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Riassunto: Cent'anni di solitudine


di Gabriel Garcia Marquez
Riassunto:

Il romanzo, composto tra il 1965 e il 1966, si ambienta nell'immaginario villaggio di Macondo. Qui vivono le quattro generazioni della famiglia Buendia e in particolare il colonnello Aureliano: rivoluzionario di professione, egli si chiude in un amaro silenzio dopo il fallimento dell'ultima rivolta, isolandosi in un laboratorio di oreficeria a fabbricare pesciolini d'oro. Inizialmente Macondo vive in una condizione di prosperità e innocenza. Si susseguono varie vicende, tra cui l'arrivo degli americani, che iniziano un'attività commerciale (la coltivazione ed esportazione di banane) florida per il villaggio. Una tragica svolta avviene quando l'esercito è autorizzato a sparare sulla folla di operai in sciopero, facendone strage. Per Macondo è il principio della fine: il villaggio scomparirà, spazzato via da un vento caldo.
-Alle vicende di Macondo s'intrecciano quelle dei suoi fondatori (la giovane coppia di sposi Jose Arcadio e Ursula Buendia e dei loro discendenti. Sui buendia pesa però la minaccia di una profezia secondo cui dall'unione di due consanguinei nascerà un bambino con la coda di porco. La predizione alleggia sinistramente su tutto il romanzo, fino a realizzarsi alla fine, quando l'unione di Amaranta Ursula e del nipote Aureliano porterà alla nascita di un bambino mostruoso, che viene divorato dalle formiche un'ora dopo la sua nascita. Con lui si estingue la stirpe dei Buendia: Amaranta Ursula muore di parto e Aureliano viene portato via dallo stesso vento che distrugge Macondo.
-Personaggio di primo piano è anche lo zinaro Melquiades, un po' ciarlatano e un po' autentico mago. Depositario di arcani segreti, egli è quasi un'incarnazione delle credenze contadine, così diffuse nella cultura latino-americana. Tra i vari misteri vi è un singolare manoscritto in lingua sanscrita, che solo il penultimo Buendia, Aureliano Babilonia, riuscirà a decifrare: vi scoprirà nient'altro che la storia della propria famiglia e del suo tragico destino. Tale storia coincide appunto col il romanzo stesso.
-Tema di fondo dell'opera è la solitudine incarnata tanto nell'isolamento geografico di Macondo, che rende gli abitanti del villaggio vulnerabilisimi a qualsiasi suggestione proveniente dall'esterno, quanto nella famiglia Buendia. Quest'ultima costituisce un universo chiuso; i suoi membri sono tutti, in modi diversi, solitari e introversi, oltre che propensi a dedicarsi a imprese che si rivelano, via via, fallimentari. Tale condizione si spiega con il trauma provocato, nei personaggi, dall'esperienza delle cose e del mondo: un'esperienza sconvolgente, perchè conduce a scoprire che la realtà non è mai all'altezza delle nostre aspirazioni e sogni. E allora, davanti all'insuccesso, non resta che chiudersi in se stessi, isolandosi quasi completamente dal mondo.
-Nel romanzo si riflette la drammatica realtà politico-sociale del continente sudamericano, in particolare della Colombia nel decennio nero della dittatura, dopo lo scioglimento (12 novembre 1949) del parlamento decretato da Mariano Ospina Perez. Le sanguinose lotte tra liberali e conservatori si materializzano nella figura del rivoluzionario colonnello Aureliano Buendia, che secondo la prassi comune conduce la lotta politica con violenze e guerre; non meno autoritario e spietato è Arcadio, governatore liberale di Macondo. Il libro dà spazio a tutti gli aspetti della lotta politica sudamericana, dai brogli elettorali alla propaganda menzognera, dalla violenza fisica alle pressioni psicologiche. Insieme, raffigura i temi del colonialismo, quello antico dei conquistadores e quello moderno del capitalismo statunitense, che sfrutta ogni possibilità di guadagno promettendo solo il miraggio di facili e passeggeri consumi.
-Sul piano letterario, l'autore stempera la realtà in una dimensione favolistica, fondendo gli elementi fantastici con quelli reali. Il tempo scorre, ma sembra riproporre nell'arco delle generazioni le medesime situazioni, in forma solo leggermente variata. Ciò è reso possibile dal costante ricorso alla memoria: essa genera un gioco di prolessi (anticipazione) e analessi (ricordi o flashback) narrative. Ne derivano improvvise pause o accelerazioni, assieme a una fitta rete di richiami e di rimandi, a episodi simmetrici riproposti a distanza di tempo: il romanzo finisce per assomigliare a un immenso gioco di specchi, o a un labirinto. Questa assoluta originalità narrativa rende Cent'anni di solitudine, come ha osservato Borges, un libro al di sopra di ogni scuola, di ogni stile e privo di antenati.

