Quando si pronunciano le consonanti (c, s, l, g, m p) ci accorgiamo che mentre le pronunciamo non apriamo del tutto la bocca. Le consonanti sono suoni o fonemi pronunciati con la bocca chiusa o semichiusa. Mentre le vocali possono far sillaba da sole (a-la), le consonanti fanno sillaba solo se unite alle vocali: ca-sa, fab-bri-ca, rot-to.
Guardatevi ora allo specchio e pronunciate le consonanti p, b, m: per pronunciarle, accostate le labbra. Per pronunciare l ed r, muovete invece la lingua.
In rapporto agli organi che muoviamo o al punto in cui le articoliamo, le consonanti si dividono in:
Labiali se sono articolate con le labbra: p,b,f,v,m
Linguali o alveolari se sono articolate con la punta della lingua: l, r
Dentali se la lingua si appoggia ai denti anteriori: d,t,s,z,n
Palatali se la lingua si appoggia al palato: c ed g dolci
Gutturali o velari se la lingua si appoggia verso la gola: c ed g dure, q
C e G hanno un suono duro o gutturale (nel pronunciarle la lingua si appoggia verso la gola);
- davanti ad a, o, u: casa, cubo, tacco, gara, gola, gusto, agguato;
- davanti a consonante: crema, declamare, scrollare;
- in fine di parola: tic tac, bloc-notes;
Hanno un suono dolce e palatale (nel pronunciarle la lingua si appoggia al palato):
- davanti a e, i: cena, acceso, piccino, gesto, giro, legge, muggito.
H è muta, non si pronuncia, non rappresenta un suono o fonema ma serve solo come segno grafico:
- per dare a c ed g il suono duro gutturale davanti a e i: che, chiaro, tarchiato, ghiotto, margherita, ghermire;
- in alcune voci del verbo avere: ho, hai, ha, hanno (cadute in disuso le forme ò, ài, à, ànno );
- nelle esclamazioni o interiezioni come ah, ahi, eh, ih, deh ecc.
Q è sempre seguita da u + vocale: quadro, questo, quindi, inquieto.
Il suono qu è molto simile al suono cu: iniquo e proficuo, per cui possono nascere dei dubbi. In questi casi sarebbe molto utile la conoscenza delle parole latine da cui derivano quelle italiane (iniquus e proficuus); in mancanza di essa, bisogna consultare il vocabolario.
Il rafforzamento delle consonanti si fa ripetendole: retta, mamma, collo ecc. La q si rafforza invece mediante la c: acqua, acquistare ecc. Solo la parola soqquadro ha la doppia q.
S e Z possono essere sonore o sorde:
S è sonora (o dolce) in rosa, sbagliare, isola
S è sorda (o aspra) in sala, stella, rossa
Z è sonora (o dolce) in zanzare, zero, azienda, azzurro
Z è sorda (o aspra) in zucca, zampa, pazzo
La dimostrazione tra le due s o le due z (sorde o sonore) è molto difficile, perché le parlate regionali sono molto diverse tra loro. Nei dizionari la s e la z sorde sono indicate con segni normali (sala, stella, rosso, pazzo, zucca); la s e la z sonore sono invece indicate con i segni ʃ e ʒ.
S pura, S impura
S + vocale si dice s pura: sale, suolo, pensare, ansia.
S + consonante si dice s impura: stare, scala, resto, sdegno.
B e p precedute da m e n
Davanti alle consonanti b e p troviamo generalmente la m e non la n: bimbo, rompere, imbattibile, impagabile, Giampiero, Giampaolo (corretti Gian Piero, Gian Paolo; meno comuni, ma non errate, sono le forme Giampiero e Giampaolo).
Nelle parole composte in cui i componenti si avvertono ancora come ben distinti, la n si mantiene. Sono le parole composte con ben: benpensante, benportante, benparlante ecc.
Per non sbagliare
I gruppi qu e cu:
La pronuncia dei gruppi qu e cu in italiano è quasi identica (diciamo quasi per tranquillizzare coloro che ne avvertono ancora la differenza) e non esiste quindi una regola precisa capace di risolvere i dubbi in proposito. Possiamo tuttavia suggerire un espediente pratico: dato che la nostra lingua ha pochissime parole contenenti cu + vocale, non resta che imparare quelle di uso corrente: acuire, circuire, cospicuo, cui, cuocere, cuoco, cuoio, cuore, innocuo, percuotere, proficuo, perspicuo, promiscuo, riscuotere, scuotere, scuola, taccuino, vacuo. Restano fuori dall’elenco pochissimi assai vocaboli di uso assai raro.
Le consonanti doppie:
Una consonante raddoppiata può cambiare totalmente il significato di una parola.
Ma quando si usano le semplici o le doppie?
Si dice capotto o cappotto, scaffale o scafale, comodo o commodo, abile o abbile, addizione o adizione? Si dice cappotto, comodo, abile e addizione. Con questo non abbiamo però risposto alla domanda. A volte ci può aiutare l’origine delle parole, come nel caso di cappotto che deriva da cappa; nella maggior parte dei casi, però, dobbiamo ricorrere al dizionario, perché non esistono regole in proposito. Possiamo tuttavia darvi due norme per evitare gli errori più comuni:
1. davanti a -ioze g e z non si raddoppiano mai: ragione, nazione.
