La centralizzazione del potere nelle monarchie nazionali condusse allo stato assoluto, cioè al potere illimitato del re (absolutus: sciolto, senza controllo). Il monarca infatti si collocava al di sopra delle leggi da lui stesso emanate, concentrava su di sé tutto il potere politico, non riconosceva a nessuna forma di controllo. Egli faceva derivare queste sue prerogative da una diretta investitura divina: il re governava per grazia di Dio e per diritto dinastico, allo scopo di garantire ai sudditi la pace e l’ordine.
L’assolutismo tuttavia, specie in Inghilterra, lasciava una certa libertà di iniziativa economica ai privati e per questo fu ben visto dalla borghesia, alla quale ai sovrani offrivano quella sicurezza e quella stabilità di cui aveva bisogno per condurre con profitto i suoi affari.
Il dispositivismo illuminato
Nella seconda metà del Settecento, soprattutto in Austria e in Prussia, l’assolutismo si trasformò in dispositismo illuminario. Il re doveva preoccuparsi ora principalmente degli interessi generali dello stato e doveva promuovere il benessere della popolazione mediante le riforme. I sudditi comunque non avevano ancora alcuna garanzia di libertà né partecipavano in alcun modo alla vita pubblica.
L’assolutismo tuttavia, specie in Inghilterra, lasciava una certa libertà di iniziativa economica ai privati e per questo fu ben visto dalla borghesia, alla quale ai sovrani offrivano quella sicurezza e quella stabilità di cui aveva bisogno per condurre con profitto i suoi affari.
Il dispositivismo illuminato
Nella seconda metà del Settecento, soprattutto in Austria e in Prussia, l’assolutismo si trasformò in dispositismo illuminario. Il re doveva preoccuparsi ora principalmente degli interessi generali dello stato e doveva promuovere il benessere della popolazione mediante le riforme. I sudditi comunque non avevano ancora alcuna garanzia di libertà né partecipavano in alcun modo alla vita pubblica.