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Giuseppe Garibaldi Riassunto Vita

Giuseppe Garibaldi, generale e uomo politico. Figlio di un capitano mercantile fu avviato giovanissimo alla vita di mare. A 26 anni comandava già una nave propria quando a Targarono sul mare Nero, si incontrò con un mazziniano che lo assemblò alla giovane Italia, iniziò da Marsiglia (1834), che lo incaricò di promuovere nella flotta militare un moto rivoluzionario. Fallito il tentativo Garibaldi fuggì in Francia inseguito da una condanna a morte e si portò quindi nell’America meridionale. Qui scoppiata l’insurrezione repubblicana nella provincia del Rio Grande, Garibaldi vi partecipò combattendo valorosamente in mare e in terra. Così come combatté successivamente per l’indipendenza dell’Uruguay, contro l’Argentina.
In America Garibaldi conobbe Anna Maria Ribeiro che sposò nel 1842, scoppiata nel 1848 la prima guerra per l’indipendenza italiana Garibaldi accorse in patria, formò un corpo di volontari e batté gli austriaci a Luino e a Morerana, ma dovette poi sciogliere la sua formazione. La proclamazione della repubblica a Roma lo indusse a recarsi in quella città dove ebbe il comando di una parte dell’esercito diede la misura delle sue capacità il 30 aprile del 1849 quando grazie alla sua audace mossa le esigue forze della repubblica romana respinsero il primo grande attacco dei francesi assedianti. Questi rinnovarono l’assalto il 3 giugno e per un mese i difensori sostennero un’estrema lotta.
Il primo luglio i francesi entrarono in città a portare il loro aiuto a Venezia, ancora in armi contro l’Austria ma le navi austriache che intercettarono la navigazione di Garibaldi e lo costrinsero a cercare scampo nelle paludi di Comacchio dove morì la moglie stremata dalle fatiche. Nel 1859 combatté a fianco dell’esercito regolare della seconda guerra di indipendenza al comando dei cacciatori delle alpi. L’armistizio di Villafranca lo amareggio e lo ferì soprattutto la cessione di Nizza alla Francia.
A Palermo organizzò poi la spedizione dei mille. I volontari partirono da Quarto, presso Genova, il 5 maggio 1860 per sbarcare a Marsala l’11 maggio 1860. Tre giorni dopo a Salemi, Garibaldi assumeva la dittatura in nome di Vittorio Emanuele II, proclamando così la fusione tra l’Idea monarchica e quella militare. La vittoria di Calatafini el 15 maggio aprì a Garibaldi la via di Palermo dove egli giunge il 27. Dopo tre giorni di aspra lotta anche Palermo fu conquistata. La liberazione della Sicilia fu completata con la vittoria di Milazzo il 20 luglio e Garibaldi poté felicemente passare lo stretto di Messina con un esercito ormai numeroso e portarsi dalla Calabria fino a Napoli che fu liberata il 7 settembre con la vittoria di Volturno l’1 e il 2 ottobre, la dittatura passò nelle mani del re. Il nuovo obbiettivo era liberare Roma, però prima Garibaldi andò in esilio a Caprera. Truppe regie affrontarono i garibaldini il 29 agosto 1862 sull’altopiano di Aspromonte in Calabria. Nello scontro Garibaldi venne ferito e venne fatto prigioniero, portato a La Spezia fu liberato poco dopo.
Allo scoppio della terza guerra d’indipendenza nel 1866 Garibaldi accorse da Caprera per mettersi  a disposizione del governo che gli diede ancora il comando di 30.000 uomini. L’unica vittoria di questa sfortunata guerra fu Bezzecca con cui liberò il Trentino.
Vinse a Papalini a Monterotondo, intanto era sbarcato a Civicca un corpo di francesi e di pontefici lottarono a Montano, sconfiggendoli il novembre del 1867. Nell’ultimo decennio della vita di Garibaldi si dedicò attivamente alla vita politica in parlamento e fuori. In politica estera fu sensibile ai valori del irredentismo sollecitato dalla classe lavoratrice che concepì un socialismo non marxista e fu promotore instancabile delle società operaie e di mutuo soccorso.



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