di Daniel Defoe
Riassunto:
Narra le vicende di un ragazzo inglese (Robinson Crusoe per l'appunto) che, nato nel 1632 nella città di York, sin da giovane inizia ad immaginare di poter un giorno viaggiare per il mondo, perché desideroso di sperimentare grandi avventure; pianificato di fuggire di casa, deve attentere quasi un anno prima che la sua idea si attui; è il 1° settembre 1651 quando decide di imbarcarsi su una nave alla volta di Londra, dopo che un giorno, mentre si trovava a Hull, aveva incontrato casualmente un amico che stava per imbarcarsi per Londra e gli aveva chiesto di andare con lui. Pur subendo un primo naufragio non si scoraggia e riprende la via del mare ma viene catturato dal pirata Salò ed è da questi tenuto prigioniero per alcuni anni.
Riuscito finalmente a fuggire con un compagno di sventura, viene tratto in salvo da un capitano portoghese che lo conduce in Brasile. La nave su cui viaggia incontra però una tempesta e affonda al largo del Venezuela.
Dopo il primo smarrimento Robinson si organizza subito per sopravvivere. Raggiunge a nuoto la sua nave che era rimasta a metà emergente dal mare e, salito su di essa, trova viveri, armi, utensili, munizioni e alcuni utili strumenti di lavoro.
Costruitosi una zattera riesce a portare a terra tutto quello che ritiene necessario e inizia a costruirsi un rifugio, secondo i criteri che la ragione gli detta, vicino a una sorgente, pronto all'offesa e alla difesa ed in vista del mare, nel caso dovesse comparire all'orizzonte la salvezza.
La Bibbia, che aveva trovato sulla nave, gli recherà conforto e Robinson ne legge un brano al mattino e uno alla sera. Ha come compagno un pappagallo al quale insegna a pronunciare il suo nome, trova il modo di fumare, riesce a farsi il pane con l'orzo, si cuce gli abiti con le pelli degli animali e si costruisce anche un ombrello per ripararsi dal sole.
Trascorrono così ventitré anni e un giorno arriva all'isola dei cannibali contro i quali Robinson combatte riuscendo a salvare il giovane indigeno, loro preda, che chiamerà Venerdì e che diventerà il suo compagno.
Un giorno, si vede finalmente una nave che si dirige a riva. È una nave di ammutinati che fa sbarcare il loro capitano con due uomini a lui fedeli. Robinson giungerà in Inghilterra l'11 giugno 1687 dopo un'assenza di trentacinque anni, scoprendo di esser diventato ricco grazie alla sua piantagione brasiliana.
Robinson naufrago su un'isola deserta
Robinson Crusoe, raggiunge la riva per miracolo dopo un terribile naufragio. Il suo stato d'animo è molto provato però la sua prima reazione è quella di esprimere la sua gioia di vita, mentre in seguito subentra in lui una sensazione drammatica perché si sente solo e ha paura delle difficoltà di vivere in un ambiente ostile.
Robinson Crusoe dice che dopo il naufragio in cui sono morti tutti i suoi compagni, si trova solo su un'isoletta oceanica, ma la prima cosa che fece quando fu sano e salvo sulla spiaggia fu quella di ringraziare Dio, per avergli salvato la vita, infatti corse avanti e indietro come un pazzo lungo la spiaggia per la gioia. Dopo essersi consolato della parte migliore della situazione, cominciò a guardarsi intorno e si accorse che la sua salvezza era stata tremenda: era bagnato fradicio, non aveva abiti per cambiarsi e nulla da bere o da mangiare per ristorarsi; le sue prospettive erano pessime infatti pensava che sarebbe morto di fame e sarebbe diventato cibo per le belve feroci. L'unica idea che gli venne in mente fu quella di salire in un albero per passare la notte al sicuro. Prima cercò, trovò e bevve dell'acqua poi si mise in bocca del tabacco per non morire di fame, si legò per la vita una fune per non cadere e si addormentò, beatamente perché era molto stanco. Quando si svegliò si accorse che la tempesta era placata e vide con sua sorpresa la nave vicino la spiaggia. Così si costruì una zattera e recuperò, tutto quello che poteva recuperare dalla nave, prima che fosse del tutto affondata, per organizzarsi una vita in quell'isola deserta. Dunque Robinson cominciò a cercarsi un luogo per abitarvi, dove poteva trovare l'acqua, al riparo dal sole e dalla pioggia e degli animali feroci o eventuali invasori e con una vista sul mare per vedere se arrivassero navi per salvarlo. Robinson cercò e trovò il luogo adatto e cominciò a piantare la tenda. Col tempo recintò tutta la sua abitazione modificandola