2. davanti a –ile b non si raddoppia mai: abile, mobile.
Guardatevi ora allo specchio e pronunciate le consonanti p, b, m: per pronunciarle, accostate le labbra. Per pronunciare l ed r, muovete invece la lingua.
In rapporto agli organi che muoviamo o al punto in cui le articoliamo, le consonanti si dividono in:
Labiali se sono articolate con le labbra: p,b,f,v,m
Linguali o alveolari se sono articolate con la punta della lingua: l, r
Dentali se la lingua si appoggia ai denti anteriori: d,t,s,z,n
Palatali se la lingua si appoggia al palato: c ed g dolci
Gutturali o velari se la lingua si appoggia verso la gola: c ed g dure, q
C e G hanno un suono duro o gutturale (nel pronunciarle la lingua si appoggia verso la gola);
- davanti ad a, o, u: casa, cubo, tacco, gara, gola, gusto, agguato;
- davanti a consonante: crema, declamare, scrollare;
- in fine di parola: tic tac, bloc-notes;
Hanno un suono dolce e palatale (nel pronunciarle la lingua si appoggia al palato):
- davanti a e, i: cena, acceso, piccino, gesto, giro, legge, muggito.
H è muta, non si pronuncia, non rappresenta un suono o fonema ma serve solo come segno grafico:
- per dare a c ed g il suono duro gutturale davanti a e i: che, chiaro, tarchiato, ghiotto, margherita, ghermire;
- in alcune voci del verbo avere: ho, hai, ha, hanno (cadute in disuso le forme ò, ài, à, ànno );
- nelle esclamazioni o interiezioni come ah, ahi, eh, ih, deh ecc.
Q è sempre seguita da u + vocale: quadro, questo, quindi, inquieto.
Il suono qu è molto simile al suono cu: iniquo e proficuo, per cui possono nascere dei dubbi. In questi casi sarebbe molto utile la conoscenza delle parole latine da cui derivano quelle italiane (iniquus e proficuus); in mancanza di essa, bisogna consultare il vocabolario.
Il rafforzamento delle consonanti si fa ripetendole: retta, mamma, collo ecc. La q si rafforza invece mediante la c: acqua, acquistare ecc. Solo la parola soqquadro ha la doppia q.
S e Z possono essere sonore o sorde:
S è sonora (o dolce) in rosa, sbagliare, isola
S è sorda (o aspra) in sala, stella, rossa
Z è sonora (o dolce) in zanzare, zero, azienda, azzurro
Z è sorda (o aspra) in zucca, zampa, pazzo
La dimostrazione tra le due s o le due z (sorde o sonore) è molto difficile, perché le parlate regionali sono molto diverse tra loro. Nei dizionari la s e la z sorde sono indicate con segni normali (sala, stella, rosso, pazzo, zucca); la s e la z sonore sono invece indicate con i segni ʃ e ʒ.
S pura, S impura
S + vocale si dice s pura: sale, suolo, pensare, ansia.
S + consonante si dice s impura: stare, scala, resto, sdegno.
B e p precedute da m e n
Davanti alle consonanti b e p troviamo generalmente la m e non la n: bimbo, rompere, imbattibile, impagabile, Giampiero, Giampaolo (corretti Gian Piero, Gian Paolo; meno comuni, ma non errate, sono le forme Giampiero e Giampaolo).
Nelle parole composte in cui i componenti si avvertono ancora come ben distinti, la n si mantiene. Sono le parole composte con ben: benpensante, benportante, benparlante ecc.
Per non sbagliare
I gruppi qu e cu:
La pronuncia dei gruppi qu e cu in italiano è quasi identica (diciamo quasi per tranquillizzare coloro che ne avvertono ancora la differenza) e non esiste quindi una regola precisa capace di risolvere i dubbi in proposito. Possiamo tuttavia suggerire un espediente pratico: dato che la nostra lingua ha pochissime parole contenenti cu + vocale, non resta che imparare quelle di uso corrente: acuire, circuire, cospicuo, cui, cuocere, cuoco, cuoio, cuore, innocuo, percuotere, proficuo, perspicuo, promiscuo, riscuotere, scuotere, scuola, taccuino, vacuo. Restano fuori dall’elenco pochissimi assai vocaboli di uso assai raro.
Le consonanti doppie:
Una consonante raddoppiata può cambiare totalmente il significato di una parola.
Ma quando si usano le semplici o le doppie?
Si dice capotto o cappotto, scaffale o scafale, comodo o commodo, abile o abbile, addizione o adizione? Si dice cappotto, comodo, abile e addizione. Con questo non abbiamo però risposto alla domanda. A volte ci può aiutare l’origine delle parole, come nel caso di cappotto che deriva da cappa; nella maggior parte dei casi, però, dobbiamo ricorrere al dizionario, perché non esistono regole in proposito. Possiamo tuttavia darvi due norme per evitare gli errori più comuni:
1. davanti a -ioze g e z non si raddoppiano mai: ragione, nazione.
2. davanti a –ile b non si raddoppia mai: abile, mobile.