Al cauto rinnovamento della cultura e della letteratura italiana del primo ‘700, è legato l’Arcadia, la nuova accademia letteraria che si ripropose di ristabilire il “buon gusto” della poesia. Fu fondata il 5 ottobre 1690 da un gruppo di letterati e di uomini di cultura che si riunivano nella casa della regina Cristina di Svezia, e avevano continuato a incontrarsi dopo la morte di lei (1689); vi erano fra costoro, quegli scrittori toscani del tardo ‘600 (Redi, Menzoni, Magalotti, Guidi, Lemene, Maggi) e tra i fondatori Gian Vincenzo Gravina, giurista filosofo e letterato che dettò le leggi del nuovo sodalizio nel latino antico delle Dodici tavole ma ben presto se ne staccò insoddisfatto in quanto propugnava un classicismo più austero e radicale e l’abate maceratese Giovan Mario Crescimbeni che fu il primo custode generale o presidente dell’accademia. Ebbe il suo centro in Roma, ma si annoverò tra i suoi scrittori, non solo letterati ma scienziati giuristi, persino, principi e sovrani, uniti in un ideale di uguaglianza davanti alla cultura e nel continuo amore per la poesia, che della cultura a loro appariva il vertice supremo. Il nome dell’accademia fu quello della mitica regione della Grecia antica, abitata da poeti-pastori. I pastori adottarono pseudonimi della poesia pastorale, loro emblema fu la siringa del dio Pan, protettore Gesù bambino nato fra pastori. Si perpetuava così l’antica funzione biblica, il sogno di un ritorno alla natura, di un’evasione dalla realtà, proprio di una società colta e raffinata, artificiosa anche nel suo desiderio di schiettezza e di semplicità. I primi arcadici presero l'antimarinismo del Chiabrera e del Testi.
Alle stravaganze, al turgore, alle bizzarrie immaginose e verbali dei poeti barocchi contrapposero un ideale di poesia semplice, fondata su una ragionata naturalezza di sentimenti e d'espressioni, ritrovata attraverso l'adesione ai modelli classici e a quelli petrarcheschi.
Il Petrarca fu il poeta più imitato, ma in seguito gli Arcade si rivolsero alle situazioni e ai modelli della poesia idillica. Il paesaggio tipico della poesia arcadica, ripetuto fino alla monotonia è un mondo musicale idillico e svenevole, dove una compagna irreale, una coppia umana tutta sospiri e moina languori e gorgheggi come il tenore e il soprano di un duetto di melodramma riempiono tutta la scena della vita. Il limite più appariscente della poesia arcadica sta nella sua ricerca di un rinnovamento soltanto formale e letterario. Alla retorica delle meraviglie, del grandioso trionfo e compiaciuto gli arcadici opposero la retorica del tema del delicato: un manierismo lezioso. E’ stato detto per questo, che qualcosa dell’ingegnosità barocca perduta nell'arcadia, non fosse altro quell'esternazione della parola in sonorità orecchiabile e contabile, non certo ignota all'ancor ammirato Marino, e la ricerca di una poesia “spiritosa e arguta”.
Valore positivo dell’Arcadia
Nei confronti del Barocco essa rappresentò l’esigenza di una poesia che esprimesse sentimenti più intimi che fosse di nuovo incentrata sull'uomo. Fondamentale fu poi il ritorno ai classici, che i Marinisti avevano rinnegato alla loro lezione di umanità schietta, di espressione limpida e non artefatta, che alla fine, passati i primi tempi, finiva per prevalere sulle smancerie pseudo pastorali.
L’Arcadia intese contemperare la nostra tradizione poetica con le nuove tendenze razionalistiche del pensiero europeo, come se fosse un sogno fatto in presenza della ragione, ma pur sempre un sogno, col suo fascino di gentilezza e di grazia. Il vagheggiamento stesso di un ritorno alla natura, spogliato dalle sue grazie artefatte e stilizzate proprio di una società aristocratica, esprimerà nella 2° metà del secolo l’ideale di una nuova società e di una nuova dimensione umana.
All'Arcadia sono legati quasi tutti i nostri poeti del ‘700, anche l’Alfieri che pur fu lontano dalle svenevoli pastorellerie, anche quelli che furono intimamente partecipi dei nuovi ideali illuministici. Tra i più vicini agli ideali e al gusto arcadico Gianbattista Zappi, Paolo Rolli, Ludovico Savioli, Giovanni Meli, Pietro Metastasio.