GIOVANNI PASCOLI: nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna ed era quarto di 10 figli. Fin da piccolo ebbe buoni insegnanti che gli trasmisero la passione per i classici. Purtroppo nel 1867 il padre fu assassinato tornando da un viaggio a Cesena, e questo gli segnò la fine dell’infanzia e l’ingresso al mondo degli adulti.
Nel giro di pochi anni morirono altri parenti e per Pascoli si era rotto ciò che lui definiva “nido” familiare.
Intanto le condizioni economiche stavano peggiorando però grazie ad una borsa di studio riuscì a continuare gli studi a Bologna nella facoltà di lettere. Però durante questi anni visse in un periodo di crisi, preoccupato per le difficoltà economiche e per la lontananza dalla famiglia. Pascoli fu arrestato per aver partecipato a una manifestazione a favore degli anarchici, ma fu presto liberato grazie all’aiuto di Giosuè Carducci. Pascoli finì gli studi, si laureò e iniziò ad insegnare latino e greco. A 38 anni pubblicò il Myricae, una raccolta poetica.
In seguito comprò una casetta a Castelvecchio dove visse con suo sorella Maria (Mariù) e cerco di ricostruire il nido famigliare.
A 50 anni fu nominato insegnante di lettere all’università di Bologna come successore di Carducci.
Nell’ultimo periodo della sua vita scrisse altre opere come i Canti di Castelvecchio e morì di malattia a 57 anni.
MYRICAE: Nasce dalla riflessione del poeta sulle radici biografiche della propria esistenza. Pubblicato nel 1891 quando aveva 38 anni, essa è costituita da 22 poesia prima e nella versione pubblicata nel 1903 ne conteneva 156. I temi di queste poesia erano il ciclo delle stagioni, il lavoro dei campi e la vita contadina in generale, colta negli aspetti più quotidiani.
I CANTI DI CASTELVECCHIO: Pubblicata nel 1903 e nella versione definitiva nel 1912, rappresenta per certi versi la continuazione di Myricae, infatti il poeta stesso li definì “seconde myricae” o “myricae autunnali”.
I temi di questi canti sono lo smarrimento dell’uomo, il ricordo degli anni lontani, esperienze amorose ma anche la morte, vista come rifugio o come regressione nel grembo materno.
NIDO: Per pascoli il “nido” è il simbolo più frequente nelle sue poesia, e lo compara al nido di “casa”, luogo di protezione, o “culla” segno della regressione all’infanzia, fino al nido “vuoto”, il cimitero, dove i morti tornano a confortare chi è rimasto in vita. Nella poesia del 1899, “Nebbia”, la nebbia da elemento atmosferico del paesaggio diventa simbolo di una protezione impalpabile, che mentre impedisce di vedere il mondo esterno, isola il poeta nel proprio nido domestico. Il cimitero per pascoli è come un nido vuoto, e la morte non è attesa con angoscia, ma piuttosto è un ricongiungimento con i propri famigliari, un approdo nel “nido” finalmente ritrovato.
Nella poesia “Il gelsomino notturno” , Pascoli fa un paragone tra il grembo materno e il gelsomino notturno, che apre i suoi petali rossi al cadere della sera per richiuderli ai primi raggi del sole, come la giovane donna è pronta ad accogliere la maternità, sbocciando come fragole nel crepuscolo.
POETICA DEL FANCIULLINO: La lirica di Giovanni Pascoli, fu ritenuta semplice, descrittiva. I tratti più significativi della sua poetica sono descritti ne “Il fanciullino” scritto nel 1897, in cui viene affermata la natura irrazionale e intuitiva della creazione artistica. Pascoli considera la poesia come ricordo del momento magico, legato all’età infantile, in cui il bambino scopre nelle cose che lo circondano, anche nelle più umili e consuete, il senso nascosto e segreto. Mentre gli uomini comuni, crescendo e diventando adulti, perdono la capacità di guardare con stupore ciò che vedono.
SIMBOLISMO: Nella poesia francese nella seconda metà dell’Ottocento i poeti vogliono presentare la realtà attraverso una visione soggettiva e personale, in sintonia con il loro stato d’animo, filtrando il mondo esterno attraverso suoni, immagini e colori, ritrovando negli elementi naturali una corrispondenza con le emozioni. La rottura rispetto ai temi e alle scelte stilistiche del Romanticismo viene compiuta da una raccolta di poesie che nasce dalla sofferenza e dalle tenebre: I Fiori del male di Charles Baudelaire, i cui temi tipici erano lo squallore della vita contemporanea, del brutto e del diverso. Il poeta s’immagina come un albatro che la il cielo per camminare goffo sulla terra, trovandosi in un “mondo” di cui non comprende il senso.
LES FLEURS DU MAL: è una raccolta di poesia pubblicata nel 1857 appartenente a Charles Baudelaire. Fu ritenuta scandalosa e fu sequestrata e Baudelaire fu condannato per oltraggio alla morale. Ma nel 1861 la ripubblicò, comprendendo 126 liriche disposte in ordine tematico. Per Baudelaire il poeta perde la coscienza di avere un ruolo preciso nella società e la poesia è il mezzo che gli permette di liberarsi dalla sofferenza del vivere e di aspirare alla bellezza della creazione artistica. I fiori del male sono simbolo della perfezione di un arte che, pur nata dalla terra e da quanto vi è in essa di impuro, tende a mete più alte, come un fiore che leva la sua corolla verso il cielo infinito.
