di Umberto Saba
Commento:
La poesia data al 1920; l’ultimo suo verso dà il titolo all’intera raccolta pubblicata in quell’anno e poi confluita, come le altre, nel Canzoniere. Ne è protagonista la figlia Linuccia, all’epoca una bambina di dieci anni e che figura, assieme ala madre Lina, in diverse liriche paterne. Più avanti diventerà l’affezionata custode e testimone delle memorie di casa Saba.
Il componimento ritrae un interno domestico, una semplice scena di famiglia: intravediamo il padre e la figlia, un dialogo sulla porta di casa, la palla in mano alla bimba. Ciò basta a innescare la riflessione del poeta. Nella seconda parte del testo Saba passa dal ritratto alla riflessione e si propone di accostare Linuccia a una serie di realtà: quelle che egli stesso ha voluto chiamare, con una immagine efficacissima, cose leggere e vaganti.
Il titolo della poesia sembra promettere un ritratto di Linuccia. Tuttavia il testo non dà informazioni di tipo descrittive circa la fisionomia della bimba (se si eccettua il generico particolare degli occhi grandi colore del cielo), né riporta notazioni dalla tradizione letteraria sette-ottocentesca, quando i poeti, nei loro ritratti in versi, rappresentavano sé, o altri, secondo i canoni del realismo pittorico, come un foto ritratto.
Questo ritratto di Saba si risolve in una chiave diversa: il poeta vuole mettere in luce quei tratti caratteriali tipici (l’ingenuità spontanea, la purezza, la fanciullesca innocenza, la volubilità) che, essendo caratteristici dell’età puerile, fanno di Linuccia una sorta di simbolo universale, in cui può rispecchiarsi il sentimento affettuoso di qualsiasi genitore.
Commento:
La poesia data al 1920; l’ultimo suo verso dà il titolo all’intera raccolta pubblicata in quell’anno e poi confluita, come le altre, nel Canzoniere. Ne è protagonista la figlia Linuccia, all’epoca una bambina di dieci anni e che figura, assieme ala madre Lina, in diverse liriche paterne. Più avanti diventerà l’affezionata custode e testimone delle memorie di casa Saba.
Il componimento ritrae un interno domestico, una semplice scena di famiglia: intravediamo il padre e la figlia, un dialogo sulla porta di casa, la palla in mano alla bimba. Ciò basta a innescare la riflessione del poeta. Nella seconda parte del testo Saba passa dal ritratto alla riflessione e si propone di accostare Linuccia a una serie di realtà: quelle che egli stesso ha voluto chiamare, con una immagine efficacissima, cose leggere e vaganti.
Il titolo della poesia sembra promettere un ritratto di Linuccia. Tuttavia il testo non dà informazioni di tipo descrittive circa la fisionomia della bimba (se si eccettua il generico particolare degli occhi grandi colore del cielo), né riporta notazioni dalla tradizione letteraria sette-ottocentesca, quando i poeti, nei loro ritratti in versi, rappresentavano sé, o altri, secondo i canoni del realismo pittorico, come un foto ritratto.
Questo ritratto di Saba si risolve in una chiave diversa: il poeta vuole mettere in luce quei tratti caratteriali tipici (l’ingenuità spontanea, la purezza, la fanciullesca innocenza, la volubilità) che, essendo caratteristici dell’età puerile, fanno di Linuccia una sorta di simbolo universale, in cui può rispecchiarsi il sentimento affettuoso di qualsiasi genitore.