Biografia:
Nacque a Parigi nel 1842. Gli avvenimenti più rilevanti della sua giovinezza furono tristi: la morte del padre e poi quella dell’amata sorella Marie. Dopo aver conseguito il baccalaureat, ottenne un modesto impiego che lo lasciava insoddisfatto e amareggiato. Cercò, allora, di perfezionare il suo inglese con un soggiorno in Inghilterra e al ritorno ottenne un incarico di insegnamento nel liceo di Tournon. Sposatosi con Marie Gehrard, condusse una vita piuttosto monotona e in modeste condizioni economiche; tuttavia scriveva poesie e le pubblicava su diverse riviste letterarie, con scarso profitto. Trasferito a Bensancon e poi ad Avignone, lavorava con molto accanimento per mantenere la famiglia e poteva dedicarsi a scrivere soltanto di notte. Intanto veniva elaborando le sue idee simboliste e le opere che pubblicava suscitavano interesse crescente, facendolo conoscere alla critica che lo giudicava uno stravagante. Nel 1871 finalmente ebbe il trasferimento a Parigi e la sua casa divenne un luogodi ritrovo di artisti e letterati, affascinati dalle sue intuizioni poetiche che lo facevano biasimare da molti, ma che altri (fra cui Verlaine) consideravano geniali. Lasciato l’insegnamento nel 1894 si ritirò a vivere a Valvins, presso Fontainebleau, dove morì nel 1898, prostrato dall’insonnia e dal faticoso lavoro.
Le idee e la poetica
Mallarmé sentì, prima di tutto, il privilegio di essere un poeta e di avere accesso ai significati remoti e misteriosi dei simboli e delle corrispondenze tra le cose. Considerò suo maestro Baudelaire, di cui si sente traccia nelle prime liriche. I temi essenziali della sua poesia, intellettualistica e cerebrale, sono l’anelito all’elevazione e all’evasione della vita reale, un’angoscia profonda, l’aspirazione a cogliere l’al di là delle cose, la loro essenza intangibile. Nell’intento di liberare il linguaggio da ogni rapporto col reale e arricchirlo del senso del mistero e dell’essenza arcana delle cose, Mallarmé ricerca la parola pura, spogliata da ogni eco realistica, liberata dalla sintassi logica, la parola fatta musica e magia evocativa. Per questo si può considerare precursore dell’esperienza ermetica e di tutta la poesia dei nostri gironi (dal futurismo ai poeti visivi).
Le opere principali di Mallarmé sono:
Il pomeriggio di un fauno (L’apres midi d’un faune, 1876): poemetto di 110 versi suddivisi in dieci strofe di varia misura. La scena è ambientata in Sicilia, in un pomeriggio estivo; il poemetto è il monologo di un fauno che, risvegliandosi da un sonno voluttuoso, cerca di prolungarlo nell’immaginare un paesaggio assolato e ninfe inseguite e fuggenti, finché il fauno torna ad addormentarsi, preferendo il sogno alla realtà. Il clima narrativo è sensuale e decadente, ma qualche critico ha visto nel fauno l’allegoria della poesia che tenta di dare corpo ai sogni e alle emozioni, ma finisce per chiudersi nel silenzio.
Erodiade (Herodiade, 1887): un poema che ebbe una lunga gestazione perché con esso il poeta si prefiggeva di realizzare una poetica nuova: dipingere non la cosa, ma l’affetto che essa produce. Rimase un poemetto incompiuto e pubblicato fra le Poesie, sotto forma di frammento di tragedia. Nell’opera, concepita nel clima astratto della mitologia simbolista, Erodiade esprime l’allegoria della poesia.
Poesie (1898): in questa edizione definitiva sono compresi anche i frammenti di Erodiade e il Pomeriggio di un fauno.
Nacque a Parigi nel 1842. Gli avvenimenti più rilevanti della sua giovinezza furono tristi: la morte del padre e poi quella dell’amata sorella Marie. Dopo aver conseguito il baccalaureat, ottenne un modesto impiego che lo lasciava insoddisfatto e amareggiato. Cercò, allora, di perfezionare il suo inglese con un soggiorno in Inghilterra e al ritorno ottenne un incarico di insegnamento nel liceo di Tournon. Sposatosi con Marie Gehrard, condusse una vita piuttosto monotona e in modeste condizioni economiche; tuttavia scriveva poesie e le pubblicava su diverse riviste letterarie, con scarso profitto. Trasferito a Bensancon e poi ad Avignone, lavorava con molto accanimento per mantenere la famiglia e poteva dedicarsi a scrivere soltanto di notte. Intanto veniva elaborando le sue idee simboliste e le opere che pubblicava suscitavano interesse crescente, facendolo conoscere alla critica che lo giudicava uno stravagante. Nel 1871 finalmente ebbe il trasferimento a Parigi e la sua casa divenne un luogodi ritrovo di artisti e letterati, affascinati dalle sue intuizioni poetiche che lo facevano biasimare da molti, ma che altri (fra cui Verlaine) consideravano geniali. Lasciato l’insegnamento nel 1894 si ritirò a vivere a Valvins, presso Fontainebleau, dove morì nel 1898, prostrato dall’insonnia e dal faticoso lavoro.
Le idee e la poetica
Mallarmé sentì, prima di tutto, il privilegio di essere un poeta e di avere accesso ai significati remoti e misteriosi dei simboli e delle corrispondenze tra le cose. Considerò suo maestro Baudelaire, di cui si sente traccia nelle prime liriche. I temi essenziali della sua poesia, intellettualistica e cerebrale, sono l’anelito all’elevazione e all’evasione della vita reale, un’angoscia profonda, l’aspirazione a cogliere l’al di là delle cose, la loro essenza intangibile. Nell’intento di liberare il linguaggio da ogni rapporto col reale e arricchirlo del senso del mistero e dell’essenza arcana delle cose, Mallarmé ricerca la parola pura, spogliata da ogni eco realistica, liberata dalla sintassi logica, la parola fatta musica e magia evocativa. Per questo si può considerare precursore dell’esperienza ermetica e di tutta la poesia dei nostri gironi (dal futurismo ai poeti visivi).
Le opere principali di Mallarmé sono:
Il pomeriggio di un fauno (L’apres midi d’un faune, 1876): poemetto di 110 versi suddivisi in dieci strofe di varia misura. La scena è ambientata in Sicilia, in un pomeriggio estivo; il poemetto è il monologo di un fauno che, risvegliandosi da un sonno voluttuoso, cerca di prolungarlo nell’immaginare un paesaggio assolato e ninfe inseguite e fuggenti, finché il fauno torna ad addormentarsi, preferendo il sogno alla realtà. Il clima narrativo è sensuale e decadente, ma qualche critico ha visto nel fauno l’allegoria della poesia che tenta di dare corpo ai sogni e alle emozioni, ma finisce per chiudersi nel silenzio.
Erodiade (Herodiade, 1887): un poema che ebbe una lunga gestazione perché con esso il poeta si prefiggeva di realizzare una poetica nuova: dipingere non la cosa, ma l’affetto che essa produce. Rimase un poemetto incompiuto e pubblicato fra le Poesie, sotto forma di frammento di tragedia. Nell’opera, concepita nel clima astratto della mitologia simbolista, Erodiade esprime l’allegoria della poesia.
Poesie (1898): in questa edizione definitiva sono compresi anche i frammenti di Erodiade e il Pomeriggio di un fauno.