MACONDO AL TEMPO DELLA SUA FONDAZIONE da Cent'anni di solitudine, capitolo 1
Tre sono le figure intorno a cui s'incentra la narrazione:
-Aureliano Buendia, che sarà il vero eroe del romanzo: qui viene evocato subito, in un'aria di leggenda, ma poi la sua presenza sfuma;
-Melquiades, il favoloso zingaro che porta nell'isolata Macondo le cose e le novità del mondo moderno;
-José Arcadio, capostipite dei Buendia.

L'attenzione del narratore si concentra su quest'ultimo. José Arcadio è un uomo meditativo, di acuta sensibilità e smisurata immaginazione, bizzarro ed estroso. La sua fantasia viene accesa da alcuni vegenti e oggetti:
-prima dall'incantesimo di due grosse calamite;
-in seguito da una grande lente, in grado di concentrare i raggi del sole: questo gli fa immaginare un futuro da condottiero, capace di combattere e di vincere guerre solari;
-infine diversi strumenti nautici per compiere misurazioni cartografiche e astrali: grazie a essi, dopo lunga e solitaria riflessione, arriva a intuire che la terra è sferica.

Le ricerche di José Arcadio costituiscono uno dei temi fondanti del romanzo, ovvero la natura leggendaria del sapere che si respira a Macondo: nel seguito della narrazione, sarà soprattutto il fascino sprigionato delle carte geografiche lasciate da Melquiades ad avvincere la famiglia Buendia; per ora, l'eccentrico patriarca impianta, in uno stanzino che aveva costruito in fondo alla casa, un laboratorio di alchimia, descritto nelle pagine immediatamente successive del capitolo.
L'inizio del romanzo mette subito sotto gli occhi del lettore l'annuncio della morte futura del eprsonaggio principale, Aureliano Buendia. E' una mossa spiazzante, poi ripetuta da Garcia Marquez in altri suoi romanzi. Tale foortissima proiezione in avanti della storia (una prolessi narrativa, racchiusa interamente nella prima fase) assolve a diverse funzioni:
- a suggerire ai lettori l'idea che il racconto successivo non farà che colmare lo spazio aperto da quella rivelazione e cioè, in sostanza, narrerà la vita del personaggio;
-a indicare la forma circolare del libro: quando si giungerà effettivamente alla scena della morte annunciata di Aureliano, essa si presenterà in modo naturale, come una ripresa e conferma che giunge a chiudere il cerchio:
-infine, a sottolineare il ruolo del narratore onnisciente, tipico di una biografia o di una cronaca; la battuta d'inizio del romanzo serve anche a disporre il lettore ad adeguare il proprio senso del tempo e della realtà alla sensibilità leggendaria della voce narrante.
Il risultato complessivo è questo: il lettore viene portato per mano non dentro la cronaca di una condanna a morte, ma nel progressivo costituirsi di un mondo incantato e primitivo. La narrazione assume forme di un mito degli inizi, un mito cosmogonico, in cui si dà spiegazione (in forma leggendaria) delle origini del mondo e di ogni altra cosa: l'inizio di Cent'anni di solitudine assomiglia propriamente a una riscrittura parziale del libro biblico della Genesi, cioè alla più ambiziosa operazione letteraria a cui può porre mano uno scrittore.



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