Enea e i suoi compagni presso la tomba di Anchise |
Da lontano, oramai in navigazione, Enea scorge le fiamme del rogo di Didone, e un triste presagio pervade i cuori dei Troiani. Il timoniere Palinuro, temendo le avversità del mare, consiglia di approdare sulle coste siciliane, a Drepano, dove il troiano Aceste li accoglierà benevolmente. Enea accetta questo consiglio: è infatti trascorso un anno dalla morte di Anchise che proprio a Drepano è sepolto: la sosta sarà quindi occasione per celebrare i riti funebri.
Giunti da Aceste, vengono accolti in modo ospitale. Nel corso del solenne sacrificio in onore di Anchise, un serpente dorato, a sette spire, liba le offerte già pronte: Enea interpreta il presagio favorevolmente e offre nuove vittime.
In seguito vengono celebrati i giochi: una gara di navi, una di corsa (cui partecipano anche Eurialo e Niso, due giovani amici protagonisti del IX libro), un combattimento di pugilato. Nel corso di quest'ultima gara, l'anziano ma forte Entello vince il compiaciuto Darete, convinto che nessuno osasse sfidarlo. Segue quindi il tiro con l'arco: in questa gara, Aceste, sorteggiato a tirare per ultimo, quando ormai la colomba posta come preda è già stata colpita, scocca una freccia che prende fuoco e segna una scia fiammeggiante, come una stella cometa: anche questo è interpretato da Enea come un presagio favorevole.
I giochi sono chiusi da una parata gioiosa di giovinetti a cavallo: li guida Ascanio, che intreccia con loro diversi percorsi: questa giostra equestre, spiega il poeta, sarà celebrata a Roma in memoria dell'antica origine (è il cosiddetto ludus Troiae, introdotto da Ascanio nel Lazio e riesumato da Augusto).
Ma, mentre si svolge questa festosa cerimonia, Giunone manda Iride, sotto le spoglie di Beroe, una troiana, a istigare le donne, ormai stanche, perché incendino le navi per impedire una nuova partenza. Ascanio, ancora in sella al cavallo, alla notizia di quanto accade al porto, rimprovera aspramente le donne, che comprendono l'opera nefasta della dea e fuggono spaventate. Enea prega Giove di aiutarlo: una tempesta inviata dal dio spegne l'incendio divampato, ma quattro navi sono purtroppo andate perdute.
Naute, anziano e sapiente, consiglia a Enea di lasciare in Sicilia gli uomini deboli e stanchi di navigare e le donne che non vogliano seguirlo. Lo stesso Anchise, apparso al figlio, appoggia questo piano e gli ordina di recarsi, prima di giungere al luogo destinato per la fondazione della nuova patria, ai Campi Elisi, sede dei beati, dove lo incontrerà. Quindi Enea insieme ai compagni traccia il confine della città che i Troiani rimasti fonderanno e chiameranno Acesta; al momento di partire tutti si salutano profondamente commossi.
Venere si rivolge a Nettuno perché garantisca ai profughi una serena navigazione: il dio acconsente, dicendo che un solo compagno di Enea morirà in mare prima di giungere in Italia. Preso il mare, la navigazione procede tranquilla; ma, scesa la notte, il fidato timoniere Palinuro, ingannato dal sonno che ne vince la resistenza, cade in acqua e annega.
Intanto, con il favore di Nettuno, la flotta prosegue la rotta e solo in prossimità della meta Enea si accorge che il nocchiero è sparito: prende egli stesso in mano il timone e guida la nave, mentre compiange il compagno perduto. La spiaggia dove giacerà porterà il suo nome.
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