parecchie volte e alla fine portò tutte le sue provviste, munizioni e scorte varie per vivere al meglio delle sue possibilità. Quando cominciò a piovere ebbe paura dei fulmini perché pensava che la polvere da sparo avrebbe preso fuoco, ma per sua fortuna non avvenne, così, dopo la fine del temporale la conservò in pacchetti e la separò, per non correre il rischio di saltare in aria. E' dura per Robinson vivere solo in un'isola deserta, ma si consola della sua sorte, concludendo lui è felice di essere ancora vivo e ringrazia profondamente Dio. Robinson rinuncia a scrutare il mare, perché si è rassegnato all'idea di rimanere solo. Infatti perfezione il suo sistema di vita rendendolo più agevole possibile. Quando si accorse dell'inesistenza sull'isola di belve feroci, ampliò il suo alloggio costruendosi un magazzino e una seconda porta di ingresso. Si mise in seguito a fabbricarsi alcuni oggetti di prima necessità, anche se non aveva mai preso un arnese in vita sua, ma Robinson sosteneva che la ragione propria di tutti gli uomini, li rende capaci di qualsiasi mestiere, usando la logica, infatti è per questo che riesce a sopravvivere.
Analisi del testo
Il lessico è abbastanza chiaro, nel complesso non ci sono né termini né parole difficili, ed è molto varia.
Il linguaggio può essere definito letterario tipico delle storie d'avventura che parlano di naufragi.
Il registro è basso, perché il racconto è narrato in maniera informale.
La struttura sintattica dei periodi è molto articolata, prevale una struttura ipotattica.
Non ci sono sovrapposizioni di piani temporali diversi, infatti i verbi tendono a rimanere al passato perché il racconto è stato scritto come se fosse narrato in prima persona, poi prevale il condizionale e il futuro perché Robinson cerca di organizzarsi per vivere nel modo migliore possibile per cercare di superare le difficoltà. Appunto per questo i verbi hanno una determinata sfera cronologica.
La narrazione è condotta in maniera piana e suadente; lo scrittore sembra descrivere più che narrare: la realtà dell'ambiente degli stati d'animo, dalle sensazioni è affrontata con il dettaglio di un resoconto più che con la lusinga dell'immaginazione, e in questo consistono la forza realistica del romanzo e il suo fascino.
La narrazione è condotta dell'io narrante assumendo così un valore realistico.
Figure Retoriche
Nel brano ci sono poche figure retoriche, quelle che ci fanno capire i sentimenti, le preoccupazioni, insomma gli stati d'animo del protagonista. La prima figura retoriche che si incontra è quando paragona il naufragio a una condanna a morte e la sua salvezza al momento in cui al condannato a morte viene data la notizia che avrà salva la vita. Nel brano una particolare metafora è quella quando parla del tempo che viene misurato in giorni per il protagonista, ma per la sua realtà invece sono anni, infatti sappiamo che rimarrà sull'isola deserta per vent'otto anni.
Commento
Il racconto è molto avvincente, perché parla di un naufrago, che riesce a vivere da solo in un'isola deserta, adottandosi come meglio può, infatti il fascino di questo romanzo sta nel simbolico di questo uomo in cui si rispecchia la civiltà del mondo moderno. Nella società odierna molti caratteri di questo mito sono scomparsi, ma nella sua esistenza ogni uomo, che crede nell'iniziativa personale e punta al successo, conservando una fede in se stesso e nelle proprie possibilità rimane affascinato dall'avventura della vita quotidiana.
Il momento della narrazione particolarmente drammatico è quando il protagonista si rende conto di essere naufragato in un'isola deserta e si sente stravolto e abbattuto, ma supera questo momento perché si sente fortunato e ha ancora tanta gioia di vivere di pensare ecc.
La descrizione del personaggio non è qui una divagazione poetica, ma è la dettagliata analisi di un luogo che deve rispondere ai criteri di funzionalità più che bellezza.
L'indagine psicologica è approfondita sul protagonista in modo dettagliato, in primo momento non ha altre relazioni che quella di esprimere, in movimenti inconsulti e prorompenti, la realtà di essere vivo. Poi subentra in lui lo smarrimento e la drammatica sensazione di essere sopraffatto dalla paura, dalle solitudini della difficoltà di un'ambiente ostile. Ma in lui hanno il sopravvento la razionalità e la ragione, con le quali troverà sempre delle soluzioni alle difficoltà.
