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Purgatorio Canto 18 - Riassunto

Appunto di letteratura italiana contenente il riassunto del diciottesimo canto (canto XVIII) del Purgatorio dantesco.
Gli accidiosi, illustrazione di Gustave Doré

Tempo: notte fra lunedì di Pasqua 11 e martedì 12 aprile 1300

Luogo: Cornice IV

Personaggi: Dante, Virgilio, abate di San Zeno

Penitenti e pena: Accidiosi. Sono coloro che in vita hanno dimostrato lento amore, cioè hanno esercitato con poco vigore gli istinti naturali e virtuosi dell’amore e della carità. Devono correre frettolosamente per la cornice, gridando esempi di sollecitudine e di accidia punita.



Sinteti

La natura dell'amore
Esortato da Virgilio a esporre il dubbio che lo assilla, Dante chiede spiegazioni sulla natura dell'amore, causa di ogni buon operare e del suo contrario. Virgilio gli chiarisce che l'animo umano, predisposto all'amore, si volge sempre verso qualsiasi oggetto piacevole. Dapprima le facoltà conoscitive colgono l'immagine esterna della realtà, poi l'animo rielabora tale immagine e se, volgendosi ad ammirarla, se ne sente attratto, ha origine l'amore, che via via avvince di sé l'animo.


L'amore e il suo oggetto
Dominato dall'amore, l'animo è preso dal desiderio dell'oggetto amato e a esso tende fino a raggiungere la gioia dell'unione. La disposizione all'amore è buona: non sempre però lo è l'oggetto dell'amore. Dante fa rilevare che, se l'anima è predisposta all'amore non si può attribuirle la responsabilità del seguire una strada giusta o sbagliata. Ma Virgilio gli obietta che il libero arbitrio, di cui l'uomo è dotato, presiede alla scelta di ogni sua azione e lo rende responsabile delle conseguenze che essa produce.


La schiera degli accidiosi
Frattanto è giunta mezzanotte, e Dante, appagato dalla risposta di Virgilio, sta per essere vinto dal sonno quando vede una schiera di penitenti che corrono veloci. Si tratta degli accidiosi che, gridando esempi di sollecitudine, piangono e si esortano vicendevolmente a non perder tempo per accidia. Virgilio chiede a queste anime la strada per salire alla quinta cornice e una di esse invita i due pellegrini a tener loro dietro.


La profezia dell'abate
È l'abate del monastero di San Zeno a Verona, vissuto sotto l'impero di Federico Barbarossa; egli predice che presto un certo personaggio (Alberto della Scala) pagherà il fio per aver imposto con la forza il figlio corrotto come abate di San Zeno al posto dell'abate legittimo. L'eco delle sue parole si perde mentre passano correndo altre due anime che gridano esempi di accidia punita. Dante è colto da nuovi e diversi pensieri e, infine, si addormenta e sogna.


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