di Mario Luzi
Riassunto:
Il poeta di rivolge direttamente alla propria poesia. La poesia è come una persona amata: quel viaggio lo devono compiere insieme. Qual è la vocazione della poesia: esprimere l’anima delle cose, o dare voce alla sofferenza loro e del poeta?
Il poeta esorta la parola, strumento e sostanza della scrittura poetica, a volare alta, a toccare gli estremi opposti (nadir e zenith), a espandersi in tutta la sua esuberanza. Il componimento diviene così una dichiarazione di poetica. La parola poetica viene invitata a manifestare tutte le sue possibilità, ad attingere gli infiniti significati (significazioni) che le sono propri: potrà, in tal modo, risultare uno strumento d’indagine sulle cose e sulle anime.
Nell’ultimo verso il poeta pone un dilemma. Luzi ricorre al modulo, a lui caro, delle due interrogative: una forma che gli consente l’analisi su di sé e sulle realtà. La più profonda natura della poesia è giungere all’anima, cioè all’essenza più profonda delle cose? Oppure è esprimere la sofferenza delle cose e dell’uomo? Su questa domanda, priva di esplicita risposta, si chiude la poesia. E’ evidente, nel testo, la dimensione spirituale e religiosa. Essa si fonde con la forza sentimentale dell’invocazione: il poeta prega la parola di non dimenticarlo, di conservare il ricordo e il respiro di lui, una traccia calda della sua presenza. Si può interpretare questa preghiera come rivolta in Dio: nella tradizione ebraica e cristiana, infatti, Dio è parola (in greco Logos).
Il linguaggio è fervido e appassionato, anche per il ricorso a un lungo, vasto periodo sintattico che si prolunga per 10 versi, dal primo al penultimo. Spicca la forza evocativo delle immagini che raffigurano il volo della parola, il viaggio intellettuale oltre il buio e il limite della mente, al di là della stessa dimensione dell’orizzonte. Il tono è solenne , ma privo di retorica: infatti tra le parole-chiave incontriamo cosa, uno dei vocaboli più comuni della nostra lingua: come se il poeta volesse attingere, con pudore, alla sfera più quotidiana della vita umana.
Riassunto:
Il poeta di rivolge direttamente alla propria poesia. La poesia è come una persona amata: quel viaggio lo devono compiere insieme. Qual è la vocazione della poesia: esprimere l’anima delle cose, o dare voce alla sofferenza loro e del poeta?
Il poeta esorta la parola, strumento e sostanza della scrittura poetica, a volare alta, a toccare gli estremi opposti (nadir e zenith), a espandersi in tutta la sua esuberanza. Il componimento diviene così una dichiarazione di poetica. La parola poetica viene invitata a manifestare tutte le sue possibilità, ad attingere gli infiniti significati (significazioni) che le sono propri: potrà, in tal modo, risultare uno strumento d’indagine sulle cose e sulle anime.
Nell’ultimo verso il poeta pone un dilemma. Luzi ricorre al modulo, a lui caro, delle due interrogative: una forma che gli consente l’analisi su di sé e sulle realtà. La più profonda natura della poesia è giungere all’anima, cioè all’essenza più profonda delle cose? Oppure è esprimere la sofferenza delle cose e dell’uomo? Su questa domanda, priva di esplicita risposta, si chiude la poesia. E’ evidente, nel testo, la dimensione spirituale e religiosa. Essa si fonde con la forza sentimentale dell’invocazione: il poeta prega la parola di non dimenticarlo, di conservare il ricordo e il respiro di lui, una traccia calda della sua presenza. Si può interpretare questa preghiera come rivolta in Dio: nella tradizione ebraica e cristiana, infatti, Dio è parola (in greco Logos).
Il linguaggio è fervido e appassionato, anche per il ricorso a un lungo, vasto periodo sintattico che si prolunga per 10 versi, dal primo al penultimo. Spicca la forza evocativo delle immagini che raffigurano il volo della parola, il viaggio intellettuale oltre il buio e il limite della mente, al di là della stessa dimensione dell’orizzonte. Il tono è solenne , ma privo di retorica: infatti tra le parole-chiave incontriamo cosa, uno dei vocaboli più comuni della nostra lingua: come se il poeta volesse attingere, con pudore, alla sfera più quotidiana della vita umana.