Finalmente un altro uomo: Venerdì
Da quindici anni Robinson vive da solo in un isola deserta fin quando al venticinquesimo anno della sua solitudine non salva un indigeno inseguito dai cannibali, e questi per ricambiare il favore gli fece da servo.
Un giorno mentre andava a vedere la barca si accorse con stupore che sulla spiaggia c'erano le impronte del piede nudo di un uomo, quindi si guardò intorno ma non vide e non sentì nulla. Fu dunque assalito da innumerevoli pensieri confusi e agitati e mentre tornava a casa si guardava indietro ogni tre passi per vedere se c'era qualcuno. Una mattina ebbe la sorpresa di vedere una marea di cannibali sbarcare da sei canoe. Fu preoccupato ma si tenne pronto in azione in caso di attacchi. Col cannocchiale cominciò a spiarli e vide che avevano acceso un fuoco e cucinato della carne forse di uomo e vi danzavano attorno. Intanto vide due poveri disgraziati che erano stati messi da parte, uno fu cominciato a squartare dai cannibali, mentre l'altro fu lasciato solo. Costui, scappò e si diresse verso l'abitazione di Robinson, proprio come nel suo sogno. Intanto il fuggiasco era inseguito da alcuni. Per non farsi prendere attraversò la baia a nuoto, ma era ancora inseguito da due cannibali, così Robinson volendo a tutti i costi un servo, prese il fucile e si diresse verso il primo e lo stese con un colpo senza sparare per non farlo udire agli altri, il secondo voleva difendersi con l'arco e le frecce e Robinson fu costretto a sparargli. Il fuggiasco rimase impressionato, Ma Robinson lo chiamò e lo rassicurò, il fuggiasco allora si inginocchio ripetutamente giurandogli eterna sottomissione. . Robinson si accorse che il primo uomo non era morto, così il selvaggio si fece dare la spada e gli tagliò la testa con un solo colpo e gliela ritornò con sguardo trionfante facendo gesti a lui strani. Robinson fu felice di vivere insieme a quel selvaggio che rimarrà suo servo anche quando ritornerà in patria. Egli era un bel giovane di circa ventisei anni, con volto molto espressivo, dolce, intelligente, capelli neri e lanosi, fronte alta e spaziosa, la pelle color oliva chiaro, naso piccolo ecc.
Dopo aver dormito per mezz'ora il selvaggio lo andò a cercare e gli fece capire che lui era diventato il suo servo. Robinson fu soddisfatto, quindi lo chiamò Venerdì, per ricordarsi di quel giorno, in seguito gli spiegò e insegnò tantissime cose e fu molto facile farsi ubbidire e farsi chiamare padrone.
Analisi e Commento
La narrazione in prima persona è molto realistica con un linguaggio sobrio ed essenziale che la rende credibile anche quando sono narrate vicende avventurose e stravaganti. Dopo il primo smarrimento di trovarsi su un'isola deserto, Robinson riacquista felicità quando compie un bilancio sul bene e sul male della sua sorte, ma tutto sommato è felice di essere ancora vivo e per questo ringrazia Dio. Il luogo scelto per la sua abitazione doveva rispondere ai quattro criteri di funzionamento: vicino ad una sorgente d'acqua al riparo dal sole, dalla pioggia o da eventuali pericoli e con una vista sul mare per vedere se arrivassero navi per salvarlo, secondo le idee che tutti gli uomini hanno per costruirsi le case, perché dobbiamo sapere che essendo solo doveva cercare di guardarsi anche le spalle. La caduta del fulmine più che spaventarlo lo fa riflettere sul fatto che la polvere da sparo era l'unica speranza per salvarsi da i nemici e per questo in quel momento pensava più a questa che alla sua stessa vita, perché se sarebbe esplosa sarebbe morto anche lui.
Nella letteratura del suddetto libro la cosa che mi ha impressionato maggiormente è la volontà di reagire alla sventura. Infatti la sua è una condizione praticamente senza vie di scampo o si rassegnava a morire o reagire con la forza della volontà per sopravvivere da solo in quell'isola deserta. Robinson decide di lottare per sopravvivere e ci riesce anche se trova parecchie difficoltà, ma col tempo riuscirà ad adattarsi anche se vi rimase da solo per venticinque anni, di cui gli ultimi tre in compagnia di un indigeno, suo servo.