Nel giro di pochi anni morirono altri parenti e per Pascoli si era rotto ciò che lui definiva “nido” familiare.
Intanto le condizioni economiche stavano peggiorando però grazie ad una borsa di studio riuscì a continuare gli studi a Bologna nella facoltà di lettere. Però durante questi anni visse in un periodo di crisi, preoccupato per le difficoltà economiche e per la lontananza dalla famiglia. Pascoli fu arrestato per aver partecipato a una manifestazione a favore degli anarchici, ma fu presto liberato grazie all’aiuto di Giosuè Carducci. Pascoli finì gli studi, si laureò e iniziò ad insegnare latino e greco. A 38 anni pubblicò il Myricae, una raccolta poetica.
In seguito comprò una casetta a Castelvecchio dove visse con suo sorella Maria (Mariù) e cerco di ricostruire il nido famigliare.
A 50 anni fu nominato insegnante di lettere all’università di Bologna come successore di Carducci.
Nell’ultimo periodo della sua vita scrisse altre opere come i Canti di Castelvecchio e morì di malattia a 57 anni.
MYRICAE: Nasce dalla riflessione del poeta sulle radici biografiche della propria esistenza. Pubblicato nel 1891 quando aveva 38 anni, essa è costituita da 22 poesia prima e nella versione pubblicata nel 1903 ne conteneva 156. I temi di queste poesia erano il ciclo delle stagioni, il lavoro dei campi e la vita contadina in generale, colta negli aspetti più quotidiani.
I CANTI DI CASTELVECCHIO: Pubblicata nel 1903 e nella versione definitiva nel 1912, rappresenta per certi versi la continuazione di Myricae, infatti il poeta stesso li definì “seconde myricae” o “myricae autunnali”.
I temi di questi canti sono lo smarrimento dell’uomo, il ricordo degli anni lontani, esperienze amorose ma anche la morte, vista come rifugio o come regressione nel grembo materno.
NIDO: Per pascoli il “nido” è il simbolo più frequente nelle sue poesia, e lo compara al nido di “casa”, luogo di protezione, o “culla” segno della regressione all’infanzia, fino al nido “vuoto”, il cimitero, dove i morti tornano a confortare chi è rimasto in vita. Nella poesia del 1899, “Nebbia”, la nebbia da elemento atmosferico del paesaggio diventa simbolo di una protezione impalpabile, che mentre impedisce di vedere il mondo esterno, isola il poeta nel proprio nido domestico. Il cimitero per pascoli è come un nido vuoto, e la morte non è attesa con angoscia, ma piuttosto è un ricongiungimento con i propri famigliari, un approdo nel “nido” finalmente ritrovato.
Nella poesia “Il gelsomino notturno” , Pascoli fa un paragone tra il grembo materno e il gelsomino notturno, che apre i suoi petali rossi al cadere della sera per richiuderli ai primi raggi del sole, come la giovane donna è pronta ad accogliere la maternità, sbocciando come fragole nel crepuscolo.
POETICA DEL FANCIULLINO: La lirica di Giovanni Pascoli, fu ritenuta semplice, descrittiva. I tratti più significativi della sua poetica sono descritti ne “Il fanciullino” scritto nel 1897, in cui viene affermata la natura irrazionale e intuitiva della creazione artistica. Pascoli considera la poesia come ricordo del momento magico, legato all’età infantile, in cui il bambino scopre nelle cose che lo circondano, anche nelle più umili e consuete, il senso nascosto e segreto. Mentre gli uomini comuni, crescendo e diventando adulti, perdono la capacità di guardare con stupore ciò che vedono.
SIMBOLISMO: Nella poesia francese nella seconda metà dell’Ottocento i poeti vogliono presentare la realtà attraverso una visione soggettiva e personale, in sintonia con il loro stato d’animo, filtrando il mondo esterno attraverso suoni, immagini e colori, ritrovando negli elementi naturali una corrispondenza con le emozioni. La rottura rispetto ai temi e alle scelte stilistiche del Romanticismo viene compiuta da una raccolta di poesie che nasce dalla sofferenza e dalle tenebre: I Fiori del male di Charles Baudelaire, i cui temi tipici erano lo squallore della vita contemporanea, del brutto e del diverso. Il poeta s’immagina come un albatro che la il cielo per camminare goffo sulla terra, trovandosi in un “mondo” di cui non comprende il senso.
LES FLEURS DU MAL: è una raccolta di poesia pubblicata nel 1857 appartenente a Charles Baudelaire. Fu ritenuta scandalosa e fu sequestrata e Baudelaire fu condannato per oltraggio alla morale. Ma nel 1861 la ripubblicò, comprendendo 126 liriche disposte in ordine tematico. Per Baudelaire il poeta perde la coscienza di avere un ruolo preciso nella società e la poesia è il mezzo che gli permette di liberarsi dalla sofferenza del vivere e di aspirare alla bellezza della creazione artistica. I fiori del male sono simbolo della perfezione di un arte che, pur nata dalla terra e da quanto vi è in essa di impuro, tende a mete più alte, come un fiore che leva la sua corolla verso il cielo infinito.