Gianni Schicchi, illustrazione di Gustave Doré |
Tempo: sabato 9 aprile 1300, tra l'una e le due pomeridiane.
Luogo: cerchio 8° - bolgia 10°: falsari di persona, moneta e parola. L'ultima bolgia ha una circonferenza di ventidue miglia; dal suo fondo si levano alte grida che colpiscono Dante e lo turbano.
Personaggi: Virgilio, Dante, Griffolino d'Arezzo, mastro Adamo, Sinone, Capocchio, Gianni Schicchi, Mirra, moglie di Putifarre
Sintesi
Falsari di persona, moneta e parolaColoro che hanno falsificato la persona debbono correre, in preda a smania furiosa, e addentano gli altri compagni di sventura; quelli che hanno falsificato la moneta restano sempre immobili, colpiti dall'idropisia che li deforma, con il ventre ingigantito, di enormi proporzioni rispetto al resto del corpo; quelli, infine, che hanno falsificato la parola sono arsi da febbre così alta, che il loro corpo emana vapore e ripugnante puzzo di unto bruciato.
I falsificatori di persona
Dante vede due anime nude e pallide che corrono mordendo con ferocia i dannati. L'intensità della loro furia è tale da non potersi paragonare né a quella di Giunone, nel mitico episodio di Atamante, né a quella di Ecuba alla vista del cadavere del figlio Polidoro.
Gianni Schicchi e Mirra
Una di queste anime si avventa sul dannato Capocchio; Griffolino d'Arezzo, tremante di paura, su richiesta di Dante, svela che si tratta di Gianni Schicchi. Questi sconta la pena di essersi sostituito in vita a Buoso Donati per impadronirsi, con un falso testamento, di una splendida cavalla. Insieme a lui c'è Mirra, che, per poter giacere incestuosamente con il padre, prese le sembianze di un'altra donna.
I falsificatori di moneta: maestro Adamo
Dante osserva un altro dannato che, per una grave forma di idropisia, ha il corpo a forma di liuto: si tratta di maestro Adamo, che falsificò la lega metallica del fiorino, la moneta di Firenze. Per questo delitto fu condannato al rogo e ora, sognando le fresche acque del Casentino, spera di vedere soffrire, nello stesso suo luogo di pena, le anime dei conti di Romena che lo indussero alla colpa.
I falsificatori di parole: Sinone e la moglie di Putifarre
Dante chiede a maestro Adamo chi siano i due alla sua destra che emanano fumo per l'evaporazione del sudore provocato dalla febbre, ed egli risponde che si tratta della moglie di Putifarre, la quale falsamente accusò Giuseppe di averle tentato violenza, e del greco Sinone che, giurando il falso sul cavallo di legno, permise la distruzione di Troia. Sentendosi chiamato in causa, Sinone aggredisce maestro Adamo e tra i due scoppia un litigio. Interviene Virgilio rimproverando a Dante il suo interesse per azioni e parole di così "bassa voglia", ma il rossore, che compare sul volto del poeta fiorentino, è sufficiente a cancellare la sua manchevolezza.
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