Il libro quinto è tutto dedicato alle prove di valore guerresco affidate agli eroi, a fianco dei quali combattono, con violenza e odio profondi, gli Dèi stessi. Gli eroi entrano in scena spesso solo per morire nel duello, ma il poeta ne consacra la gloria, riferendo brevemente di ognuno di essi il nome, la stirpe e l’uccisore. Pandaro, subito dopo aver riacceso la contesa, è ucciso da Diomede, incoraggiato da Atena a combattere; anche Enea cadrebbe sotto le armi del greco, se non fosse per l'intervento tempestivo di madre Afrodite; ma Diomede osa persino ferire la Dea e solo l’intervento di Apollo porta definitivamente in salvo Enea. Ares stesso, allora, entra in campo al fianco di Ettore, per risollevare le sorti dei Troiani e contrastare l’aiuto di Atena a favore degli achei. Diomede, che muove incontro ad Ettore, arretra quando comprende che quest’ultimo è sostenuto da Ares e raccomanda ai suoi di non combattere contro gli Dèi, nonostante egli stesso abbia appena ferito Afrodite. Era esorta Atena a tornare con lei sul campo: quest’ultima, affiancato Diomede sul carro, lo spinge a combattere contro Ares stesso, che, ferito, torna sull’Olimpo, dove Zeus lo rimprovera di aver cambiato partito, di essersi schierato a fianco dei Troiani e, soprattutto, di essere un violento, amante di ogni contesa. Infine, anche Atena ed Era ritornano alla casa di Zeus.
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