Riassunto:
Svevo nacque in una realtà periferica e marginale come la Trieste di fine Ottocento, un crocevia di differenti tradizioni culturali. Nel suo stesso pseudonimo, Italo Svevo, volle riflettere questa sua natura di frontiera. Si dedicò sempre alla letteratura come a un'attività secondaria, nelle ore sottratte prima al lavoro impiegatizio in banca e poi all'attività di dirigente industriale. In vita ebbe scarsissimo successo letterario; solo negli ultimi anni godette di una meritata ma tardiva notorietà.
Idee e poetica
Fin da giovane Svevo coltivò idee e letture lontane dalla cultura italiana coeva: romanzieri stranieri (strinse personalmente amicizia con Joyce), la filosofia di Schopenhauer, la teoria dell'evoluzione di Darwin, il socialismo e Marx. Le sue origini ebraiche lo portavano all'autoanalisi, all'ironia, a riflettere sul tema della sofferenza. Poté infine accostare precocemente la psicoanalisi di Freud. Dall'insieme di tali fonti, Svevo realizzò una sua sintesi, imperniata su un ragionato, ironico pessimismo, specchio della crisi culturale novecentesca. Da questo punto di vista, il ruolo della letteratura stessa non può che essere ridimensionato (anche sul piano linguistico): essa si privatizza, si marginalizza, diventa utile per conoscere se stessi, ma non più per insegnare (improbabili) verità assolute.
Le opere
L'opera di Svevo comprende scritti saggistici, pagine di diario (l'autobiografia è una misura connaturata allo scrittore triestino), racconti, numerose commedie (alcune concluse, altre solo abbozzate) e soprattutto tre romanzi, Una vita, Senilità e La coscienza di Zeno. Essi narrano storie di sconfitte e sofferenze interiori; i loro protagonisti sono inetti, deboli e incapaci a competere con gli altri nella lotta per la vita. Si ritirarono perciò in disparte, a studiare la vita umana da fuori.
Zeno però, diversamente dai protagonisti dei primi due romanzi, non soccombe, anzi, trova parziali vittorie e soddisfazioni; ha il merito di accettare le contraddizioni che fanno parte della vita comune e riesce così a tenere meglio a freno la nevrosi che, chi più chi meno, caratterizza tutti gli uomini. In Zeno, personaggio ambiguo e paradossale, si riassume ciò che Svevo chiamava l'originalità dell'esistenza.
Svevo nacque in una realtà periferica e marginale come la Trieste di fine Ottocento, un crocevia di differenti tradizioni culturali. Nel suo stesso pseudonimo, Italo Svevo, volle riflettere questa sua natura di frontiera. Si dedicò sempre alla letteratura come a un'attività secondaria, nelle ore sottratte prima al lavoro impiegatizio in banca e poi all'attività di dirigente industriale. In vita ebbe scarsissimo successo letterario; solo negli ultimi anni godette di una meritata ma tardiva notorietà.
Idee e poetica
Fin da giovane Svevo coltivò idee e letture lontane dalla cultura italiana coeva: romanzieri stranieri (strinse personalmente amicizia con Joyce), la filosofia di Schopenhauer, la teoria dell'evoluzione di Darwin, il socialismo e Marx. Le sue origini ebraiche lo portavano all'autoanalisi, all'ironia, a riflettere sul tema della sofferenza. Poté infine accostare precocemente la psicoanalisi di Freud. Dall'insieme di tali fonti, Svevo realizzò una sua sintesi, imperniata su un ragionato, ironico pessimismo, specchio della crisi culturale novecentesca. Da questo punto di vista, il ruolo della letteratura stessa non può che essere ridimensionato (anche sul piano linguistico): essa si privatizza, si marginalizza, diventa utile per conoscere se stessi, ma non più per insegnare (improbabili) verità assolute.
Le opere
L'opera di Svevo comprende scritti saggistici, pagine di diario (l'autobiografia è una misura connaturata allo scrittore triestino), racconti, numerose commedie (alcune concluse, altre solo abbozzate) e soprattutto tre romanzi, Una vita, Senilità e La coscienza di Zeno. Essi narrano storie di sconfitte e sofferenze interiori; i loro protagonisti sono inetti, deboli e incapaci a competere con gli altri nella lotta per la vita. Si ritirarono perciò in disparte, a studiare la vita umana da fuori.
Zeno però, diversamente dai protagonisti dei primi due romanzi, non soccombe, anzi, trova parziali vittorie e soddisfazioni; ha il merito di accettare le contraddizioni che fanno parte della vita comune e riesce così a tenere meglio a freno la nevrosi che, chi più chi meno, caratterizza tutti gli uomini. In Zeno, personaggio ambiguo e paradossale, si riassume ciò che Svevo chiamava l'originalità dell'esistenza.