di Giovanni Pascoli
Analisi del testo:
Nella lirica La Vertigine il tema pascoliano del mistero della vita e dello smarrimento cosmico, unito al fascino che gli ultramondi esercitano sull’uomo, è il più vicino alla sensibilità del Decadentismo. Il poeta esprime un senso di sgomento dinnanzi al terrore di essere sospeso nel vuoto e di venire proiettato vertiginosamente verso gli spazi stellari. Di qui la sua ansiosa ricerca di penetrare, al di là del mistero, la verità assoluta di Dio che, nell’universo senza confini, non si rivela una presenza tranquillizzante […] Il terrore che nasce nella contemplazione dei mondi celesti e l’angoscia per il mistero che ci circonda sfociano in una disperata quanto inutile ricerca di Dio. È questa l’aspirazione di un’anima sgomenta di fronte all’immensità del cosmo. Ma in quell’“in vano e sempre” si conferma il disorientamento di Pascoli dinanzi al mistero dell’uomo e la sua costante aspirazione (sempre) verso un Dio irraggiungibile, che con quel mistero si identifica».
Fonti:
Questo componimento rappresenta l'esiguità della Terra nei confronti dell’Universo e indulgono alla riflessione sull'esistenza di Dio, entità percepita nella sua assente indifferenza nei riguardi della vicenda umana.
Questa inclinazione mistica è chiaramente manifestata nel finale: «Sprofondar d’un millennio ogni momento! / di là da ciò che vedo e ciò che penso, / non trovar fondo, non trovar mai posa, / da spazio immenso al altro spazio immenso; forse, giù giù, sperar … che cosa? La sosta! Il fine! Il termine ultimo! Io, / io te, di nebulosa, / di cielo in cielo, in vano e sempre, Dio!».