciogliere ogni vincolo ai patti giurati prima del duello e a mettere in moto la vendetta di Agamennone. La responsabilità dell’atto di Pandaro, dunque, ricade su tutti i Troiani, ritenuti trasgressori dei patti e del giuramento: la gravissima violazione del codice d’onore innesca un’accanita rivalsa, proprio in nome di quello stesso codice d’onore che, trasgredito, deve essere riaffermato con il valore militare sul campo. Agamennone, passando in rassegna gli schieramenti, li incoraggia e li esorta al combattimento. Ben presto la battaglia divampa con grande ferocia, mentre Apollo sprona i Troiani (data l'assenza di Achille sono più vulnerabili) ed Atena incita gli Achei, passando fra le file degli armati.
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