Il tema lirico della sera, assieme a quello affine della notte, è tra i più presenti nella nostra letteratura, fin da Dante (Era già l'ora che volge il disio / ai navicanti e 'ntenerisce il core..., in Purg. VIII). In questi testi, la sera e la notte sono assunte come momenti topici non tanto della giornata, quanto della vita umana; l'imminenza del sonno diviene l'occasione per un bilancio della giornata e per una riflessione sul senso di tutta la precedente esistenza, messa a confronto con il perenne fluire del tempo.
Principali poesie sulla sera o sulla notte:
1) Michelangelo (O notte, o dolce tempo, benché nero).
2) Della Casa (O sonno, o de la queta, umida, ombrosa)
3) Tasso (Era la notte..., in Gerusalemme Liberata canto VI, ott. 103)
4) Parini (la descrizione della Notte del Giorno)
5) Monti (Alta è la notte, in pensieri d'amore)
6) Foscolo (Alla sera)
7) Leopardi (La sera del dì di festa)
8) D'Annunzio (La sera fiesolana)
9) Pascoli (La mia sera)
10) Montale (La casa dei doganieri)
11) Quasimodo (Ed è subito sera).
In questo articolo ci limitiamo a un'analisi delle sere poetiche tra Ottocento e Novecento, soffermandoci su alcuni testi di grande rilievo.
Le liriche di Foscolo e Leopardi
Consideriamo due testi romantici: il sonetto Alla sera di Foscolo (1803) e La sera del dì di festa di Leopardi, risalente al 1820 e facente parte del gruppo degli idilli giovanili.Entrambi i testi si aprono con una raffigurazione del paesaggio: sera primaverile (strofa I) e sera invernale (strofa II) per Foscolo, un dolcissimo notturno lunare per Leopardi.
Entrambi in un secondo momento mettono l'io al centro della contemplazione lirica (Foscolo: Vagar mi fai co' miei pensier, v.9. Leopardi: non io, non già ch'io speri, v.20).
Si tratta però di due io diversi: Foscolo si pone quasi da dominatore del mondo esterno e accentua quindi l'eroismo (quello spirito guerrier ch'entro mi rugge, v. 14), mentre Leopardi si ritrae come escluso dalla festa e dall'amore (Oh giorni orrendi / in così verde etate!, vv. 23-24).
Nei due testi entrano la società e il mondo esterni: Foscolo parla di reo tempo (v. 11), Leopardi raffigura uno scorcio di vita paesana (il solitario canto / dell'artigian, che riede, vv. 25-26).
Sia Foscolo sia Leopardi hanno un messaggio da consegnare ai lettori: per loro la poesia è anzitutto comunicazione di verità.
Il messaggio di Foscolo è l'autoritratto di un io lirico inquieto preso da opposte tensioni (v. 12: delle cure onde meco egli si strugge). Il messaggio di Leopardi è più filosofico e generalizzate: una riflessione su come tutto al mondo passa, / e quasi ormai non lascia (vv.29-30).
Le liriche di D'Annunzio e Pascoli
Pascoli e D'Annunzio hanno ripreso il tema lirico della sera, ma in due modi diversi:D'Annunzio attraverso la poetica del superuomo avido di sensazioni;
Pascoli attraverso la poetica del fanciullo che si aggira perplesso in una natura che lo sovrasta.
Entrambe queste sere s'ispirano alla poetica decadente della sensazione. Gli oggetti particolari della visione si accumulano, senza che i due poeti li rimettano in ordine, costruendo una sintesi.
Perciò da subito s'intrecciano le due dimensioni del paesaggio e dell'io individuale del poeta: manca la gerarchia (dal generale al particolare) che era tipica della poesia tradizionale.
Il mondo esterno rientra, nelle due liriche, solo per quei riflessi che colpiscono la sensibilità individuale: non vi entra dunque oggettivamente (perciò che il poeta avverte del mondo), per frammenti sparsi.
Poiché la sensazione è un fatto personale, che non sempre si condivide, risulta impossibile costruire un ragionamento filosofico o trarre conclusioni valide per tutti i lettori e per sempre.
D'Annunzio interpreta tutto ciò in chiave di espansione dell'io nel mondo: l'io-superuomo si appropria di tutte le infinite sensazioni e percezioni che la sera gli fornisce.
In Pascoli troviamo solo una dimensione piccina: non c'è in lui espansione dell'io nel mondo, ma solo riduzione e nascondimento, fino al ritorno alla culla, ai ricordi dell'infanzia.